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«Erano a un passo dal successo» e quel mega-bonus «era dovuto»

Parla la difesa degli ex vertici della Airlight, che fallì lasciandosi dietro un buco da 25 milioni.
Tipress archivio
2009 - collettore solare termodinamico della Airlight Energy
«Erano a un passo dal successo» e quel mega-bonus «era dovuto»
Parla la difesa degli ex vertici della Airlight, che fallì lasciandosi dietro un buco da 25 milioni.

LUGANO - «All'orizzonte c'era una certificazione che avrebbe fatto raggiungere all'Airlight l'indipendenza economica. Non si pensava quindi assolutamente a un tracollo economico». È quanto ha sostenuto questo pomeriggio in aula l'avvocato Pierluigi Pasi, difensore dell'ex direttore dell'Airlight di Biasca, azienda il cui fallimento, avvenuto nel 2016, causò un buco di 25 milioni di franchi.

Nel suo intervento Pasi ha chiesto il proscioglimento del 52enne, che nell'aprile del 2023, in prima istanza, è stato ritenuto colpevole di amministrazione infedele e diminuzione dell’attivo in danno dei creditori.

Vicini alla svolta - «Il direttore attendeva l'omologazione della tecnologia CSP (Concentrated Solar Power) in Marocco», ha sottolineato l'avvocato. «Da questa passava tutto l'interesse societario, e va specificato che questa certificazione alla fine è arrivata, anche se qualche mese dopo il fallimento dell'azienda». La fiducia riposta dagli imputati nel futuro della Airlight, dunque, sarebbe stata, secondo la difesa, giustificata.

«Era un tecnico, non gestiva le finanze» - «Il direttore non si occupava inoltre di affari finanziari, il suo ruolo era puramente tecnico e non gli è mai stato chiesto di partecipare alle discussioni in seno al consiglio di amministrazione», ha continuato Pasi. «Non poteva stipulare nessun contratto da solo, non aveva la procura sui conti della società e non poteva disporre neppure di un centesimo del conto societario». La difesa ha quindi definito «inspiegabile» la posizione adottata dalla Corte di prima istanza, la quale ha ritenuto che il direttore avesse un dovere di corretta gestione patrimoniale e avesse tradito la fiducia dei creditori.

L'oggi 52enne «non poteva immaginare la situazione finanziaria in cui versava la società», ha insistito la difesa. «E il fatto che l'Airlight avesse bisogno di una continua iniezione di fondi prima di raggiungere l'indipendenza finanziaria non era una novità: era normale, semplicemente perché l'azienda era ancora una start-up».

«Il bonus? Previsto e dovuto» - Per quanto riguarda invece la questione del bonus di 100mila franchi, «l'importo non può essere considerato un danno né un profitto indebito, perché era espressamente previsto nel contratto del direttore (seppur il montante non veniva definito), e quindi era dovuto», ha detto Pasi, sottolineando peraltro «che è stato versato in virtù della vendita di un brevetto che ha fatto incassare all'azienda due milioni di franchi».

Stesso discorso per il prestito di 600mila franchi concesso dall'azienda al direttore e mai restituito. «L'azienda aveva crediti verso di lui per altri brevetti, quindi poteva essere una compensazione di questi crediti».

«Non voleva danneggiare nessuno» - In conclusione, il direttore, per la difesa «non aveva in animo di danneggiare nessuno, e non ha mai pensato di trarre un indebito profitto. Tutti gli imputati erano poi profondamente convinti di salvare la società e di uscire dalla fase di start-up».

La parola è infine passata all'avvocato Stelio Pesciallo, che ha chiesto il proscioglimento del secondo imputato, l'ex amministratore unico della Airlight. Pesciallo ha tenuto a sottolineare come il suo assistito abbia creduto fino in fondo nel progetto dell'azienda, tanto che tra il 2015 e il 2016 avrebbe contribuito a mettere in atto varie operazioni di risanamento dell'azienda (tra cui un ridimensionamento dei costi del personale), ottenendo «una cancellazione di debiti della holding pari a 8 milioni, entrate liquide di 2,4 milioni e plusvalenze per 6 milioni e 690mila franchi».

La sentenza è attesa nelle prossime settimane.

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