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«Mi sono sentita sporca e disgustata»

Tania Rosato anni fa è stata vittima di uno stupratore seriale. Un trauma con cui ha deciso di fare i conti
«Mi sono sentita sporca e disgustata»
foto Davide Giordano
«Mi sono sentita sporca e disgustata»
Tania Rosato anni fa è stata vittima di uno stupratore seriale. Un trauma con cui ha deciso di fare i conti
La 34enne luganese ha scritto una lettera alla deputazione ticinese a Berna. «La legge è da cambiare»
LUGANO - Settimana scorsa Tania Rosato ha preso carta e penna, e ha messo nero su bianco il "fattaccio". Sedici anni fa è stata vittima di uno stupratore seriale mentre faceva l'autostop. «È passato tanto tempo ...

LUGANO - Settimana scorsa Tania Rosato ha preso carta e penna, e ha messo nero su bianco il "fattaccio". Sedici anni fa è stata vittima di uno stupratore seriale mentre faceva l'autostop. «È passato tanto tempo – racconta – ma dovevo parlarne con qualcuno».

C'è chi si accontenta dello psicologo. La 34enne di Breganzona punta più in alto: ha inviato una lettera ai dieci deputati ticinesi a Berna. «Quello che ho passato - dice - penso sia un problema collettivo. Dopo tanti anni ho trovato il coraggio di affrontarlo, e vorrei spingere la gente a riflettere».

I fatti sono agli atti. Nel 2006 le Assise Criminali di Lugano hanno condannato un 29enne turco residente nel Varesotto a cinque anni e mezzo di carcere, per avere malmenato e violentato Tania e due altre giovani. Tutte e tre raccolte con l'autostop. «È capitato a noi, poteva capitare a chiunque. Quel che so è che la mia vita è stata stravolta» racconta Tania. Le condanne per i reati sessuali invece sono «troppo leggere» secondo lei. «Per questo ho scritto la lettera».

Nel suo caso, l'autore è stato condannato anche a risarcire le vittime (30mila franchi in tutto) e all'espulsione dalla Svizzera. 

«È stato espulso solo per 15 anni. Significa che tra poco potrà tornare in Ticino. La paura di poterlo incontrare è tanta, non so come reagirei».

In questo tempo come ha elaborato l'accaduto? 

«È stato un percorso lungo. All'inizio non ne parlavo con nessuno. Specie in famiglia: mi vergognavo, mi sentivo sporca. Tuttora fatico a parlarne con mia madre». 

Ne ha parlato alla polizia, però. 

«Dopo il fatto, fui trovata semi-cosciente da dei passanti, che mi portarono al Civico di Lugano. La denuncia è stata automatica. Ma per ricordare l'accaduto ho impiegato mesi. Anni, per alcuni particolari».

Molte donne faticano a denunciare. 

«È un percorso straziante. Gli interrogatori si ripetono all'infinito, e ogni volta rivivi i fatti. Capisco le donne che desistono: la legge non le aiuta».

Da più parti si invocano pene più severe per i reati sessuali. 

«Le vittime hanno davanti un calvario dall'esito incerto, nel migliore dei casi si arriva a condanne irrisorie. Per questo solo una minima parte degli abusi vengono alla luce. La politica deve intervenire». 

Secondo alcune stime, in Svizzera una donna su 5 ha subito rapporti non consensuali. 

«I numeri non dicono cosa succede dopo. Il processo e la terapia post-trauma a me hanno creato un "vuoto" di anni. Ho interrotto gli studi, sono finita in assistenza. Ora ho un figlio e una famiglia, vedo la luce in fondo al tunnel». 

Cosa diresti a chi vive la stessa situazione?

«Non vergognatevi, affrontate il problema con coraggio. È qualcosa con cui bisogna convivere, non ve ne libererete mai»

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