Post season, ecco il regno del silenzio

Dagli infortuni "misteriosi" allo stop di video negli allenamenti. Con Luca Righetti abbiamo cercato ci capire come cambierà la strategia comunicativa dei club nelle prossime settimane
LUGANO – Archiviate le cinquanta partite di regular season, da domani comincerà un nuovo campionato, con nuovi obiettivi e nuove regole. E non solo in pista. Con l’inizio di playoff e playout praticamente ogni club modificherà infatti sostanzialmente il proprio modo di mostrarsi. Non agli occhi dei tifosi, sempre coccolatissimi, quanto più che altro a quelli degli avversari...
Le comunicazioni, i contatti “esterni” degli atleti, l’”esposizione” degli allenamenti… tutto verrà limitato al minimo. Giusto? Sbagliato? Abbiamo cercato di capire cosa spinge le società a cucirsi la bocca.
“Diciamo che si tenta di tutelare i giocatori – è intervenuto Luca Righetti, Responsabile della comunicazione per il Lugano – in queste settimane essi saranno sottoposti a grande stress e a trasferte stancanti. Per tentare di lasciarli tranquilli, di farli rendere al meglio noi, come molti altri club, abbiamo regolato numero e modalità delle interviste”.
Le trasferte... Ginevra non è proprio dietro l’angolo.
“Quest’anno abbiamo pensato di garantire il ciclo del sonno degli atleti. Per questo motivo i nostri non faranno, al termine di un match lontano da casa, le cinque-sei ore canoniche di viaggio. Il tragitto in bus sarà diviso in due parti. Un’ora o qualcosa del genere dopo un incontro e il resto la mattina seguente. Magari così si riuscirà a rendere meno pesante lo spostamento”.
Il giro di vite dei club prevede il divieto di filmare gli allenamenti.
“Questo lo facciamo anche noi. Diciamo che si tenta, nei limiti del possibile, di non favorire gli avversari. D’altronde ci troveremo a sfidare lo stesso rivale per molte volte in breve tempo. Riuscire a evitare, per esempio, di far sapere a McSorley come prepariamo il powerplay può fare la differenza”.
Una curiosa abitudine da post season è quella di rimanere vaghi in merito ai guai fisici dei giocatori. Un atleta che si fa male a una spalla è, per tutti, infortunato alla parte superiore del corpo. È la Lega a specificare come comportarsi?
“No di certo, sono regole… non scritte. Non si pensa – o almeno non lo si vuol fare - che gli avversari possano partire cercando di colpire apposta un tuo giocatore, di approfittare di un suo problema. Però, per evitare qualsiasi preoccupazione, si evita di essere precisi sullo stato di salute dei ragazzi in rosa”.
Come si dice: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Ma qual è l'imposizione più strana con la quale ti sei trovato a fare i conti?
“Una introdotta da Del Curto anni fa con Hiller e Genoni e che poi è divenuta consuetudine. Noi, per esempio, adesso lo facciamo con Elvis (Merzlikins, ndr): quella di non permettere ai giovani di essere raggiungibili dalla stampa durante tutta la post season. Per loro le dichiarazioni e le interviste sono vietate”.
Per far sì che non perdano la concentrazione?
“L’altalena di emozioni, in questa parte di stagione, non è producente. E i giovani, più che quelli che hanno maturato esperienza, sono soggetti ad alti e bassi. Lodi dopo una buona prestazione e critiche dopo un match andato male potrebbero distrarli. E vogliamo che questo non succeda”.



