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Alessandro Gassman: "Ecco la mia guerra al pressapochismo dilagante"
Intervista ad ALessandro Gassman protagonista dello spettacolo di Thomas Bernhard "La forza dell'abitudine" in scena ieri sera al Cittadella di Lugano. In programma anche questa sera e domani.

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Alessandro Gassman: "Ecco la mia guerra al pressapochismo dilagante"
Intervista ad ALessandro Gassman protagonista dello spettacolo di Thomas Bernhard "La forza dell'abitudine" in scena ieri sera al Cittadella di Lugano. In programma anche questa sera e domani.
Alessandro Gassman: "Ecco la mia guerra al pressapochismo dilagante"
Intervista ad ALessandro Gassman protagonista dello spettacolo di Thomas Bernhard "La forza dell'abitudine" in scena ieri sera al Cittadella di Lugano. In programma anche questa sera e domani.
di Sal Feo
LUGANO - La prima domanda può apparire banale e scontata ma è la prima che uno si può fare leggendo la locandina. Perché proprio la forza dell’abitudine di Thomas Bernhard, tanto da curarne la regia, e perfino la...
LUGANO - La prima domanda può apparire banale e scontata ma è la prima che uno si può fare leggendo la locandina. Perché proprio la forza dell’abitudine di Thomas Bernhard, tanto da curarne la regia, e perfino la traduzione e l’adattamento teatrale?
"Thomas Bernhard è l'autore che amo di più. Ho letto tutto di lui. Credo che quest'opera possa essere una buona e raffinata risposta teatrale, al disperato tentativo dell'uomo di raggiungere la perfezione e all'orrore per la volgarità dilagante tipica della società italiana nella quale mi trovo a vivere".
Caribaldi, il protagonista che lei interpreta, soffre perché non riesce a raggiungere la perfezione. Alessandro Gassman come è messo invece con l’ideale di perfezione?
"Sono messo esattamente come Caribaldi. Non sono mai contento del risultato finale. A Lugano siamo su un palcoscenico che ha alcuni problemi di spazio e ciò finisce per ricadere inevitabilmente sulla rappresentazione teatrale. Questo limite mi fa soffrire parecchio. Sono eternamente insoddisfatto. Faccio fatica a vivere in un paese, l'Italia, nel quale il pressappochismo è ormai un fenomeno dilagante e rappresenta il modus vivendi degli italiani. A Roma più che ovunque. L'Italia deve smettere di pensare solo all'arte di arrangiarsi, e deve invece ritornare a dimostrare di essere in grado di fare bene il proprio lavoro, capace di farlo con impegno, precisione e volontà".
“Fare della precisione un’abitudine"... è un’ossessione quasi maniacale per il personaggio che lei interpreta. Quali sono invece le ossessioni di Alessandro Gassman?
"La mia ossessione è stare il più lontano possibile da quelli che a Roma chiamiamo i "pecioni", quelli cioè che non rispettano gli altri e il loro lavoro, gli imprecisi, coloro che non danno un giusto valore al rigore professionale. Forse proprio a causa delle mie origini austriache faccio fatica a vivere in Italia. Per questo ho acquistato di recente una casa in Austria. Mia moglie è austriaca. Lì mi trovo molto bene e mi sento davvero a casa. È un paese che è riuscito a conservare intatte le proprie tradizioni e che ha molto rispetto per la cultura artistica. Certo, ci sono alcuni nei, come ad esempio Haider che non mi è per niente simpatico".
Thomas Bernhard fa dire per bocca di Caribaldi che “è uno sciocco chi al giorno d’oggi crede ancora a un artista”. Questo accadeva più di 30 anni fa. Quanto c’è ancora di attuale in questa affermazione?
