Tutta l'amarezza di Zelal, una giovane di 20 anni a cui sta mancando la terra sotto i piedi. L'aspetto più umano di un dramma silenzioso.
RIAZZINO - «È un po' difficile spiegare come sto. Sono quattro mesi che non penso ad altro». Zelal Pokerce ha solo 20 anni. E al momento ha già smesso di sognare. Per lei, fuggita dalla Turchia con la famiglia, il presente è più che altro un incubo. Con la sua famiglia deve andarsene dalla Svizzera. La decisione è arrivata in novembre. «E da allora tutto è crollato nella nostra quotidianità».
Ricapitoliamo in sintesi la vostra vicenda.
«Nel 2020 mio padre, perseguitato in Turchia a causa del suo attivismo per i diritti dei curdi, ha preso sua moglie e i suoi tre figli (me compresa) per fuggire verso un futuro migliore. Nel 2021 siamo arrivati in Svizzera. Con tappa dapprima a Zurigo, poi a Chiasso, a Balerna, a Cadro e infine a Riazzino».
Il vostro caso potrebbe arrivare alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
«È normale. Io per prima ho paura di tornare in Turchia. Sono terrorizzata. Anche mio fratello Yekta, che ha 19 anni, la pensa così. E poi abbiamo un fratellino di 11 anni. Ha problemi di autismo. Cosa ne sarà di lui se per l'ennesima volta lo sradichiamo da un contesto in cui sta cercando di ambientarsi?».
Le avete provate tutte. Invano. La vostra famiglia è praticamente "illegale" in Svizzera.
«Ci manca la terra sotto i piedi. Alla sera quando arrivo a casa i miei genitori sono tristi. C'è silenzio. Siamo tutti avvolti dai pensieri. Il momento peggiore è la notte».
Raccontaci.
«Di giorno io ho la scuola. Di notte invece c'è troppo tempo per pensare. Dormo pochissime ore. Sono tesa. Amareggiata. In ansia. E pensare che di base io sono una persona allegra, positiva».
Hai parlato di scuola. La legge indica che tu e tuo fratello Yekta non potreste più seguire le vostre formazioni.
«Io frequento il corso di design visivo allo CSIA di Lugano. Mio fratello fa l'apprendista elettricista. Purtroppo, non trattandosi più della scuola dell'obbligo, la legge prevede l'interruzione immediata della nostra formazione».
Proprio in queste ore è stata lanciata una petizione in modo da permettervi di continuare a formarvi.
«Sì. E ci sentiamo rincuorati. Viviamo nell'attesa. La risposta della Corte europea dei diritti dell'uomo potrebbe arrivare tra tanti mesi. Nel frattempo, vista l'incertezza, vorremmo studiare. Mi domando come sarebbe la nostra quotidianità senza la formazione, con tutte quelle giornate vuote che finirebbero travolte dai cattivi pensieri. Finiremmo in depressione. Ci logoreremmo».
Qual è al momento la tua paura più grande?
«Mi sento affaticata. Stravolta. La mia paura è di non potere restare qui. E di andare incontro a un destino ignoto e pericoloso. Finché c'è la speranza, mi aggrappo a quella. Poi non so».