Il sedime interessato dal progetto di collegamento autostradale del Piano ha un problema: i padroni dei terreni. Che non intendono andarsene.
SANT'ANTONINO - Settimana scorsa Andrea Bizzozero, 46 anni, è sobbalzato davanti al telegiornale. Le immagini del progetto di collegamento A2-A13 ritraevano la sua fattoria, a Sant'Antonino: i campi tagliati in due dalla futura autostrada, un tunnel scavato nel terreno di fianco a casa sua. Dopo il Tg, le telefonate di amici e colleghi gli hanno confermato che non era un brutto sogno. «Ho scoperto così che tutta la mia vita sta per essere cancellata con un colpo di spugna» racconta. «È stato orribile. Mi ha preso un colpo».
Bizzozero è titolare assieme al cugino Alessio Benzoni della ditta Agri Bi&Be Sa, storica azienda agricola nota in tutto il Ticino. «Siamo alla terza generazione, i nostri nonni e genitori hanno coltivato queste terre, è il nostro mondo» spiegano mentre camminano tra i campi, dove pascolano 200 mucche. Non sono i soli possibili oppositori con cui dovrà fare i conti il progetto promosso dall'Ustra e dal Cantone. Il futuro cantiere dovrebbe coinvolgere anche un terreno patriziale e un altro appezzamento. Contattati al telefono i proprietari hanno preferito non rilasciare commenti. Anche il presidente del Patriziato locale, Andrea Bassi, afferma di non avere ricevuto comunicazioni ufficiali.
«Nessuno ci ha chiesto niente, nessun ufficio pubblico ci ha messi al corrente di nulla» protestano i due agricoltori. E a essere preoccupati sono anche i sei dipendenti dell'azienda. Il progetto è stato presentato come compatibile con l'attività agricola, ma non credono che sarà così: «Abbiamo fatto investimenti milionari in tecnologia in questi anni, siamo una realtà all'avanguardia in Ticino» spiega Bizzozero, che di risarcimenti non vuole nemmeno sentir parlare. «Nei prossimi anni saremo bloccati. Perché nessuno ci ha consultati?».
Abbiamo girato la domanda al Dipartimento del territorio. Negli intenti il nuovo collegamento dovrebbe portare «benefici ambientali» e «valorizzare il territorio»: così almeno ha dichiarato il direttore del Dt Claudio Zali lunedì. I tempi, va precisato, sono incerti: il Consiglio federale dovrebbe approvare il progetto nel 2020. Sulle modalità di comunicazione con i cittadini (compresi i diretti interessati) il Dipartimento ha preferito non rilasciare dichiarazioni.