Dazi e F-35: la pazienza è finita, monta la rabbia

L'orgoglio dei ticinesi si fa sentire, dopo l'ennesimo "missile" sganciato dagli Stati Uniti
LUGANO - I dazi prima, gli F-35 poi. L'atteggiamento quasi punitivo e strafottente degli Stati Uniti nei confronti della Confederazione sta portando la pazienza del popolo svizzero al limite.
Ne erano una dimostrazione già i dati del sondaggio YouGov di qualche giorno fa, dai quali emergeva che la maggioranza della popolazione, in Svizzera, rifiuta l’idea di piegarsi alle pressioni di Washington, anche a costo di subire pesanti dazi doganali.
L’atteggiamento di Donald Trump e le sue tariffe protezionistiche vengono percepiti come un’imposizione ingiusta, capace di danneggiare l’economia elvetica, ma non di incrinarne l’orgoglio. Ci si è aggiunto ora il rincaro inatteso sull'acquisto degli F-35, che ci costeranno molto più del previsto.
Siamo andati in giro per Lugano pronti a tastare il polso dei ticinesi per capirne l'umore, dopo questa ennesima batosta. Tra una crescente antipatia verso gli Stati Uniti e una diffusa diffidenza verso gli investimenti oltre Atlantico, si fa strada la consapevolezza che la Svizzera è un paese troppo piccolo per alzare la voce e dettare le leggi. «È la guerra tra Davide e Golia" dice un utente intervistato, meglio stringere la cinghia e cedere al braccio di ferro imposto da Trump. Ma c'è anche chi ritiene che la Svizzera debba distogliere lo sguardo dagli Stati Uniti e iniziare a stringere patti e alleanze con i paesi europei.




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