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HONDURASDal Ticino all'Honduras che fugge: «Il Paese è in un circolo vizioso»

20.01.20 - 06:00
Delegato della Croce Rossa Svizzera, il malcantonese Fabio Baiardi ci ha parlato delle sfide che affronta lo Stato centroamericano, dal quale è partita una nuova carovana di migranti
keystone-sda.ch / STR (Santiago Billy)
Componenti della carovana al confine con il Guatemala
Componenti della carovana al confine con il Guatemala
Dal Ticino all'Honduras che fugge: «Il Paese è in un circolo vizioso»
Delegato della Croce Rossa Svizzera, il malcantonese Fabio Baiardi ci ha parlato delle sfide che affronta lo Stato centroamericano, dal quale è partita una nuova carovana di migranti

TEGUCIGALPA - La scorsa settimana una nuova carovana di migranti, la prima di quest’anno, è partita dall’Honduras alla volta degli Stati Uniti. In 3’500 hanno varcato la frontiera col vicino Guatemala: in maggioranza honduregni ma anche salvadoregni, nicaraguensi e cubani diretti a nord, in cerca di una vita migliore o di protezione. 

Come nel 2018 - quando la prima colonna a lasciare l’Honduras attirò l’attenzione del mondo -, al confine non sono mancati affrontamenti con la polizia ed è possibile che altri ne seguano all’ingresso in Messico. Poi rimarrà solo la frontiera statunitense: insormontabile per i più e letale per alcuni.

Con il ticinese Fabio Baiardi, delegato della Croce Rossa Svizzera (CRS) in Honduras, abbiamo parlato della situazione nel Paese centroamericano di 9 milioni di abitanti e delle attività della CRS laggiù (v. anche box più sotto). Malcantonese, Baiardi, 58 anni, è stato attivo con la Croce Rossa in Somalia, Azerbaigian, Colombia e Kenya e ha vissuto numerose altre esperienze internazionali, nel settore umanitario e non, in Cecenia, Moldavia, Nigeria e Sierra Leone. Da febbraio 2019 si trova in Honduras.     

Signor Baiardi, la situazione in Honduras è peggiorata o migliorata rispetto al 2018, quando molte persone si erano messe in marcia verso gli Stati Uniti?
Malgrado gli sforzi dell’attuale governo - la cui legittimità è fortemente contestata sia a livello nazionale sia internazionale - non si nota un miglioramento socioeconomico per la popolazione vulnerabile a rischio migrazione. Il fenomeno migratorio in atto da diversi anni - in particolare dall’Honduras verso il Nord ma anche verso la Spagna per i più fortunati - non si affievolisce.

La disoccupazione figura tra le sfide più importanti? 
Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), attualmente la disoccupazione è superiore al 7%: storicamente non aveva mai superato il 4%. La sottoccupazione, però, è intorno al 42%, il che rende il salario minimo ufficiale - all’incirca di 550 CHF al mese - una realtà per pochi. Si stima che il settore informale occupi all’incirca il 70% della forza-lavoro.

Come sta l’economia del Paese?
Negli ultimi anni l'Honduras ha registrato il secondo più alto tasso di crescita economica dell'America Centrale, superato solo da Panama. Il PIL è cresciuto del 4,8% nel 2017, del 3,7% nel 2018 e per il 2019 si prevede una crescita del 3,3%, superiore alla media dell'America Centrale e ben al di sopra della media dell'America Latina e dei Caraibi (ALC). Ma la crescita economica in Honduras, ironia della sorte, è dovuta principalmente all'aumento dei trasferimenti di denaro dagli emigranti all’estero. 

Crescita economica e povertà convivono insomma… 
Malgrado il tasso di povertà sia diminuito dall’inizio del secolo, il paese si trova ad affrontare alti livelli di povertà e di disuguaglianza, tra le più alte della regione e del mondo. Circa il 50% della popolazione vive in povertà (ovvero con meno di 5,5 dollari al giorno). Circa il 17% vive in estrema povertà (meno di 1,90 dollari al giorno), seconda solo ad Haiti in quell’area. L’Honduras presenta altresì una delle più piccole classi medie dell’ALC: vi appartiene circa l’11% della popolazione rispetto alla media regionale del 35%. 

Quali sono le altre principali emergenze? 
La corruzione e l’impunità, la siccità ricorrente, le inondazioni e l’emergenza sanitaria. Nel 2019, 180 persone sono morte a causa del virus Dengue e 112’708 si sono ammalate. Il Paese è inoltre altamente esposto al cambiamento climatico e al relativo aumento del rischio indotto da catastrofi naturali. Infine, nonostante negli ultimi anni si sia ridotto, il tasso di omicidi intenzionali si situa ancora a circa 40 ogni 100’000 abitanti, uno dei più alti al mondo.

Ci sono regioni più esposte di altre? 
Corruzione e impunità interessano tutto il Paese. Per quanto concerne il virus Dengue e le inondazioni, invece, a essere colpita è la zona Nord (Dipartimenti di Cortés e Francisco Morazán) mentre per la siccità la zona Sud.

