Ronny Keller: "Ho imparato che non bisogna mai mollare"

A un anno dall'incidente che gli costò la paralisi nella sfida di LNB del suo Olten contro il Langenthal, il 34enne ha rilasciato una lunga intervista sulla sua nuova vita
A un anno dall'incidente che gli costò la paralisi nella sfida di LNB del suo Olten contro il Langenthal, il 34enne ha rilasciato una lunga intervista sulla sua nuova vita
OLTEN - È trascorso ormai più di un anno da quel triste 5 marzo 2013, giorno in cui l'ex giocatore dell'Olten Ronny Keller - in occasione della sfida contro il Langenthal - è rimasto paralizzato. Il 34enne era stato violentemente schiacciato contro la balaustra dal suo avversario Stefan Schnyder, subendo gravi lesioni alla quarta vertebra toracica.
Ronny Keller come stai?
"Date le circostanze sto relativamente bene, anche perché l’incidente è capitato solo un anno fa”.
Ti viene sempre chiesto di parlare di questo incidente. Come affronti questo tema?
"È un tema interessante, perché queste tragedie si verificano spesso e in tutto il mondo. La mia situazione è seguita con grande interesse in Svizzera. Personalmente non cambia nulla, devo solo essere in grado di gestire tutto questo al meglio. Provo a trasformare questa fatalità del destino in qualcosa di positivo. Per esempio sostengo iniziative come “Wings for Live World Run“. In questi contesti ho una voce per il pubblico e cerco di fare qualcosa di buono. Il ricavato di questa iniziativa andrà a favore della ricerca sul midollo spinale e speriamo che un giorno si possa guarire".
Raccontare la tua storia è un modo per elaborarla meglio o ti pesa?
“No, non direi che mi pesa. Non posso scappare da questa situazione e dovrò sempre conviverci, però se mi distraggo non ho tempo per pensarci. Penso che sia necessario e vitale affrontare questa nuova vita senza particolari problemi, altrimenti non ci si darà mai pace“.
Riesci a ricordare la scena?
"Mancano dai 10 ai 15 minuti. Ricordo che il disco era vicino alla balaustra e ci siamo precipitati per prenderlo, poi ho un vuoto".
Com'è cambiata la tua vita?
"Nello spirito sono rimasto sempre lo stesso, ma per il resto è cambiato tutto radicalmente. Non è così semplice, tutto richiede molto più tempo: si inizia al mattino con l'andare alla toilette e farmi la doccia. È necessario pianificare in anticipo tutto ciò che non è più spontaneo".
Chi ti ha aiutato a gestire tutto?
"I miei famigliari più stretti, mia moglie e il mio migliore amico Yves. Mi hanno aiutato, sostenuto, hanno avuto pazienza e ce l’hanno tutt‘ora. Mi possono solo spingere la carrozzina o motivare, il resto è compito mio. Attraverso questa situazione ho imparato che bisogna rimanere positivi e non bisogna mollare mai".
Se oggi guardi l’hockey come lo vivi?
"Mi è capitato di pensare: dovrei esserci io in pista. Sono degli attimi, ma devo ritornare a vedere l'hockey come un semplice gioco, un po' come mi capita quando guardo il calcio. A volte però, quando due giocatori vanno velocemente in un angolo o verso la balaustra, rabbrividisco internamente e poi spero che tutto finisca bene".
Cosa ti manca di più dell’hockey?
"Il cameratismo e lo spirito di squadra".
Stefan Schnyder ti ha contattato?
"Mi ha mandato un paio di sms, ma non gli ho risposto perché per me era troppo presto. Qualche settimana fa ci siamo visti dal giudice (per valutare la gravità dell'intervento che mi è costato la sedia a rotelle), ci siamo stretti la mano ma niente di più. Al momento non ho bisogno di avere un contatto con lui, non è per niente facile. Per me è stata una situazione delicata e sicuramente anche per lui".
Com’è la tua vita quotidiana oggi?
"Quando suona la sveglia devo adagiarmi per mezz’ora sul ventre per alleviare la pelle, visto che dormo sulla schiena. Poi vado in bagno, faccio la doccia, mi vesto e mangio. Questo processo mi prende circa due ore e mezza di tempo e in seguito vado a lavorare. Attualmente lavoro al 30 per cento come impiegato in una fiduciaria e quando non sono in ufficio vado in sala pesi o faccio le varie terapie".
Dici di andare spesso in sala pesi, ma lo sport per disabili non ti ispira?
"No, in questo momento non mi interessa ritornare alle competizioni, anche se ho provato a praticare qualche sport. Poco dopo l'incidente mi ero detto che fosse finita con gli sport da competizione, ma forse non è così e fra due-tre anni l'idea mi galvanizzerà di più".
Quali consigli ti senti di dare a persone con il tuo stesso problema?
"Sarebbe presuntuoso da parte mia dare consigli, perché ognuno gestisce la situazione in maniera differente. Penso però che non bisogna mai mollare, lavorare e non guardare troppo al passato. Non si deve perdere la speranza".








