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TEGNA

"Ho sempre creduto nell’innocenza di mio figlio"

Dopo la morte di Riccardo Donati, medico protagonista di uno dei gialli mai risolti in Ticino, ecco lo sfogo del padre: "Lo voglio ricordare come un grande dottore che ha sofferto tantissimo"
"Ho sempre creduto nell’innocenza di mio figlio"
Dopo la morte di Riccardo Donati, medico protagonista di uno dei gialli mai risolti in Ticino, ecco lo sfogo del padre: "Lo voglio ricordare come un grande dottore che ha sofferto tantissimo"
TEGNA – Dapprima la visita a mamma Marisa, a Tegna. Poi, con il suo triciclo, il ritorno nel suo appartamento di Locarno. A mezzogiorno e un quarto, mentre tenta di sfilarsi la tuta, la sua convivente si accorge che qualcosa non quadra. Ri...

TEGNA – Dapprima la visita a mamma Marisa, a Tegna. Poi, con il suo triciclo, il ritorno nel suo appartamento di Locarno. A mezzogiorno e un quarto, mentre tenta di sfilarsi la tuta, la sua convivente si accorge che qualcosa non quadra. Riccardo Donati non risponde alle domande. Non parla. La donna non lo sa ancora, ma l’emisfero sinistro del medico 49enne è appena stato colpito da una grave emorragia. È giovedì 10 luglio. Riccardo, protagonista di uno dei gialli ticinesi mai risolti, morirà nel fine settimana al Civico di Lugano. E oggi, alla vigilia del suo funerale, papà Franco lo ricorda così: “Come un grande dottore, che ha sofferto tantissimo”.

Il mistero dell’aggressione - Tutta l’amarezza di un padre. Franco è emozionato, ha la voce tremante. Ci racconta di quel figlio massacrato dalla giustizia e dalla stampa. Lui, Riccardo, nel 2003 era stato accusato di avere aggredito brutalmente la madre con un sasso, nei boschi di Verscio. La vicenda fece scorrere fiumi d’inchiostro e alla fine si chiuse con un decreto d’abbandono, per assenza di prove. “Ma sia io sia mia moglie abbiamo sempre creduto nell’innocenza di Riccardo – sostiene Franco –, non abbiamo mai avuto dubbi. Nostro figlio soffriva di bipolarismo, era una persona molto sensibile. Questo suo problema lo ha trasformato, suo malgrado, nel primo sospettato. Sono state fatte tante ingiustizie nei suoi confronti. E qualcuno ha commesso errori di valutazione. Quello che posso dire è che lui era legatissimo alla mamma. E viceversa”.

 

Un uomo tormentato - Papà Franco guarda indietro. E rievoca la figura di una persona tormentata. “I media lo hanno tirato in ballo anche per questioni di natura privata. Non c’è stato rispetto nei suoi confronti. Quattro anni fa è arrivata la prima emorragia cerebrale. Riccardo, rimasto semi paralizzato, era riuscito comunque a rialzare la testa, a rifarsi una vita. Non ha mai mollato. Dopo tanti sacrifici, era tornato a camminare, a muoversi. La sua forza di volontà aveva dell’incredibile. Ultimamente stava pensando di riprendere a lavorare con una percentuale ridotta”.

 

Intuito e disponibilità - Già, il lavoro. Diversi pazienti di Riccardo Donati lo ricordano come un medico competente e preparato. Ma soprattutto disponibile. “Sapeva ascoltare – sussurra il papà –, era uno che si prendeva il tempo per i suoi pazienti. E aveva il dono di essere molto acuto nelle diagnosi. Aveva intuito. E una solida esperienza maturata alle spalle, a Losanna, a Berna, a Olten… Sì, era un professionista competente e generoso. E non lo dico perché sono suo padre”. Riccardo Donati aveva anche molte passioni. “Amava lo sci, la montagna, il calcio”.

 

Giallo irrisolto - Ora Riccardo non c’è più. Se n’è andato, con tutti i suoi tormenti. E papà Franco non può fare a meno di esprimere un desiderio: “Vorrei che fosse ricordato per i suoi pregi, per la sua umanità. Se lo merita. Io morirò senza sapere chi ha aggredito mia moglie, quella mattina del 2003. Ma di una cosa sono sicuro: Riccardo non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Mai. Ed è giusto che i ticinesi se ne rendano conto”.

 

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