"Credo che sia molto attuale, e lo dimostra il fatto che questa frase chiude il primo atto e suscita immediatamente un forte applauso da parte del pubblico. Bernhard si riferisce alla confusione che esiste nel mondo, e in particolare nel mondo dello spettacolo. Sono fermamente convinto che il teatro è un luogo sacro, dove ci si arriva con l'esperienza e con la fatica. Non tutti possono essere attori. Non si nasce attori di teatro, lo si diventa con il lavoro, lo studio e la dedizione".
Su Internet, a distanza di anni, spopolano ancora le sue foto del calendario. Quando le vede che cosa si dice tra sè e sè?
"Mi dico che è stato molto divertente. Sono stato il primo uomo a fare foto nude. Mi hanno pagato molto bene. Non ho mai capito perchè la stampa abbia parlato così a lungo di quelle foto. Continuo a credere che la funzione principale di un calendario sia esclusivamente quella di indicare il giorno dell'anno".
Oggi le rifarebbe ancora quelle foto?
"Oggi non ho più il fisico per farlo. Ma se ritornassi indietro le rifarei senz'altro".
Quelle foto hanno avuto molto successo non solo tra il pubblico femminile, ma anche tra il pubblico gay. Il film “Il bagno turco” è diventato un film cult della cinematografia omosessuale. Che impressione le fa sapere di essere un 'soggetto erotico' per un pubblico gay?
"Ho molti amici gay. Con loro mi trovo a mio agio. Hai citato un film a cui sono particolarmente affezionato, che mi ha portato molti premi e riconoscimenti. I gay sono dei buongustai. Gli uomini più belli al mondo sono gay, e sapere di essere un soggetto erotico per loro non può che farmi piacere".
Il suo è un cognome importante. Dicono che ai figli d’arte il cognome pesa sempre molto. Vale anche per lei?
"Non più. Le critiche positive che sto ricevendo in questi ultimi anni mi fanno capire di aver scelto una strada autonoma e indipendente. La scoperta di poter essere anche regista mi ha liberato di una zavorra importante. Oggi posso finalmente fare ciò che amo di più, soddisfare i miei gusti personali, gusti che sono molto distanti da quelli che mio padre, nella sua lunga carriera, ha portato avanti. Tutto ciò ha contribuito a far sì che il paragone con mio padre diminuisse o scomparisse del tutto".
Il suo volto ha lineamenti drammatici. Ma nell’arco della sua carriera ha dimostrato di essere anche un bravo attore di commedie. Caratterialmente a quale di questi due generi si sente più vicino?
"È vero, ho un fisico di attore drammatico, prestato però alla commedia. Caratterialmente sono più vicino alla commedia. Da quando ho un figlio di 8 anni la regressione è stata ancora più evidente. Sono tornato a giocare come quando ero bambino. In teatro però mi diverto di più a fare l'attore drammatico. Scoprire di riuscire anche a far ridere mi ha aiutato sicuramente nelle parti drammatiche e mi ha fatto apprezzare ancora di più questo mestiere".
Se prendiamo il 1982 come anno del suo debutto artistico, con il film 'Di padre in figlio', il prossimo anno fanno 25 anni di carriera. È tempo di bilanci. Come vede questi 25 anni di carriera?
"Li vedo molto bene. Ho realizzato 25 spettacoli teatrali, una trentina di film. Ho recitato in radiodrammi, ho preso parte a cartoni animati, lavorato in Spagna, Francia e Stati Uniti. È stato un bel viaggio, ma sono convinto che le cose più belle artisticamente devono ancora venire. Oggi a 41 anni mi rendo conto di aver raggiunto un'età in cui poter recitare quelle parti di adulto che ho sempre amato. In fondo sono stato un bambino con un papà molto maturo, ero sempre in viaggio; tutto ciò mi ha permesso di maturare velocemente e quindi di invecchiare prima".
C’è qualcosa che non rifaresti?
"Eviterei tantissime cose, soprattutto in ambito cinematografico. Una cosa da cancellare sicuramente è una mia partecipazione a una versione televisiva di Biancaneve e i sette nani nel quale interpretavo il principe azzurro. Un film orribile, da dimenticare".
