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Contrabbando di vino? «Una buccia di banana per i ristoratori»

Gli effetti sul mercato ticinese. L'UDSC: «Settimanalmente emergono casi di omessa dichiarazione di alcolici».
UDSC
In giugno del 2022 due uomini (un 63enne spagnolo e uno svizzeron di 53 anni) sono stati fermati alla dogana di Perly (GE) con 12 bottiglie di vini pregiati non dichiarati.
Contrabbando di vino? «Una buccia di banana per i ristoratori»
Gli effetti sul mercato ticinese. L'UDSC: «Settimanalmente emergono casi di omessa dichiarazione di alcolici».

CHIASSO - Una volta 24 bottiglie di vino, un'altra invece solo due ma dal valore di 1'200 franchi l'una. Ogni settimana, se non ogni giorno, gli agenti delle dogane sono confrontati con vino non dichiarato. Che si tratti di contrabbando oppure di una semplice "dimenticanza" comune a tanti svizzeri, però non possiamo dirlo con certezza. La ragione? Non esistono dati precisi.

Carne e tabacco sì, vino no - «Se la carne e il tabacco sono ambiti prioritari, quindi oggetto di un’attenzione diversa, questo non avviene per il vino», ci spiega l'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC). Un dato statistico assoluto, necessario per definire la presenza (o l'assenza) di una tendenza negli ultimi anni, è insomma incalcolabile.

«Possiamo confermare che nell’ambito dei controlli dell’UDSC al valico e all’interno del territorio nel traffico turistico, settimanalmente emergono casi di omessa dichiarazione di alcolici», continua l'UDSC.

Nessun dato assoluto - Il divario con quanto avviene per il commercio illegale di carne è evidente. Lo stesso sito della Confederazione abbonda di dati relativi a questo commercio irregolare. Discorso diverso per quanto riguarda il vino. Eppure i litri che attraversano quotidianamente la dogana causano un danno pari, se non superiore, alla produzione locale.

Siamo di fronte a un contrabbando di vino che avviene con regolarità costante? «Esistono due tipologie di contrabbando», ci tiene a precisare Maria Grazia Carbone, direttrice dell’associazione Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese (IVVT). «La prima riguarda le consegne dirette ai privati in Svizzera da parte delle aziende vitivinicole italiane. La seconda è rappresentata dall'importazione di vini da parte d'impiegati della ristorazione o singoli cittadini, che non si riforniscono per uso proprio ma per rivendere la merce».

Danni per il commercio locale - Riguardo ai danni, «questo contrabbando tocca sicuramente i produttori locali, ma anche i consumatori che non conosceranno l’esatta provenienza e tantomeno la modalità di trasporto», continua Carbone.

Detto questo, «la maggior parte dei ristoratori mostra professionalità nei confronti di un consumatore sempre più esigente e attento alla qualità e alla provenienza del prodotto». Già perché la direttrice ci spiega che «poter inserire all’interno della propria carta la produzione locale di vini è importante per rispondere alla domanda, soprattutto dei turisti».

L'attenzione del consumatore ai prodotti locali - La tendenza è fidelizzare il cliente. «Deludere le aspettative significa quindi perdere il cliente per sempre. Siamo un cantone a vocazione turistica in cui il livello di professionalità nella ristorazione sta crescendo molto. Cadere nelle maglie del contrabbando sarebbe come tirarsi la zappa sui piedi».

Nonostante il momento difficile, ci si rimbocca le maniche. «La crisi porta a impegnarsi di più sotto molti punti di vista e in tutti i settori economici. Le scorciatoie non aiutano. La correttezza, la trasparenza e qualità sono requisiti indispensabili per conquistare la fiducia del consumatore».

«C'è molta più attenzione da parte del consumatore per i prodotti locali, ed è disposto a spendere anche di più per un prodotto di qualità. Sarebbe paradossale se un ristoratore, dopo tutti gli sforzi per posizionarsi su una determinata fascia di mercato, scivolasse su una buccia di banana come quella del contrabbando».

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