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Raddoppiati i tentativi in cinque anni in Svizzera. Il ruolo della scuola e dei social
ZURIGO - Togliersi la vita quando la vita è ancora all'inizio. Nel 2012, in Svizzera i minorenni sotto i 14 anni ricoverati dopo un tentativo di suicidio erano 22. Nel 2017 (ultimo dato) il numero è raddoppiato: 48 casi. Il triste fenomeno è in aumento, e purtroppo qualche volta il tragico proposito si realizza: il picco c'è stato nel 2016, con quattro suicidi. Il numero più alto negli ultimi vent'anni.
«L'età media dei pazienti con pensieri suicidi tende purtroppo ad abbassarsi» conferma il dottor Dagmar Pauli del reparto psichiatria infantile dell'ospedale universitario di Zurigo. «Un tempo la disperazione dei bambini veniva più rivolta verso l'esterno, ribellandosi ai genitori o agli insegnanti. Ora rivolgono la rabbia contro sé stessi».
I social media hanno senz'altro un ruolo. Nel 2017 fece scalpore il caso di un 13enne che si tolse la vita dopo essere stato bullizzato su Instagram e Snapchat dai compagni di classe. «Internet amplifica la sofferenza» sottolinea Petra Zürcher dell'associazione Arcobaleno Svizzera, che supporta i genitori nell'elaborazione del lutto. «Le famiglie tendono a darsi delle colpe» ma secondo l'esperta diversi fattori esterni sarebbero determinanti: «Dai modelli di successo irraggiungibili propinati sul web al sistema scolastico basato sulla meritocrazia». E afferma di conoscere il caso di «un 12enne uccisosi per paura di bocciare un esame».
Ma per lo più gli adolescenti che tentano il suicidio «non hanno veramente intenzione di morire» assicura il dottor Pauli. Il campanello d'allarme «serve ad attirare l'attenzione su problemi che in genere si possono risolvere concretamente: bullismo, pressione eccessiva o tensioni familiari» conclude il medico.
