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STATI UNITIDisabile e malata di tumore, la security dell'aeroporto la pesta a sangue

05.07.16 - 13:00
La giovane stava ritornando a casa dopo una sessione di cure all'ospedale, furibonda la madre: «Quella gente si crede Dio»
Disabile e malata di tumore, la security dell'aeroporto la pesta a sangue
La giovane stava ritornando a casa dopo una sessione di cure all'ospedale, furibonda la madre: «Quella gente si crede Dio»

MEMPHIS - Un uso della forza decisamente sproporzionato quello impiegato dagli agenti della sicurezza del Memphis international airport nei confronti di una ragazzina di 18 anni disabile, parzialmente sorda e cieca da un'occhio che ha recentemente deciso di fare causa alla struttura.

Hannah Cohen, questo è il nome della giovane, il 30 giugno dell'anno scorso si trovava a Memphis per un'ultima sessione di cure per il tumore al cervello da cui è afflitta dall'infanzia e che l'ha resa disabile a livello cognitivo e sensoriale. Accompagnata dalla madre Shirley, che si trovava in stampelle a causa di una gamba rotta, ha passato il vaglio del metal detector da sola e per seconda. «Di solito la anticipo perché con la gente e i rumori tendono a confonderla e a spaventarla», ha spiegato al Guardian la donna.

Al passaggio della ragazza, il dispositivo ha iniziato a suonare: «Indossavo una maglietta con delle borchie brillanti», ha raccontato la giovane. Per questo motivo l'ha indicata agli addetti alla sicurezza mimando il gesto di togliersela, la donna predisposta alle perquisizioni femminili però come risposta le ha riso in faccia. «Si vedeva chiaramente che stava indicando la t-shirt», ha commentato la madre. Da quel momento in poi tutto ha iniziato a precipitare: «Io gli ho subito detto che era una paziente dell'ospedale e che poteva agitarsi facilmente e di agire con la massima delicatezza. Come risposta però hanno chiamato le guardie armate», ha ricordato Shirley Cohen.

Spaventata Hannah ha tentato di allontanarli: «Avevo paura, volevo scappare, ho provato a spingerli via». Loro, di risposta, l'hanno gettata al suolo facendole sbattere la testa sul pavimento e causandole diverse lacerazioni. «Poi l'hanno portata via», continua la madre, «con la mia gamba in quelle condizioni non potevo fare niente, è stato orribile». Per riabbracciare la figlia, Shriley, ha dovuto aspettare 24 ore: dopo un secondo esame, infatti, la 18enne è stata scortata prima in ospedale e poi direttamente in prigione. «Quando l'ho recuperata non faceva che piangere e ripetere: "Scusami mamma"», ricorda lei.

Ora i Cohen vogliono fare causa all'aeroporto per danni fisici e psicologici chiedendo rimborsi 100'000 dollari, una somma che la famiglia reputa «ragionevole». «Quella gente si crede Dio, pensano di poter fare quello che gli pare», ha argomentato la madre, «per fortuna da noi ci sono delle leggi in difesa dei disabili, se oggi lo hanno fatto a una ragazza 18enne significa che domani potrebbero farlo anche a una nonna 80enne? È tempo che sia fatta giustizia». 

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