Donne di pulizia che fanno le furbe, e poi restano senza pensione

Lavoro nero tra le mura di casa: dopo la storia pubblicata da 20 Minuti, dietro le quinte del fenomeno
BELLINZONA – “Non tutte le donne di pulizia sono vittime del lavoro nero. Anzi, molte chiedono di essere pagate senza il versamento dei contributi per potere sfuggire al fisco e beneficiare di aiuti statali. Sono loro stesse a volersi mettere nell’illegalità”. Lorenza Rossetti, capo dell’Ufficio della sorveglianza del lavoro replica così all’articolo apparso sull’edizione odierna di 20 Minuti. Nella circostanza una 61enne ticinese, costretta per 15 anni a lavorare in nero presso case private, denuncia il mal andazzo nel suo settore. Ora alle soglie dell’età pensionabile si rende conto che, non avendo versato i contributi, la sua pensione sarà misera. A tal punto da impedirle il ritiro dal mondo del lavoro. “Mi spiace per questa signora – sostiene Lorenza Rossetti –, ma purtroppo dobbiamo constatare che spesso non è il datore di lavoro a spingere verso una soluzione illegale”.
Fuga dalle imposte - Il problema è parecchio noto anche a Siro Realini, capo dell’Ufficio contributi Avs. “Dalla mia esperienza diretta posso dire che spesso è la lavoratrice a non volere ufficializzare il rapporto di lavoro. Per il datore di lavoro versare i contributi non rappresenta una grossa spesa supplementare, bensì soprattutto una seccatura amministrativa. Il salariato invece si vede alleggerire la busta paga e dunque preferisce guadagnare di più nel presente piuttosto che investire nel futuro. Magari con l’idea di scappare anche alle imposte. Un atteggiamento miope e poco lungimirante”.
Fuori controllo - Ma quante sono le donne di pulizia che in un modo o nell’altro sfuggono alle regole? Per Lorenza Rossetti è molto difficile esporre delle cifre. “Perché è un settore difficilmente controllabile, ci si muove tra le mura domestiche e noi possiamo intervenire solo in base a segnalazioni, ne riceviamo con una certa frequenza, non sono rare. In ogni caso questo è un problema di consapevolezza. Non ci si rende conto dell’importanza dei contributi. Magari una donna non vuole ufficializzarsi perché così facendo perderebbe il diritto ad altri aiuti momentanei da parte dello Stato, a una rendita o a un sussidio legato ai figli o al marito. Ma la cosa grave è che in questo modo si prepara a una vecchiaia con una pensione minima”.
Legge discutibile - Il fenomeno resta difficile da combattere. Anche per colpa di leggi piuttosto discutibili. L’Ufficio della sorveglianza del lavoro può, sicuramente, adottare un provvedimento amministrativo nei confronti del datore di lavoro: può escluderlo da futuri appalti pubblici per un periodo da 1 a 5 anni, può inoltre fargli ridurre eventuali aiuti finanziari. Ogni singola autorità, dall’Ufficio assicurazioni sociali all’Ufficio imposte alla fonte, può inoltre applicare i propri provvedimenti. “Ad esempio chi non è in regola con i contributi Avs – sottolinea Realini – può sistemare la propria situazione con un effetto retroattivo di cinque anni, sopportando un addebito di interessi retroattivi del 5% per anno. Se ci sono i presupposti, può essere comminata una multa ma questa è di competenza del Ministero Pubblico”.



