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SVIZZERAPipistrelli, ratti, scimmie e... cammelli: cosa dobbiamo aspettarci dalle zoonosi del futuro

26.05.22 - 22:32
Ce lo spiega l'epidemiologo dell'Uni di Berna Christian Althaus: «Animali che contagiano l'uomo? Non è una novità»
Reuters
Pipistrelli, ratti, scimmie e... cammelli: cosa dobbiamo aspettarci dalle zoonosi del futuro
Ce lo spiega l'epidemiologo dell'Uni di Berna Christian Althaus: «Animali che contagiano l'uomo? Non è una novità»

BERNA - Malattie che da una specie animale saltano a un'altra, arrivando fino all'uomo. Il termine tecnico è zoonosi e, malgrado accompagnino l'umanità sin dalla notte dei tempi, dopo la pandemia da coronavirus (anche quello di origine animale) l'allerta non è mai stata così alta.

In questo quadro di preoccupazione si inserisce anche la recente recrudescenza - insolita per più di un motivo - del vaiolo delle scimmie. Noto da decenni, e solitamente endemico di alcuni Paesi dell'area africana, il virus è attualmente osservato speciale dell'Oms perché si è diffuso (si parla di circa 200 casi) in tutto il mondo, in nazioni dove solitamente non è solito presentarsi. Malgrado il nome faccia pensare altro, la patologia origina dai roditori.

«Che il contagio passi da un animale all'uomo, non è una novità», ha recentemente commentato al TagesAnzeiger il virologo dell'Università di Berna Christian Althaus, «pensiamo alle zecche, con la meningoencefalite (Tba) e la malattia di Lyme, ma anche - più semplicemente - alla salmonella o al campylobacter che dal pollo arrivano fino all'uomo. L'allerta è giustificata in casi come il Covid, che è una malattia completamente nuova apparsa quasi dal nulla, così come quando patologie ritenute "vecchie" si ripresentano. In entrambi questi frangenti l'aumento è stato sostanziale negli ultimi 20 anni».

I fattori sono molteplici: «Per iniziare al mondo ci sono molte più persone in grado di spostarsi molto più velocemente, sono aumentati gli allevamenti intensivi - che rendono più facile il passaggio dei patogeni dall'animale all'uomo - e l'invasione, da parte dell'uomo, di aree a lungo tempo inesplorate, come la giungla. Un esempio potrebbe essere l'esplosione dell'ebola in Africa occidentale fra il 2014 e il 2016».

In questo senso quello del Sars-Cov-2 «un caso da manuale», spiega Althaus: «Il primo Sars-Cov (quella che era diventata nota come Sars) era stato identificato circa 20 anni fa e possiamo dire che siamo stati fortunati che non sia dato pandemico, anche perché era piuttosto pericoloso. Adesso l'osservato speciale è il Mers-CoV che interessa pipistrelli e cammelli. Se ci sarà ancora una malattia dal potenziale pandemico questo sarà verosimilmente un coronavirus».

Nel caso - sempre più probabile, sostiene l'esperto - di una nuova pandemia, fortunatamente sapremo già come muoverci: «Probabilmente non riusciremo a scongiurarle del tutto, ma è vero che dall'esperienza del Covid abbiamo imparato molto: abbiamo imparato a testare con rapidità, grande efficienza e su vasta scala. Anche per quanto riguarda i vaccini mRna abbiamo fatto passi da gigante». 

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