Non è la prima volta che viene in Ticino. Come le sembra questo cantone?
"Il Ticino l'ho frequentato solo per lavoro. Mi piacerebbe venire a sciare. Mi incuriosisce molto perchè non riesco a trovare il cuore di questo paese, forse perchè ne avete più di uno. È uno Stato unico al mondo, un esempio da prendere in considerazione per la sua multiculturalità".
Perchè secondo lei lo spettatore dovrebbe venirla a vedere a teatro in "La forza dell'abitudine"?
"Perchè è lo spettacolo adatto per chi ha voglia di andare a teatro e non assistere alla solita rappresentazione teatrale".
"Thomas Bernhard è l'autore che amo di più. Ho letto tutto di lui. Credo che quest'opera possa essere una buona e raffinata risposta teatrale, al disperato tentativo dell'uomo di raggiungere la perfezione e all'orrore per la volgarità dilagante tipica della società italiana nella quale mi trovo a vivere".
Caribaldi, il protagonista che lei interpreta, soffre perché non riesce a raggiungere la perfezione. Alessandro Gassman come è messo invece con l’ideale di perfezione?
"Sono messo esattamente come Caribaldi. Non sono mai contento del risultato finale. A Lugano siamo su un palcoscenico che ha alcuni problemi di spazio e ciò finisce per ricadere inevitabilmente sulla rappresentazione teatrale. Questo limite mi fa soffrire parecchio. Sono eternamente insoddisfatto. Faccio fatica a vivere in un paese, l'Italia, nel quale il pressappochismo è ormai un fenomeno dilagante e rappresenta il modus vivendi degli italiani. A Roma più che ovunque. L'Italia deve smettere di pensare solo all'arte di arrangiarsi, e deve invece ritornare a dimostrare di essere in grado di fare bene il proprio lavoro, capace di farlo con impegno, precisione e volontà".
“Fare della precisione un’abitudine"... è un’ossessione quasi maniacale per il personaggio che lei interpreta. Quali sono invece le ossessioni di Alessandro Gassman?
"La mia ossessione è stare il più lontano possibile da quelli che a Roma chiamiamo i "pecioni", quelli cioè che non rispettano gli altri e il loro lavoro, gli imprecisi, coloro che non danno un giusto valore al rigore professionale. Forse proprio a causa delle mie origini austriache faccio fatica a vivere in Italia. Per questo ho acquistato di recente una casa in Austria. Mia moglie è austriaca. Lì mi trovo molto bene e mi sento davvero a casa. È un paese che è riuscito a conservare intatte le proprie tradizioni e che ha molto rispetto per la cultura artistica. Certo, ci sono alcuni nei, come ad esempio Haider che non mi è per niente simpatico".
Thomas Bernhard fa dire per bocca di Caribaldi che “è uno sciocco chi al giorno d’oggi crede ancora a un artista”. Questo accadeva più di 30 anni fa. Quanto c’è ancora di attuale in questa affermazione?
"Credo che sia molto attuale, e lo dimostra il fatto che questa frase chiude il primo atto e suscita immediatamente un forte applauso da parte del pubblico. Bernhard si riferisce alla confusione che esiste nel mondo, e in particolare nel mondo dello spettacolo. Sono fermamente convinto che il teatro è un luogo sacro, dove ci si arriva con l'esperienza e con la fatica. Non tutti possono essere attori. Non si nasce attori di teatro, lo si diventa con il lavoro, lo studio e la dedizione".
Su Internet, a distanza di anni, spopolano ancora le sue foto del calendario. Quando le vede che cosa si dice tra sè e sè?
"Mi dico che è stato molto divertente. Sono stato il primo uomo a fare foto nude. Mi hanno pagato molto bene. Non ho mai capito perchè la stampa abbia parlato così a lungo di quelle foto. Continuo a credere che la funzione principale di un calendario sia esclusivamente quella di indicare il giorno dell'anno".
