Ecco cosa succede quando si litiga tramite WhatsApp
Le cose importanti non necessariamente devono essere discusse subito: cosa c'è di meglio che una lettera o un incontro a due
ZURIGO - I giovani stanno connessi per delle ore, condividono i fail video più recenti e si messaggiano reciprocamente. Ma quando si tratta di temi riguardanti questioni di cuore, non è poi così semplice. E se ciò capita, come afferma Marc Brechbühl del numero di emergenza 147 di Pro Juventute, c'è innanzitutto un'importante regola da tenere in considerazione. E quando si parla di temi delicati come la donazione di organi ha qualche buon consiglio.
Signor Brechbühl, quale consulente del numero di emergenza 147 tocca con mano quotidianamente i problemi che toccano più da vicino i giovani. Come comunicano quando si tratta di questioni personali importanti?
«Non ci sono differenze tra le discussioni faccia a faccia o digitali. Quando i giovani si trovano in un conflitto che riguarda per esempio un litigio d'amore o con gli amici, dicono spesso «di averci parlato di persona». Così dicendo non intendono dire che vi è stato uno scambio di parole al telefono o un faccia a faccia, ma via chat, WhatsApp o attraverso un altro canale digitale. Per i «nativi digitali» questo modo di comunicare ha lo stesso valore di un colloquio a quattr'occhi, come lo era una volta per le generazioni passate».
Questo è quindi un buon sistema per discutere dei propri problemi?
«No, per risolvere un conflitto non è l'ideale»
Come mai? Non è forse un po' presuntuoso voler dire ai ragazzi, discutere o litigare tramite WhatsApp è sbagliato?
«No, non si tratta di questo. L'importante è capire come si svolge la conversazione via chat o WhatsApp quando c'è un litigio. Spesso a prevalere è il nervosismo. Si aspetta una risposta immediata. Basta una breve pausa per essere interpretata negativamente. In questo modo si crea un forte stress e la capacità di riflessione può venire meno nei modi di reagire quando si è arrabbiati, frustrati o tristi.
In questa situazione il conflitto viene difficilmente sanato, anzi, si complica. E in discussioni digitali come queste i malintesi si creano molto più frequentemente rispetto a quando si ha davanti a sé una persona della quale si possono vedere la sua mimica e il linguaggio del corpo».
Un problema viene discusso per esempio su WhatsApp perché forse non si ha tempo di incontrarsi di persona. Neppure dirsi niente rappresenta una soluzione. Che ne dice di Facetime oppure di Skype?
«E' una via di mezzo. E, tuttavia, il tempo per affrontare in modo efficace la situazione manca lo stesso».
Cosa consiglia?
«Normalmente i giovani si lamentano di non riuscire a venirne a capo quando litigano anche perché, per esempio, si sentono, per così dire, «bloccati». E allora io domando: cosa ne pensate di scrivere una lettera?»
La loro reazione non è del tipo: «Così antiquato, cos'è questa sciocchezza?»
«No, assistiamo raramente a reazioni di questo genere. Sanare un conflitto significa spesso fermarsi e riflettere. Questo i giovani lo comprendono e reagiscono positivamente all'idea di scrivere una lettera. Si può anche scrivere una lettera alla mamma o al papà. Ci si può prendere il tempo necessario per farlo, rileggerla ancora una volta e riscriverla se le parole sono troppo cariche di rabbia. E non ci si aspetta una risposta immediata. Certo, c'è il rischio che la lettera venga strappata, ma vi è anche una buona possibilità che la reazione scaturita sia positiva».
Cosa sta più a cuore ai giovani di oggi?
«La sessualità e l'amore rappresentano sempre un tema molto dibattuto. Negli ultimi tempi constatiamo tuttavia uno slittamento tematico verso le gravi crisi personali, l'autolesionismo, i disturbi del comportamento alimentare o la depressione. Sono diversi i giovani che, quotidianamente, ci chiamano per dirci che stanno meditando il suicidio. E non pochi sono coloro che ci raccontano le loro preoccupazioni per la loro famiglia, i genitori malati o i conflitti instauratisi con il loro padre o la loro madre».
