Smettere di fumare? Che fatica riuscirci in Svizzera

Secondo gli esperti, una parte della colpa è da attribuire «alle lobby del tabacco». La Confederazione è fanalino di coda nella prevenzione.
Secondo gli esperti, una parte della colpa è da attribuire «alle lobby del tabacco». La Confederazione è fanalino di coda nella prevenzione.
BERNA - Il 1° novembre migliaia di persone in Svizzera hanno spento la loro ultima sigaretta, partecipando all’iniziativa nazionale «Mese senza tabacco», una campagna di sostegno per chi vuole smettere di fumare.
È difficile smettere di fumare - In totale, come ricorda 24 Heures, il 24% della popolazione svizzera fuma. La quota è in calo, ma continua a far registrare una riduzione troppo lenta. Il tabagismo resta infatti la principale causa di malattie e decessi evitabili nel Paese. Secondo l’Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo, la Confederazione continua a presentare tassi di consumo superiori alla media dei Paesi ad alto reddito.
La forza delle lobby - Le ragioni di questo rallentamento sono molteplici, ma per gli esperti Luc Lebon (Unisanté) ed Evelyne Laszlo (CIPRET Ginevra), il principale ostacolo è rappresentato dall’influenza dell’industria del tabacco. L’indice mondiale di interferenza di queste "lobby", che misura il grado di ingerenza nelle politiche pubbliche, colloca la Svizzera al penultimo posto su 90 Paesi. «Un esempio emblematico è l’iniziativa popolare che vieta la pubblicità del tabacco, approvata nel 2022 ma che entrerà in vigore solo nel 2027, e in forma indebolita», osserva Lebon.
Il prezzo - Tra le misure più efficaci per ridurre il consumo, gli esperti indicano l’aumento del prezzo delle sigarette. «Un incremento del 10% porta mediamente a un calo del 4% dei consumi», spiega Lebon, ricordando l’esempio della Nuova Zelanda, dove per dieci anni consecutivi il prezzo del pacchetto è aumentato del 10%, con una riduzione dei fumatori di quattro volte rispetto alla Svizzera. In Svizzera, tuttavia, l’ultima variazione risale al 2013, e il Consiglio federale non ha più la competenza per adeguare l’imposta sul tabacco. «Ogni volta che si propone un aumento, l’industria invoca la libertà di commercio o la responsabilità individuale», commenta Laszlo. «Ma fumare non è una libertà: è una dipendenza».
La pubblicità - Un altro fronte è quello della pubblicità. Oggi, in Svizzera, l’affissione è vietata negli spazi pubblici e nei terreni privati solo se visibili dall’esterno. «Si ragiona ancora in termini di eccezioni, quando i dati dimostrano che un divieto totale è più efficace», osserva Lebon. Paesi come la Francia, dove il bando è completo, hanno registrato un calo più deciso dei fumatori.
Fanalino di coda della Prevenzione - Queste lacune spiegano la posizione della Svizzera quasi in coda alla classifica “Tobacco Control Scale”, elaborata dall’Associazione delle leghe europee contro il cancro. Nel 2022, Irlanda, Regno Unito e Francia si sono confermati ai vertici, mentre la Svizzera occupava le ultime posizioni. «Restiamo il fanalino di coda della prevenzione del tabagismo in Europa», sottolinea la consigliera nazionale Laurence Fehlmann Rielle, presidente dell’Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo.
Nuovi prodotti e vecchie sfide - Un’altra preoccupazione riguarda l’espansione dei nuovi prodotti a base di nicotina. Quasi il 17% dei giovani tra 15 e 24 anni consuma oggi tabacco riscaldato, sigarette elettroniche, narghilè o tabacco da masticare. Secondo l’OMS, questi dispositivi rappresentano un rischio concreto di dipendenza.
Rischio dipendenza - «Il dibattito è aperto», spiega Laszlo. «Le sigarette elettroniche possono essere utili per smettere di fumare, ma nei più giovani il rischio di dipendenza o di transizione verso il tabacco tradizionale esiste.» Anche su questo fronte la Svizzera appare in ritardo. Nonostante il recente divieto delle sigarette elettroniche monouso, prodotti come le bustine di nicotina, molto diffuse tra i giovani, restano legali in Svizzera, mentre sono vietate in Paesi come Francia e Belgio.




