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Quando il videogioco diventa una vera e propria professione

Una tendenza in aumento: i videogiocatori sognano di fare soldi con il loro hobby.
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Quando il videogioco diventa una vera e propria professione
Una tendenza in aumento: i videogiocatori sognano di fare soldi con il loro hobby.
BELLINZONA - Tre anni fa l’informatico ventottenne Emanuele Goglio ha deciso di trasformare la sua passione nel suo lavoro: ha aperto l’Officina Informatica a Bellinzona e fondato l’Associazione Ticino Gaming. Alcuni pregiudizi sui ...

BELLINZONA - Tre anni fa l’informatico ventottenne Emanuele Goglio ha deciso di trasformare la sua passione nel suo lavoro: ha aperto l’Officina Informatica a Bellinzona e fondato l’Associazione Ticino Gaming. Alcuni pregiudizi sui videogiocatori rimangono però difficili da sradicare.

Qual è l’identikit del videogiocatore tipo?
«Molti giovani, dai 12 ai 20 anni, studenti o giovani lavoratori. Principalmente sono di sesso maschile, anche se non mancano alcune donne. Per i giochi di carte e da tavolo, invece, è diverso: si va fino ai 30 anni ed è misto».

I giochi offline, come quelli di carte, spariranno?
«In termini di fatturato, i giochi di carte superano di quattro volte quelli online. “Magic”, per esempio, è il più giocato al mondo, i suoi amatori sono tantissimi e non sono sicuro che questo record verrà presto superato. Certo, i giocatori online sono di più, ma si specializzano in uno o due videogiochi, perché l’impegno mentale richiesto è elevato. Non sono ammessi errori né distrazioni. Per l’offline la questione è diversa: c’è più tempo per pensare a come reagire alla mossa dell’avversario. Inoltre, il giocatore di carte è fortemente attaccato all’oggetto fisico: tanto che l’esperto riesce ad abbinare il gioco all’odore delle carte. La sensorialità dell’offline non sarà mai rimpiazzabile».

Spesso si crede che chi gioca online sia sedentario e asociale e i genitori si preoccupano per la salute dei figli. È un’opinione fondata?
«La preoccupazione è giustificata, ma il problema non è il videogioco. Chi ha tendenze al gioco online dimostra quasi sempre problemi nelle relazioni interpersonali, fa fatica a confrontarsi con il mondo, ma è il ragazzo che è asociale e non la sua passione che lo condiziona. Il gioco, invece, può diventare un elemento sociale e lo scopo della nostra associazione è proprio questo: creare unità laddove può esserci isolamento».

Può creare anche dipendenza?
«Sì. E se il ragazzo si isola il problema peggiora. Stando insieme ad altre persone, l’hobby diventa una passione da condividere e difficilmente crea dipendenza. La nostra associazione ha in programma di aiutare i giocatori più accaniti, fornendo supporto scolastico, esercizi mirati a mantenere una postura corretta e favorendo la socializzazione».

Bisogna sensibilizzare?
«Il genitore ha bisogno di capire perché il figlio gioca. Da entrambi le parti bisognerebbe essere più tolleranti. In particolare, i ragazzi che “streammano” su Twitch devono essere sensibilizzati sulla loro immagine: quando si gioca online, si viene sempre ripresi davanti a milioni di utenti. Non si può dare un cattivo esempio. Noi, per esempio, vietiamo il fumo, l’uso di stupefacenti, il consumo di alcool e promuoviamo una buona forma fisica, affinché l’immagine dei ragazzi e dell’Associazione sia salvaguardata»

Quale ruolo ha avuto Twitch?
«Le star di oggi sono i giocatori. La diffusione di queste piattaforme ha portato alla questione donazioni: se il ragazzo ha 100 franchi, li dona volentieri allo streamer che segue, che aumenta le visualizzazioni e attira gli sponsor. C’è però l’altro lato della medaglia: bisogna essere sempre aggiornati e costanti. Spesso i giovanissimi credono erroneamente che sia facile guadagnare giocando, ma ci vuole tanto impegno. È un vero e proprio lavoro».

e-Sports, nuova frontiera dell'intrattenimento online

I videogiocatori aspettavano la notizia da diversi anni: il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha riconosciuto gli e-Sports come gioco olimpico. Ma di cosa si tratta? «L’e-sport è il gioco elettronico a livello competitivo e l’esempio più conosciuto è Fortnite. Una squadra di giocatori si riunisce e collabora per ottenere la vittoria sugli avversari, ma tutto questo davanti allo schermo di un pc», spiega Emanuele Goglio.

Ma non è affatto un gioco da ragazzi: per costruire un team c’è bisogno di un allenatore, un manager e tanta motivazione. «La squadra deve essere caratterizzata da un impegno costante per garantire una buona prestazione sportiva», continua l’informatico. «Il pubblico è cresciuto molto negli anni e i giocatori sono diventati veri e propri idoli per i loro fans». Gli e-Sports avrebbero dovuto anticipare di qualche settimana l’apertura ufficiale dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020 per una prima assoluta, ma il rinvio a causa della pandemia ha rimescolato le carte.

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