Come potrebbe uscire l’Honduras da questa situazione?
Il Paese necessita ancora di rafforzare il quadro macroeconomico con riforme economiche e istituzionali atte a migliorare il buon governo e il clima imprenditoriale. Elementi che potrebbero contribuire a sviluppare un quadro per una crescita inclusiva di tutta la popolazione. Il paese si trova in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Le iniziative dei Paesi cooperanti (tra cui la Svizzera) e della CRS contribuiscono, seppur modestamente e localmente, se non a invertire, perlomeno a rallentare questo circolo vizioso.

La Croce Rossa Svizzera in Honduras
La Croce Rossa Svizzera (CRS) è attiva in Honduras con sei progetti più un progetto d’urgenza a breve termine. Per l’organizzazione umanitaria elvetica, si tratta dell’impegno all’estero più consistente dopo quello in Laos. Gli interventi si concentrano in particolare negli ambiti del rafforzamento istituzionale della CRH e di altre controparti; della prevenzione e della gestione del rischio indotto dalle catastrofi naturali; e della salute comunitaria e dell’integrazione sociale. I progetti - portati avanti dalla Croce Rossa Honduregna (CRH) con l’appoggio tecnico e finanziario della Croce Rosse Svizzera - si trovano principalmente nella regione Sud del Paese, denominata “Corredor seco” (o “Corridoio secco”) a causa delle gravi siccità cui è soggetta per non essendo risparmiata anche da inondazioni e tempeste tropicali.

Un po’ di storia 
L’azione della Croce Rossa Svizzera (CRS) in Honduras iniziò dopo l’uragano Mitch del 1998, che fece perlomeno 10'000 morti e 9’000 dispersi. Fu uno dei peggiori disastri naturali del Paese, che rimase bloccato per settimane dopo la catastrofe. In questo ambito la “Catena della Solidarietà” raccolse 34,4 milioni di franchi: un primato. La Confederazione svizzera mise invece a disposizione 43 milioni di franchi per la ricostruzione in Centro America. Dopo Mitch, la CRS ricostruì due quartieri di Tegucigalpa, la capitale: Colonia Betania e Colonia España (beneficiari totali: 317 famiglie). 

La CRS, che quest’anno festeggerà i suoi 20 anni in Honduras, ha gestito direttamente i suoi progetti fino a fine 2017, quando ha iniziato un processo d’integrazione tutt’ora in corso con la Croce Rossa Honduregna (CRH). Ora si parla di “progetti implementati direttamente dalla CRH con il supporto finanziario e tecnico della CRS”. 

Per quasi vent’anni, delegato della CRS in Honduras è stato Claudio Stauffer, deceduto nell’agosto del 2018. Da febbraio 2019 questo ruolo è ora ricoperto dal ticinese Fabio Baiardi.

L’impegno in numeri
La delegazione della CRS in Honduras: 8 collaboratori, tra i quali figurano un delegato svizzero e sette collaboratori locali sotto contratto della CRH.

Spesa annuale: 2,825 milioni di franchi (2018).

Beneficiari: ca. 80'000 persone grazie ai programmi di sviluppo (3); ca. 65'000 persone grazie al Programma nazionale del sangue della Croce Rossa Honduregna; ca. 20'000 famiglie residenti nel bacino del fiume Goascorán (mandato della Direzione dello sviluppo e della cooperazione-DSC implementato in consorzio con GFA Consulting).

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COMMENTI
 

fromrussiawith<3 4 anni fa su tio
Alcuni quä in Ticino si chiedono, ha giusta ragione, se non sia più appropriato, e non avesse un impatto positivo ben maggiore nelle loro vite se la Confederazione utilizzasse i miliardi spesi per i migranti economici e li investisse per creare progetti nei paesi dai quali fuggono... la rimessa non credo aiuti ad eliminare i meccanismi sociali, economici, e politici responsabili dell'inefficienza e povertà e garantire la maturità istituzionale necessaria

fromrussiawith<3 4 anni fa su tio
La migrazione è un argomento complesso; spalancare le porte come ha fatto l’UE non risolve il problema. Ora la popolazione dei paesi poveri non combatte più per i loro diritti nei paesi d’origine, ma combattono per i diritti di vivere nei nostri paesi, pure a costo di crearsi un profilo di rifugiato che non gli avvale. Non solo, le forze politiche corrotte dei paesi dai quali fuggono hanno il loro interesse nel lasciare che quella povera gente migri verso altri paesi, ad indebolire le forze di opposizione e i dissidenti; per non parlare dei gruppi terroristici in Africa che si sono rafforzati in termini economici grazie alla migrazione. La sinistra Europea dovrebbe essere tenuta responsabile per la morte di migliaia di migranti che hanno perso la vita, sono stati abusati sessualmente, alcuni di loro forzati alla schiavitù per pagarsi il biglietto verso l’Europa, per i migranti ritornati nei loro paesi dopo aver indebitato le loro famiglie, per aver aperto le porte pure a terroristi… il climate change ora giustifica la migrazione, decenni di fallimento dei nostri paesi e NGO nel aiutare quei paesi… un’altra “coincidenza” che una carovana sia partita proprio nel periodo delle votazioni US?
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