Oggi le rifarebbe ancora quelle foto?
"Oggi non ho più il fisico per farlo. Ma se ritornassi indietro le rifarei senz'altro".
Quelle foto hanno avuto molto successo non solo tra il pubblico femminile, ma anche tra il pubblico gay. Il film “Il bagno turco” è diventato un film cult della cinematografia omosessuale. Che impressione le fa sapere di essere un 'soggetto erotico' per un pubblico gay?
"Ho molti amici gay. Con loro mi trovo a mio agio. Hai citato un film a cui sono particolarmente affezionato, che mi ha portato molti premi e riconoscimenti. I gay sono dei buongustai. Gli uomini più belli al mondo sono gay, e sapere di essere un soggetto erotico per loro non può che farmi piacere".
Il suo è un cognome importante. Dicono che ai figli d’arte il cognome pesa sempre molto. Vale anche per lei?
"Non più. Le critiche positive che sto ricevendo in questi ultimi anni mi fanno capire di aver scelto una strada autonoma e indipendente. La scoperta di poter essere anche regista mi ha liberato di una zavorra importante. Oggi posso finalmente fare ciò che amo di più, soddisfare i miei gusti personali, gusti che sono molto distanti da quelli che mio padre, nella sua lunga carriera, ha portato avanti. Tutto ciò ha contribuito a far sì che il paragone con mio padre diminuisse o scomparisse del tutto".
Il suo volto ha lineamenti drammatici. Ma nell’arco della sua carriera ha dimostrato di essere anche un bravo attore di commedie. Caratterialmente a quale di questi due generi si sente più vicino?
"È vero, ho un fisico di attore drammatico, prestato però alla commedia. Caratterialmente sono più vicino alla commedia. Da quando ho un figlio di 8 anni la regressione è stata ancora più evidente. Sono tornato a giocare come quando ero bambino. In teatro però mi diverto di più a fare l'attore drammatico. Scoprire di riuscire anche a far ridere mi ha aiutato sicuramente nelle parti drammatiche e mi ha fatto apprezzare ancora di più questo mestiere".
Se prendiamo il 1982 come anno del suo debutto artistico, con il film 'Di padre in figlio', il prossimo anno fanno 25 anni di carriera. È tempo di bilanci. Come vede questi 25 anni di carriera?
"Li vedo molto bene. Ho realizzato 25 spettacoli teatrali, una trentina di film. Ho recitato in radiodrammi, ho preso parte a cartoni animati, lavorato in Spagna, Francia e Stati Uniti. È stato un bel viaggio, ma sono convinto che le cose più belle artisticamente devono ancora venire. Oggi a 41 anni mi rendo conto di aver raggiunto un'età in cui poter recitare quelle parti di adulto che ho sempre amato. In fondo sono stato un bambino con un papà molto maturo, ero sempre in viaggio; tutto ciò mi ha permesso di maturare velocemente e quindi di invecchiare prima".
C’è qualcosa che non rifaresti?
"Eviterei tantissime cose, soprattutto in ambito cinematografico. Una cosa da cancellare sicuramente è una mia partecipazione a una versione televisiva di Biancaneve e i sette nani nel quale interpretavo il principe azzurro. Un film orribile, da dimenticare".
Non è la prima volta che viene in Ticino. Come le sembra questo cantone?
"Il Ticino l'ho frequentato solo per lavoro. Mi piacerebbe venire a sciare. Mi incuriosisce molto perchè non riesco a trovare il cuore di questo paese, forse perchè ne avete più di uno. È uno Stato unico al mondo, un esempio da prendere in considerazione per la sua multiculturalità".
Perchè secondo lei lo spettatore dovrebbe venirla a vedere a teatro in "La forza dell'abitudine"?
"Perchè è lo spettacolo adatto per chi ha voglia di andare a teatro e non assistere alla solita rappresentazione teatrale".
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