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LOCARNESE

Bufera sul bambino Kay

Alle elementari in un corso anti abusi si parlerà anche di genere. Lettera al Governo. La sindaca di Brissago: «Non è il contesto adatto».
Fonte ASPI
Bufera sul bambino Kay
Alle elementari in un corso anti abusi si parlerà anche di genere. Lettera al Governo. La sindaca di Brissago: «Non è il contesto adatto».

LOCARNESE - È bufera nel Locarnese attorno al bambino Kay. È la new entry del progetto "Unico e prezioso", corso di prevenzione contro gli abusi sessuali promosso dalla Fondazione Aiuto, sostegno e protezione dell'infanzia (ASPI) nelle scuole elementari. Non solo la vicenda ha generato un'interrogazione al Governo firmata da Centro e PLR. Ma addirittura alcuni sindaci della regione hanno scritto al Consiglio di Stato affinché prenda una posizione. Ma perché? Ne parliamo con Veronica Marcacci Rossi, sindaco di Brissago e socia del Convivio intercomunale dei sindaci del Locarnese in questo ambito.

Il progetto dell'ASPI è importantissimo. Come mai lo mettete in discussione?
«Nessuno mette in dubbio il valore del progetto. Va avanti da anni. È ben gestito ed è utile e soprattutto importante. Ci mancherebbe». 

E allora perché avete scritto al Consiglio di Stato?
«Abbiamo saputo, durante una serata informativa, che nella nuova edizione del corso è stata aggiunta la figura di un bambino di nome Kay appunto. La sua caratteristica? Afferma di non “sentirsi” né maschio né femmina». 

Le questioni di genere sono sempre più d'attualità.  
«È un tema attuale e delicato e va affrontato con prudenza. Tuttavia, è fuori luogo portarlo nell'ambito di quel tipo di programma didattico, che tratta la prevenzione degli abusi. Se proprio vogliamo introdurre un argomento simile, bisogna farlo senza bypassare le famiglie, rispettando le evidenze scientifiche e poi mettendo i docenti in condizione di rispondere a eventuali domande». 

Qual è il vostro auspicio?
«Il tema è al centro di controversie e strumentalizzazioni. Va affrontato con gli specialisti giusti. E nel contesto corretto con le figure pronte a gestire eventuali reazioni».

Vi siete chiesti come mai l'ASPI ha deciso di introdurre la figura di Kay in questo progetto?
«Forse perché qualcuno ritiene che sia il caso di parlarne. Magari è stato un mezzo per introdurre l’argomento, legato alle convinzioni personali. Ma non è al posto giusto. Già il tema degli abusi è delicatissimo, ma su questo gli specialisti dell'ASPI sono molto preparati con anni di esperienza alle spalle. Non ha senso aggiungere un altro tema così sensibile. Il focus del programma è un altro». 

Sembra che alcuni genitori abbiano reagito male alla prospettiva che si parli di Kay. 
«Ci sono stati genitori che hanno chiesto una dispensa medica per i figli. Non solo. Ci risulta che alcuni pediatri siano contrari al fatto di trattare il tema in quel modo. Credo che questa reazione meriti una riflessione un po’ più attenta, e che in seguito la tematica venga trattata in sedi appropriate e da professionisti».

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