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SVIZZERAMarkus Blocher: «Non assumo nessuno che non sappia il tedesco»

30.11.20 - 10:24
Il CEO e presidente del gruppo chimico Dottikon ES si racconta in un'intervista
Archivio Keystone (immagine illustrativa)
Fonte ATS
Markus Blocher: «Non assumo nessuno che non sappia il tedesco»
Il CEO e presidente del gruppo chimico Dottikon ES si racconta in un'intervista

AARAU - La Svizzera è di fronte a una nuova industrializzazione: i giovani devono puntare su professioni tecniche e spetta alle aziende formarli, invece che lamentarsi della carenza di personale qualificato. Ne è convinto Markus Blocher, imprenditore miliardario e padre di sette figli, che in un'intervista a tutto campo parla anche di dinastie e della necessità di avere una buona comunicazione aziendale: è necessario che tutti parlino tedesco, dice.

«Mi aspetto una forte reindustrializzazione», afferma il Ceo e presidente del consiglio di amministrazione (Cda) del gruppo chimico argoviese Dottikon ES in un'intervista pubblicata oggi dall'Aargauer Zeitung. «Questo non accadrà da un giorno all'altro. Ma si percepisce che molte imprese vogliono ridurre la loro dipendenza dalla Cina. Ciò porterà a catene di creazione di valore più regionali. La nostra posizione in Svizzera ci offre un vantaggio strategico».

Secondo il 47enne figlio dell'ex consigliere federale Christoph Blocher è un errore sostenere che i costi in Occidente siano troppo elevati. «Chi si specializza in prodotti innovativi e ottimizza notevolmente i propri processi può mantenere bassi i costi quando si producono grandi quantità».

Ma è possibile trovare le necessarie maestranze? «Le grandi aziende gridano sempre “carenza di lavoratori qualificati”. Ma nelle loro inserzioni cercano solo persone che hanno già lavorato da dieci anni in una professione. Logicamente, ve ne sono poche sul mercato del lavoro. Le ditte dovrebbero andare a prendere i dipendenti direttamente nelle scuole e poi formarli internamente. Questo è il nostro modo di agire. Ci sono persone molto capaci, ben formate e volenterose. Ci vuole un po' di tempo per introdurle nel lavoro. Ma a lungo termine, ne vale la pena».

«Gli specialisti nelle professioni saranno i vincitori dei prossimi dieci anni», prosegue Blocher. «Oggi lo stato dice a tutti di andare all'università. Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono persone che conoscono il loro mestiere: meccanici, tecnici e professionisti della produzione chimica e farmaceutica, elettricisti, tecnici di laboratorio e così via. Chi vuole avere successo in futuro deve seguire un apprendistato, farsi un'esperienza pratica e poi continuare la formazione. Di accademici ce ne sono troppi».

Secondo Blocher al momento c'è assolutamente troppo poco apprezzamento per il tirocinio. «La globalizzazione ci ha portato a dire: qui in Svizzera abbiamo il cervello, le mani le teniamo nei paesi a basso salario. Non abbiamo bisogno dei tecnici. Ma questo è sbagliato. Sono convinto che l'innovazione si crea dove si produce. Ora la produzione sta tornando e mancano i professionisti».

Un giusto mix di personale - Dottikon ES assume anche chimici e ingegneri laureati, naturalmente. «Decisivo alla fine è il giusto mix. Ma la maggior parte delle persone che assumiamo sono addetti alla produzione. Abbiamo bisogno di loro con urgenza e quindi stiamo anche formando chi cambia carriera. Spesso vengono da noi dipendenti che hanno perso l'impiego altrove a causa dell'esternalizzazione della produzione: li trasformiamo in buoni lavoratori della produzione chimica nello spazio di un anno». L'impresa deve comunque essere in grado di reagire molto rapidamente, per poter fornire per esempio principi attivi per i medicamenti quando sono necessari. «Questo può funzionare solo con un efficiente lavoro di squadra e di comunicazione. Non assumo nessuno che non parli tedesco».

