Delegato della Croce Rossa Svizzera, il malcantonese Fabio Baiardi ci ha parlato delle sfide che affronta lo Stato centroamericano, dal quale è partita una nuova carovana di migranti
TEGUCIGALPA - La scorsa settimana una nuova carovana di migranti, la prima di quest’anno, è partita dall’Honduras alla volta degli Stati Uniti. In 3’500 hanno varcato la frontiera col vicino Guatemala: in maggioranza honduregni ma anche salvadoregni, nicaraguensi e cubani diretti a nord, in cerca di una vita migliore o di protezione.
Come nel 2018 - quando la prima colonna a lasciare l’Honduras attirò l’attenzione del mondo -, al confine non sono mancati affrontamenti con la polizia ed è possibile che altri ne seguano all’ingresso in Messico. Poi rimarrà solo la frontiera statunitense: insormontabile per i più e letale per alcuni.
Con il ticinese Fabio Baiardi, delegato della Croce Rossa Svizzera (CRS) in Honduras, abbiamo parlato della situazione nel Paese centroamericano di 9 milioni di abitanti e delle attività della CRS laggiù (v. anche box più sotto). Malcantonese, Baiardi, 58 anni, è stato attivo con la Croce Rossa in Somalia, Azerbaigian, Colombia e Kenya e ha vissuto numerose altre esperienze internazionali, nel settore umanitario e non, in Cecenia, Moldavia, Nigeria e Sierra Leone. Da febbraio 2019 si trova in Honduras.
Signor Baiardi, la situazione in Honduras è peggiorata o migliorata rispetto al 2018, quando molte persone si erano messe in marcia verso gli Stati Uniti?
Malgrado gli sforzi dell’attuale governo - la cui legittimità è fortemente contestata sia a livello nazionale sia internazionale - non si nota un miglioramento socioeconomico per la popolazione vulnerabile a rischio migrazione. Il fenomeno migratorio in atto da diversi anni - in particolare dall’Honduras verso il Nord ma anche verso la Spagna per i più fortunati - non si affievolisce.
La disoccupazione figura tra le sfide più importanti?
Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), attualmente la disoccupazione è superiore al 7%: storicamente non aveva mai superato il 4%. La sottoccupazione, però, è intorno al 42%, il che rende il salario minimo ufficiale - all’incirca di 550 CHF al mese - una realtà per pochi. Si stima che il settore informale occupi all’incirca il 70% della forza-lavoro.
Come sta l’economia del Paese?
Negli ultimi anni l'Honduras ha registrato il secondo più alto tasso di crescita economica dell'America Centrale, superato solo da Panama. Il PIL è cresciuto del 4,8% nel 2017, del 3,7% nel 2018 e per il 2019 si prevede una crescita del 3,3%, superiore alla media dell'America Centrale e ben al di sopra della media dell'America Latina e dei Caraibi (ALC). Ma la crescita economica in Honduras, ironia della sorte, è dovuta principalmente all'aumento dei trasferimenti di denaro dagli emigranti all’estero.
Crescita economica e povertà convivono insomma…
Malgrado il tasso di povertà sia diminuito dall’inizio del secolo, il paese si trova ad affrontare alti livelli di povertà e di disuguaglianza, tra le più alte della regione e del mondo. Circa il 50% della popolazione vive in povertà (ovvero con meno di 5,5 dollari al giorno). Circa il 17% vive in estrema povertà (meno di 1,90 dollari al giorno), seconda solo ad Haiti in quell’area. L’Honduras presenta altresì una delle più piccole classi medie dell’ALC: vi appartiene circa l’11% della popolazione rispetto alla media regionale del 35%.
Quali sono le altre principali emergenze?
