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CANTONERissa alla Stampa: «Non volevamo fare quel casino»

28.03.19 - 18:46
La difesa chiede l’assoluzione per (quasi) tutti gli imputati a processo alle Correzionali
TiPress - foto d'archivio
Rissa alla Stampa: «Non volevamo fare quel casino»
La difesa chiede l’assoluzione per (quasi) tutti gli imputati a processo alle Correzionali

LUGANO - Otto arringhe, sette richieste di assoluzione. È così che si possono riassumere gli interventi dei difensori nel processo per la rissa dello scorso 23 giugno nel cortile del penitenziario cantonale della Stampa. Una rissa in cui, a mente dell’accusa, avrebbero preso parte otto detenuti, oggi in aula alle Correzionali.

Ma soltanto uno di loro ha ammesso di aver sferrato un colpo, anzi, il primo colpo: «Per futili motivi si è lasciato trascinare dall’istinto. E in parte è stato causa della rissa» come affermato dall’avvocato Sebastiano Pellegrini, in difesa del suo assistito. «La sua intenzione iniziale non era di venire alle mani». Per questo il legale ha chiesto che un’eventuale condanna nei suoi confronti sia contenuta entro sei mesi e sospesa con la condizionale.

Un’aggressione - Per gli altri sette, come detto, è invece stata chiesta l’assoluzione. Alcuni sarebbe stati vittime di un aggressione, come sostenuto dagli avvocati Deborah Gobbi e Mario Bazzi in difesa dell’italo-brasiliano e del carcerato di origini ucraine. «Non si trattò di un alterco tra due fazioni, si trattò di una vera e propria aggressione nei confronti dei due detenuti» ha affermato Gobbi.

«Volevano porre fine alla rissa» - Altri sarebbero invece finiti nella rissa soltanto con l’intenzione di sedare gli animi. «Nessuno ha visto il mio assistito sferrare colpi. Lui gridava “Basta! Basta”» ha detto l’avvocato Maurizio Pagliuca. Così anche la legale Benedetta Noli, secondo cui il suo cliente era intervenuto «perché la rissa terminasse».

Il video? «Un ammasso di pixel» - Gli avvocati Marco Masoni e Andres Alessandro Martini hanno invece insistito sulla mancanza di certezze, appellandosi quindi al principio “in dubio pro reo”. Martini, facendo riferimento alla registrazione della videosorveglianza, ha inoltre sostenuto che «la figura identificata come l’accusato non è altro che un ammasso di pixel». Così anche il legale Matteo Quadranti: «La qualità non è tale da permettere di chiarire la realtà dei fatti».

La parola agli imputati - Gli imputati, a cui è andata l’ultima parola, si sono detti dispiaciuti per quanto successo quel 23 giugno del 2018. «Non volevamo fare casino».

Nei confronti degli otto imputati, la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha invece chiesto pene comprese tra tre e otto mesi da espiare. La decisione della Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, sarà comunicata domani verso le 12.

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