In una lettera agli azionisti Blocher ha di recente tematizzato il rischio di una spaccatura all'interno del paese. «Non intendo solo in Svizzera. La prosperità nel mondo è aumentata notevolmente grazie alla globalizzazione. Il problema è che alcuni hanno ricevuto molto più di altri».

«Un altro problema è rappresentato dalle nuove gigantesche imprese che sono più grandi del prodotto interno lordo d'interi paesi. In cima a questi giganti ci sono persone che amano presentarsi come benefattori. Ma sono dei capitalisti che calcolano in modo feroce. Le dimensioni dei gruppi e il loro potere conferiscono maggiore influenza politica, perché la politica cerca sempre prima di aiutare i grandi».

In Svizzera però, argomenta Blocher, la maggior parte della creazione di valore aggiunto avviene nelle piccole e medie imprese (PMI). «È a queste aziende che i politici dovrebbero essere principalmente interessati e per loro dovrebbero stabilire le condizioni quadro. La regolamentazione ostacola le piccole ditte più delle grandi».

Sempre in materia di stato, Blocher ricorda che il suo gruppo ha proposto durante la pandemia di aumentare le capacità di produzione di determinati principi attivi per i generici, che oggi arrivano quasi esclusivamente dall'Asia. «Avremmo potuto organizzare gli impianti e dare un contributo. Non l'avremmo fatto gratis, ma non avremmo nemmeno fatto un grande affare. Comunque l'offerta non ha suscitato interesse. Forse alla fine sarà come con le mascherine: si dispone di un enorme piano pandemico, ma alla fine i prodotti rimangono bloccati ai confini, che sono chiusi».

Intanto Dottikon ES rimane saldamente nelle mani del suo numero uno, che attualmente controlla il 70% del capitale. «Non andrò mai sotto a una quota dei due terzi», afferma il presidente della direzione (dal 2003) e del Cda (dal 2012). «Vorremmo però anche aumentare la percentuale di azioni liberamente negoziabili», spiega. Se dovessero raggiungere almeno il 20% la società potrebbe essere accolta nel listino SPI della borsa svizzera. «Questo ci permetterebbe di raggiungere nuovi investitori».

Un giorno i figli entreranno in Dottikon ES? «La domanda arriva un po' presto, ma comunque non ho una buona opinione delle dinastie. Non mi aspetto che nessuno dei miei figli assuma un ruolo in azienda». A suo avviso ci sono troppi esempi di famiglie che non sono riuscite a cogliere il momento in cui è necessario operare un cambiamento. Markus Blocher racconta che uno dei detti più amati da suo padre è: la prima generazione costruisce, la seconda amministra e la terza studia storia dell'arte. «C'è del vero», conclude.

Markus Blocher è uno dei quattro figli (gli altri sono donne, anche loro tutte imprenditrici) dell'ex consigliere federale Christoph Blocher e a sua volta genitore prolifico: ha sette figli. Markus Blocher si trova al rango 1851 nella classifica dei più ricchi del mondo stilata nel 2020 dalla rivista statunitense Forbes. Il suo patrimonio è valutato a 2,4 miliardi di dollari.

Dottikon Exclusive Synthesis - società anonima controllata dalla holding Dottikon ES - produce composti chimici di elevata qualità destinati all'industria chimica e farmaceutica. Le radici dell'impresa risalgono al 1913, quando venne fondata la Schweizerische Sprengstoff-Fabrik (SSF), un'azienda che produceva esplosivi per applicazioni militari e civili.

Nel 1987 la SSF era stata rilevata dalla Ems-Chemie Holding, per diventare tre anni più tardi Ems-Dottikon. Alla fine del 2003 Christoph Blocher, dopo l'elezione in Consiglio federale, aveva lasciato ai quattro figli la sua parte nella Ems-Chemie. Nel 2005 Ems-Dottikon è stata poi scorporata dal gruppo Ems, ribattezzata e quotata in borsa. Attualmente gli stabilimenti di Dottikon ES coprono circa 600'000 metri quadrati nell'omonima località argoviese. L'organico comprende 630 dipendenti.

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