La corruzione e l’impunità, la siccità ricorrente, le inondazioni e l’emergenza sanitaria. Nel 2019, 180 persone sono morte a causa del virus Dengue e 112’708 si sono ammalate. Il Paese è inoltre altamente esposto al cambiamento climatico e al relativo aumento del rischio indotto da catastrofi naturali. Infine, nonostante negli ultimi anni si sia ridotto, il tasso di omicidi intenzionali si situa ancora a circa 40 ogni 100’000 abitanti, uno dei più alti al mondo.
Ci sono regioni più esposte di altre?
Corruzione e impunità interessano tutto il Paese. Per quanto concerne il virus Dengue e le inondazioni, invece, a essere colpita è la zona Nord (Dipartimenti di Cortés e Francisco Morazán) mentre per la siccità la zona Sud.
Come potrebbe uscire l’Honduras da questa situazione?
Il Paese necessita ancora di rafforzare il quadro macroeconomico con riforme economiche e istituzionali atte a migliorare il buon governo e il clima imprenditoriale. Elementi che potrebbero contribuire a sviluppare un quadro per una crescita inclusiva di tutta la popolazione. Il paese si trova in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Le iniziative dei Paesi cooperanti (tra cui la Svizzera) e della CRS contribuiscono, seppur modestamente e localmente, se non a invertire, perlomeno a rallentare questo circolo vizioso.
La Croce Rossa Svizzera in Honduras
La Croce Rossa Svizzera (CRS) è attiva in Honduras con sei progetti più un progetto d’urgenza a breve termine. Per l’organizzazione umanitaria elvetica, si tratta dell’impegno all’estero più consistente dopo quello in Laos. Gli interventi si concentrano in particolare negli ambiti del rafforzamento istituzionale della CRH e di altre controparti; della prevenzione e della gestione del rischio indotto dalle catastrofi naturali; e della salute comunitaria e dell’integrazione sociale. I progetti - portati avanti dalla Croce Rossa Honduregna (CRH) con l’appoggio tecnico e finanziario della Croce Rosse Svizzera - si trovano principalmente nella regione Sud del Paese, denominata “Corredor seco” (o “Corridoio secco”) a causa delle gravi siccità cui è soggetta per non essendo risparmiata anche da inondazioni e tempeste tropicali.
Un po’ di storia
L’azione della Croce Rossa Svizzera (CRS) in Honduras iniziò dopo l’uragano Mitch del 1998, che fece perlomeno 10'000 morti e 9’000 dispersi. Fu uno dei peggiori disastri naturali del Paese, che rimase bloccato per settimane dopo la catastrofe. In questo ambito la “Catena della Solidarietà” raccolse 34,4 milioni di franchi: un primato. La Confederazione svizzera mise invece a disposizione 43 milioni di franchi per la ricostruzione in Centro America. Dopo Mitch, la CRS ricostruì due quartieri di Tegucigalpa, la capitale: Colonia Betania e Colonia España (beneficiari totali: 317 famiglie).
La CRS, che quest’anno festeggerà i suoi 20 anni in Honduras, ha gestito direttamente i suoi progetti fino a fine 2017, quando ha iniziato un processo d’integrazione tutt’ora in corso con la Croce Rossa Honduregna (CRH). Ora si parla di “progetti implementati direttamente dalla CRH con il supporto finanziario e tecnico della CRS”.
Per quasi vent’anni, delegato della CRS in Honduras è stato Claudio Stauffer, deceduto nell’agosto del 2018. Da febbraio 2019 questo ruolo è ora ricoperto dal ticinese Fabio Baiardi.
L’impegno in numeri
La delegazione della CRS in Honduras: 8 collaboratori, tra i quali figurano un delegato svizzero e sette collaboratori locali sotto contratto della CRH.
Spesa annuale: 2,825 milioni di franchi (2018).
Beneficiari: ca. 80'000 persone grazie ai programmi di sviluppo (3); ca. 65'000 persone grazie al Programma nazionale del sangue della Croce Rossa Honduregna; ca. 20'000 famiglie residenti nel bacino del fiume Goascorán (mandato della Direzione dello sviluppo e della cooperazione-DSC implementato in consorzio con GFA Consulting).