WhatsApp e chat anziché una conversazione a quattr'occhi. Corrisponde a realtà l'immagine del giovane d'oggi sempre online e connesso, ma dentro di sé sostanzialmente solo?
«No, è completamente l'opposto. E' molto impressionante vedere come i giovani si prendano cura dei loro amici. Certo, ci sono i solitari o i dipendenti da internet. Ma è anche vero che chi resta molto attaccato al telefonino non per forza bisogna considerarlo asociale o incapace di relazionarsi con il prossimo. E ciò rappresenta la buona parte della gioventù di oggi. Riceviamo molte chiamate di giovani che vogliono aiutare i loro coetanei e non sanno come fare».
Cosa consiglia loro di fare?
«I casi differiscono l'uno dall'altro. Spesso ai giovani manca la necessaria esperienza per aiutare il proprio amico o la propria amica. Sarebbe sensato in questi casi rivolgersi a persone adulte di fiducia o cercare un consultorio per i giovani».
Di solito ci si rivolge ad uno sportello di consulenza quando il problema da affrontare è molto importante. Quando è il momento giusto per parlare dei propri problemi affettivi per evitare che sia troppo tardi?
«Se si tratta di conflitti è meglio mantenere la calma piuttosto di chiedere aiuto quando è ormai troppo tardi. Quando c'è un litigio in famiglia è più sensato parlare soltanto con un genitore se il conflitto coinvolge madre, padre e figlio».
I giovani quanto sono in grado di parlare dei propri problemi personali?
«Tra buoni amici si parla sempre più di sesso rispetto ad una volta e lo si fa con più disinvoltura».
E con i genitori?
«Nella fase della pubertà e in quella successiva si tende a non dialogare più con i genitori. E' un fatto normale. Per i genitori conviene quindi essere disponibili nei loro confronti e prenderli sul serio già in tenera età e non esercitare su di loro alcun tipo di pressione. In questo modo saranno i figli a rivolgersi ai genitori per parlare dei loro problemi personali».
Come si confrontano i giovani con temi come la malattia, gli imprevisti e la morte?
«Generalmente dipende tutto dall'evento. Incidenti e malattie sono difficili da affrontare se colpiscono i loro famigliari o i loro migliori amici. Se per esempio un amico o un famigliare muore, l'elaborazione del lutto può durare mesi o addirittura anni, pregiudicandone così il rendimento scolastico o dell'apprendistato».
Quale consiglio dà a un giovane o a un giovane adulto che si pone la questione riguardante la donazione di organi?
«Come ogni tema riguardante la vita, lo prendiamo sul serio e offriamo ai giovani la possibilità di poterne parlare. E tra questi temi vi è anche il dibattito sui valori etici e la donazione di organi. In tutti i casi noi non diamo nessuna raccomandazione, né a favore né contro la donazione di organi».
E cosa fa invece?
«Alla base per noi c'è il giovane, che si confronta con questa tematica ed è alla ricerca di una risposta che gli permetta di compiere un passo in più. A seconda della sensibilità personale o dell'età dell'interlocutore è consigliabile che il giovane cerchi di dialogare con una persona adulta di fiducia, vicina a lui. Se la tematica della donazione di organi dovesse essere legata ad un genitore malato, il dialogo è importante. A seconda della situazione noi forniamo ai giovani ulteriori indirizzi utili a trovare informazioni specifiche e di consulenza».
Che tipo di comunicatore sei?
Preferisci ascoltare, parlare o può fare entrambi le cose? Scoprilo da te con il test su http://www.vivere-condividere.ch/. In questo modo scoprirai che tipo di comunicatore sei. Informati anche sui tre buoni motivi a favore di una donazione di organi. In Svizzera sono molte le persone in attesa di un organo per il trapianto. E un «Sì» alla donazione di organi potrebbe salvare delle vite umane. L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la fondazione Swisstransplant vogliono sensibilizzare la popolazione in modo tale che la popolazione si confronti con il tema della donazione di organi e prenda una decisione a favore o contro una donazione al motto «Ogni momento è giusto, per parlare di cose».
Questo contributo è stato prodotto da Commercial Publishing Tamedia in collaborazione con l'Ufficio federale della sanità pubblica.



