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GUERRA A GAZA

Le aperture di Netanyahu. «Le mie condizioni per fermare la guerra»

Il presidente israeliano «pronto a un cessate il fuoco per riportare a casa gli ostaggi»
AFP
Fonte ATS
Le aperture di Netanyahu. «Le mie condizioni per fermare la guerra»
Il presidente israeliano «pronto a un cessate il fuoco per riportare a casa gli ostaggi»

TEL AVIV - Dopo oltre 160 giorni Benyamin Netanyahu ha parlato in conferenza stampa, dicendosi disposto a un cessate il fuoco per riportare a casa gli ostaggi, anche se per terminare la guerra vuole condizioni chiare in grado di garantire la sicurezza agli israeliani.

Ha provato a spezzare l'assedio diplomatico dei Paesi che chiedono lo stop ai bombardamenti a Gaza, dicendosi «pronto ad un cessate il fuoco temporaneo, se ce ne sarà l'opportunità», per riportare a casa gli ultimi ostaggi in mano ad Hamas (che sarebbero 20 vivi e 38 morti).

E di fronte alle denunce internazionali sul blocco degli aiuti per la popolazione civile, Netanyahu si è difeso affermando che la fazione palestinese «saccheggia una parte significativa degli aiuti e vende il resto a prezzi gonfiati per finanziare il suo esercito».

Lo spiraglio di tregua è stato aperto dal premier israeliano al termine di una nuova giornata di raid sulla Striscia, che secondo le autorità sanitarie locali sono costati la vita ad almeno 82 persone. Per lo Stato ebraico in ogni caso gli obiettivi di medio-lungo periodo non cambiano, ha ribadito Netanyahu: «Al termine dell'operazione Carri di Gedeone tutte le aree di Gaza saranno sotto il controllo di sicurezza israeliano».

E la guerra, ha sottolineato, potrà finire solo «alle condizioni chiare che garantiranno la nostra sicurezza». A partire dalla "smilitarizzazione" di Hamas, dall'esilio della sua leadership e dall'attuazione del "piano Trump". Che nella visione della Casa Bianca equivale al ricollocamento di tutti i gazawi in altri Paesi arabi o musulmani.

Nel frattempo, tuttavia, la Commissione Ue ha fatto sapere che «le scorte alimentari sono esaurite». Non è bastato quindi il primo carico dell'Onu arrivato nella Striscia lunedì scorso, dopo mesi di blocco totale dei valichi. L'ingresso massiccio dei convogli umanitari ormai viene insistentemente invocato da quasi tutte le cancellerie europee, inclusa l'Italia.

Israele oltre a Gaza guarda con attenzione anche alle ambizioni nucleari dell'Iran. E, secondo l'intelligence americana, adesso starebbe preparando attacchi «imminenti» contro le centrali di Teheran. Un'azione che segnerebbe una frattura con la Casa Bianca, impegnata a trattare un accordo con Teheran. L'oltranzismo dello Stato ebraico su questo dossier è alimentato dall'assenza di svolte nel negoziato promosso dagli Stati Uniti con la Repubblica islamica e che va avanti da alcune settimane.

Di positivo al momento c'è soltanto che i colloqui proseguiranno. Il governo dell'Oman, che in questa partita ha un ruolo chiave di mediazione, ha annunciato un quinto giro di consultazioni tra iraniani e americani, venerdì prossimo a Roma.

Sarà la terza volta nella capitale italiana, rispetto ai due tentativi fatti a Muscat. Sul tavolo c'è l'annoso nodo dell'arricchimento dell'uranio: gli Usa sono contrari a qualunque forma di arricchimento, ma Teheran non cede, reclamando il suo diritto all'energia nucleare civile. Uno stallo che, secondo la guida suprema Ali Khamenei, rende molto difficile un'intesa.

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