Dragan Mihajlovic indica la via: «Promozione? Non manca tanto...»


Il capitano del Bellinzona Dragan Mihajlovic: «Insulti allo stadio? Da papà, con i miei figli in tribuna, non è una cosa bella».
«Da quello che si sente, il club è in vendita, ma di gente locale pronta a investire nell'ACB non ce n'è, perché tutti sanno che nel calcio si perdono soldi. Teniamoci stretto chi ha deciso di adoperarsi per la causa granata»
Il capitano del Bellinzona Dragan Mihajlovic: «Insulti allo stadio? Da papà, con i miei figli in tribuna, non è una cosa bella».
«Da quello che si sente, il club è in vendita, ma di gente locale pronta a investire nell'ACB non ce n'è, perché tutti sanno che nel calcio si perdono soldi. Teniamoci stretto chi ha deciso di adoperarsi per la causa granata»
BELLINZONA - Dragan Mihajlovic è uno dei pilastri di un Bellinzona che nel weekend scorso ha centrato la matematica salvezza, archiviando una stagione costellata da alti e bassi, oltre che da problematiche di vario genere. Aver mantenuto il posto in Challenge League è senza dubbio una liberazione per i granata, che ora - licenza permettendo - possono cominciare a pianificare il prossimo campionato, sperando che all'ombra dei Castelli si addensi qualche nuvola in meno rispetto a quanto è successo quest'anno.
«Per come si erano messe le cose, calcolando anche i punti di penalizzazione in sospeso, possiamo dire che ci siamo tolti un peso - ci ha detto il capitano granata Dragan Mihajlovic - La stagione avrebbe potuto prendere una piega peggiore, ma siamo stati bravi a rimetterci in carreggiata, raggiungendo la salvezza».
Da quando è arrivato Sannino, le cose sono decisamente cambiate...
«Sì, con lui abbiamo invertito la rotta. Dall'esterno tutti lo reputano un allenatore tosto e duro. Vi dico però che ha un grandissimo cuore. Sono rimasto piacevolmente impressionato, ha mostrato un lato molto umano. È una persona che dà veramente tutto alla causa, ha una grandissima energia e personalità. Da quando è arrivato, tutti hanno rimesso i piedi per terra concentrandosi al 100% sul proprio ruolo. Prima giocavamo cercando di proporre un calcio di possesso, perdendo però allo stesso tempo alcuni fondamentali, come la compattezza e l'essere uniti in campo. Elementi che ci sono costati molti punti».
In vista della prossima stagione - per evitare passaggi a vuoto - quali correttivi bisognerà apportare?
«Il campionato è una maratona a cui devi prepararti bene per arrivare pronto. Noi non abbiamo svolto bene questa fase della stagione e così facendo è logico andare forte solo a sprazzi. Se l'anno prossimo vogliamo affrontare bene la maratona, dovremo necessariamente prepararci meglio... È solo così che potremo trovare la continuità di rendimento. In campionato non servono gli sprint, se poi rovini tutto con delle fasi in cui la squadra non è al top. Se guardiamo bene, quest'anno, dopo la sosta invernale, abbiamo infilato un filotto di risultati che ci ha fatto perdere contatto con le prime della classe. Ciò significa che durante la pausa non abbiamo lavorato bene».
Non sempre, però, nel calcio sono soltanto i soldi a fare la differenza...
«Esattamente. Prendiamo l'Etoile Carouge: con mezzi limitati, il campo peggiore della Challenge League, ma con una struttura organizzata, sta portando a termine una stagione incredibile. Per l'anno prossimo il top sarebbe mantenere uno zoccolo duro, inserendo allo stesso tempo qualche giovane interessante. Cambiare tanto in estate non è sempre positivo e secondo me concedi immediatamente un gap nei confronti delle rivali. Quando li abbiamo affrontati, quest'anno, non mi sono mai sentito molto inferiore a Thun e Aarau. Motivo per il quale, a mio avviso, non ci manca poi così tanto per essere lì a lottare per la promozione. Bisogna solo volerlo».
Avete potuto anche approfittare dei 14 gol di Nivokazi, secondo nella classifica marcatori alle spalle di Caddy...
«Nivokazi è pronto per la Super League, se la meriterebbe. È un professionista d'oro, umile e un gran lavoratore. In carriera ha avuto un po' di sfortuna con gli infortuni, ma ora ha dimostrato che vale qualcosa in più della Challenge. Anche Ilan Sauter, secondo me, è pronto per il salto di categoria».
L'anno prossimo vestirai ancora granata?
«Siamo d'accordo che a stagione conclusa ci sederemo a un tavolo, anche a seconda di come andranno le cose in merito alla licenza, che mi auguro possano risolversi per il meglio. Ad ogni modo, da entrambe le parti, c'è la volontà di proseguire insieme: io qui sto bene e la mia idea è di chiudere la carriera a Bellinzona, dove tutto è iniziato. Il mio sogno era quello di tornare e di salire in Super League».
Quanto ti dispiace vedere ACB e Comune bisticciare continuamente?
«Sicuramente dispiace tanto. Per noi giocatori non è facile estraniarsi, le voci e gli screzi li sentiamo. Ci sono diverse situazioni che non sono ideali: appena piove, ci chiudono i campi e dobbiamo allenarci sul sintetico. Inoltre il campo principale non sempre è a nostra disposizione. Queste incomprensioni, solo per citarne un paio, danno un po' fastidio».
È però la disaffezione del pubblico la cosa che più fa male?
«Io, che Bellinzona la conosco molto bene, posso dire che nella nostra città c'è sempre stato grande attaccamento per il calcio. Sarebbe bello ritrovare entusiasmo e serenità».
I tifosi ce l'hanno con chi si trova sul ponte di comando...
«Bentancur ci mette i soldi ma bisogna sapere che non ha a disposizione i mezzi di altre realtà, come Thun e Aarau. O come lo Xamax, che ha gli stessi punti nostri. A livello economico non è così semplice rimanere a galla in Challenge League ed è per questo che trovo si stia facendo un buon lavoro a Bellinzona. Non c'è un afflusso di gente che permette alle società di sostenersi, non ci sono gli sponsor pronti a iniettare denaro. Le proprietà ci mettono del loro per tenere in piedi la baracca. Da quello che si sente, il club è in vendita, ma di gente locale pronta a investire nell'ACB non ce n'è, perché tutti sanno che nel calcio si perdono soldi. Teniamoci stretto chi ha deciso di adoperarsi per la causa granata».
Qual è la ricetta affinché a Bellinzona torni il piacere di andare allo stadio?
«Bisogna tornare a vivere il calcio come uno sport popolare, dove anche i ragazzi del settore giovanile si sentano parte integrante del club e si immedesimino nella prima squadra. I miei figli, di 7 e 5 anni, sono sempre allo stadio a vedere le partite, ma sentire insulti e cori immancabilmente non è il massimo... E, da papà, non è una cosa che mi piace molto. Tutti devono fare un passo indietro e pensare solo e soltanto al bene dell'ACB. Solo così Bellinzona potrà tornare a vivere il calcio come eravamo abituati».




