Crisi: mercato auto Usa a minimi 27 anni; crollo GM, Ford
Ma non va meglio neanche alle giapponesi, con Toyota e Honda in calo di oltre il 30%. Volkswagen limita le perdite all'11,6%, mentre Mercedes e Smart perdono il 35,5%. La crisi dell'industria delle quattro ruote non è comunque un prettamente fenomeno americano, come dimostrato dal drastico calo delle immatricolazioni un po' in tutto il mondo (-27,9% in Giappone, -41,6% in Spagna, -32,6% in Italia) e dagli interventi allo studio da parte di molti governi che, a sostegno dell'industria nazionale, stanno valutando misure che sfiorano il protezionismo. In Francia si sta valutando l'ipotesi di imporre a Peugeot e Renault l'acquisto di componenti 'made in France' come condizione per incassare gli aiuti promessi.
Non prevedendo alcun miglioramento dell'economia, strettamente legato al rallentamento dei pignoramenti, Gm annuncia un taglio radicale (-50,7%) della produzione nord americana nel primo trimestre 2009: nei primi tre mesi dello scorso anno, infatti, Gm aveva prodotto in nord america 885.000 veicoli mentre per quest'anno la stima è di 380.000. Il colosso di Detroit ha venduto lo scorso mese 129.227 vetture, il 49% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, con le auto in flessione del 57,9% a 43.943 unità.
Le vendite di Gm sul mercato cinese sono risultate per la prima volta superiori a quelle negli Usa dove, la battuta d'arresto, si fa sentire a catena sulle società controllate da Gm costrette a rivedere e tagliare, come nel caso della Daewoo, la produzione. Gm dovrà presentare entro il 17 febbraio il proprio piano di ristrutturazione al Governo americano e nell'ottica di taglio dei costi ha avviato già un programma di incentivi alle uscite, così da cercare di ridurre il costo del lavoro fino a renderlo in linea con quello dei costruttori stranieri negli Usa.
Per Ford la flessione di gennaio rappresenta la quattordicesima di fila e la più profonda della sua storia. Lo scorso mese le vendite di Ford sono scese del 40,2%, con Volvo in calo del 64%. Nonostante il calo, imputabile per il 90% al crollo delle vendite alle società di noleggio, la casa di Detroit ha rafforzato dello 0,3% la propria quota di mercato al 12,7%.
"L'industria automobilistica sta attraversando un periodo turbolento" osserva il presidente di Chrysler Jim Press, secondo il quale non dovrebbe esserci alcun problema per Chrysler nel ricevere gli ulteriori 3 miliardi di dollari previsti dall'accordo con le autorità. Chrysler , così come Gm, è impegnata a mettere a punto un piano di riorganizzazione da presentare a Washington entro la metà di febbraio. L'alleanza con Fiat - ha aggiunto - non rientra nel piano ufficiale ma, secondo gli osservatori, gioca un ruolo chiave nel progetto di rilancio della più piccola delle tre sorelle di Detroit. Press ha inoltre osservato che attualmente Chrysler "non sta trattando con altre società: Fiat è l'unico partner potenziale". L'amministratore delegato della casa torinese, Sergio Marchionne, ritiene che Chrysler abbia "tutti irequisiti" per sopravvivere: Fiat non fa l'alleanza perché è - spiega al New York Times - un "buon samaritano". L'obiettivo - aggiunge - "é quello di creare valore per gli azionisti Fiat".
Secondo Marchionne i problemi dai quali è afflitta Chrysler sono i sintomi della malattia di tutta l'industria automobilistica. "Tutti dobbiamo ristrutturare il necessario, non importa quanto sia doloroso - aggiunge Marchionne -. Dobbiamo ristrutturare affinché possiamo vendere ciò che produciamo". E i governi di tutto il mondo si stanno muovendo per cercare di affrontare e risolvere la crisi dei costruttori auto, rischiando però di sconfinare nel protezionismo. La Francia, ad esempio starebbe valutando di imporre a Psa Peugeot Citroen e Renault l'acquisto di componenti per auto e servizi 'made in France' come condizione per ricevere aiuti.
ATS




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