TICINO: Scuola pubblica e scuola privata

Il 18 febbraio un’importante votazione ci attende per quanto riguarda il finanziamento pubblico delle scuole private. Daniele Besomi, ricercatore di storia del pensiero economico, da pochi giorni ha pubblicato un libro dal titolo “Gli economisti e la scuola”, fondamentale per arrivare al 18 febbraio, forse, con le idee più chiare. Lo abbiamo intervistato.
Nel suo libro la scuola pubblica e quella privata sono presentati come
due mondi opposti oppure come due realtà che possono trovare comuni punti di
contatto?
Nel mio libro ho cercato di limitarmi a considerazioni di carattere economico, conformemente alle mie qualifiche e attività professionali, evitando di esprimere considerazioni puramente personali. Questo non significa, naturalmente, che io non abbia anche altre idee riguardo al sentito tema in votazione il 18 febbraio: ma non ho ritenuto di doverle presentare esplicitamente nel libro. Ad esempio, non ho discusso il problema dell'equità o meno dei finanziamenti pubblici alla scuola privata: queste sono considerazioni di carattere politico, per le quali un'opinione vale l'altra. Il libro non riguarda dunque tanto un confronto tra sistemi educativi, quanto la logica economica sottintesa alla scuola pubblica e privata. Evidentemente, avendo scopi diversi, i due sistemi scolastici operano in condizioni economiche diverse. Al momento attuale la scuola pubblica (quantomeno nei paesi in cui la scuola privata occupa ancora delle nicchie quantitativamente piuttosto marginali come è il caso del Ticino) ha lo scopo di fornire un'educazione generalizzata. Questa missione è compiuta interamente sulla base di fondi pubblici senza dover rispondere a vincoli di mercato.
Per la scuola privata, la situazione è diversa, in quanto deve produrre una "merce vendibile": l'educazione. Innanzitutto, come per ogni merce occorre renderla "desiderabile". Le scuole ispirate a qualche ideologia (nel nostro caso, le scuole cattoliche) caratterizzano il proprio prodotto in conformità appunto a quell'ideologia. Le scuole che invece sono istituite a puro scopo di profitto devono ritagliarsi delle nicchie esclusive di mercato, e la strategia scelta nei paesi in cui si ha un'ampia esperienza di scuole private consiste nel mirare all'eccellenza, cioè costituire scuole ad un livello particolarmente elevato che offrono un buon punto d'accesso agli studi superiori. Vi è poi la particolare categoria costituita dalle persone che, per una ragione o per l'altra, ha bisogno di particolari servizi quali mense e doposcuola: al momento in Ticino questa è coperta dalla scuole cattoliche, ma è uno spazio che potrebbe essere ambito da scuole con intenti esclusivamente commerciali.
In secondo luogo, le scuole private devono riuscire a vendere il loro "prodotto": il che significa che devono offrire i propri servizi dove vi è una maggiore utenza - difficilmente verrà istituita una scuola privata in val di Blenio, mentre l'ente pubblico deve coprire l'intero territorio in modo uniforme.
Quali sono i limiti della scuola pubblica e quali quelli della scuola
privata?
Sempre limitandomi alla questione economica, nel libro sottolineo tre limiti della scuola pubblica. Innanzitutto l'organizzazione statale impone delle rigidità, ed esempio per il fatto che un allievo non può cambiare sede. La cosa ha naturalmente i suoi svantaggi, nel caso un allievo si trovi male in una determinata scuola, ma risponde ad una logica di uniformità e di pari opportunità. In secondo luogo, i funzionari pubblici di fatto sono praticamente inamovibili, docenti inclusi: ciò da un lato comporta una mancanza di stimoli per i docenti (ai quali è quasi preclusa la possibilità di carriera), e dall'altro l'impossibilità di liberarsi di docenti inadatti. In terzo luogo, la centralizzazione richiede in generale un apparato burocratico sproporzionato: questo però è più un problema sollevato rispetto alla grandi metropoli americane, ed è più contenuto nel caso del Ticino. Va notato che tutti questi aspetti riguardano più l'organizzazione generale dell'attività statale che non specificamente la scuola pubblica.
Quanto alle scuole private, il limite consiste nel loro scopo economico: se la preoccupazione è quella di produrre una merce vendibile, occorre o imporre agli allievi dei contenuti extra accademici (ad esempio con una marcata insistenza sulla religione), o vendere l'eccellenza a caro prezzo.
Che cosa ha portato in molti Stati al deterioramento delle scuole
pubbliche?
Nei paesi con una lunga tradizione di scuola privata, è stata proprio la concorrenza delle scuole private a sottrarre fondi e cervelli alla scuola pubblica. Non appena le scuole d'eccellenza si stabiliscono, esse sono molto ambite dalla parte più ricca della popolazione, e da famiglie con figli molto dotati (per attirare i quali le scuole d'eccellenza non lesinano mezzi, come è il caso delle scuole inglesi e americane). Questi allievi trovano facilitato l'accesso all'università, e a loro volta manderanno i figli presso scuole private. Alla lunga questo sottrae finanziamenti allo stato e permette alle scuole private di ottenere ulteriori fondi (non a caso la principale fonte di finanziamento di Harvard sono i contributi degli ex-studenti), aumentando ulteriormente il divario.




Su alcuni temi riceviamo purtroppo con frequenza messaggi contenenti insulti e incitamento all'odio e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo a garantire un dialogo costruttivo. Per le stesse ragioni, disattiviamo i commenti anche negli articoli dedicati a decessi, crimini, processi e incidenti.
Il confronto con i nostri lettori rimane per noi fondamentale: è una parte centrale della nostra piattaforma. Per questo ci impegniamo a mantenere aperta la discussione ogni volta che è possibile.
Dipende anche da voi: con interventi rispettosi, costruttivi e cortesi, potete contribuire a mantenere un dialogo aperto, civile e utile per tutti. Non vediamo l'ora di ritrovarvi nella prossima sezione commenti!