Noi, sempre meno qualificati. E gli italiani sempre di più
Non solo operai: manager, sviluppatori di software, ingegneri sono reclutati altrove. I titoli di studio degli stranieri sono sempre più elevati, i ticinesi deludono: tanto ci sono loro
LUGANO - La prima notizia, di per sé, è di quelle preoccupanti e già sentite. In Svizzera, le imprese piccole e medie fanno davvero fatica a trovare le persone che cercano. Non i muratori, le commesse, gli operai generici. Gli ingegneri, i manager, i tecnici qualificati; gli informatici, i programmatori, gli sviluppatori di software. Il 56% lamenta carenze, il 25% – ben 90mila aziende – ne soffre in maniera «acuta».
Ticino in controtendenza: il personale c'è (ma dove?) - La seconda notizia, invece, è più originale e in apparenza lieta: in Svizzera italiana, molto meno. Il Ticino è il cantone dove le difficoltà di reclutamento sono inferiori in assoluto, 40% invece del 64% delle zone centro-orientali. Motivi? «Svariati». Un po' dipende dalla differenza fra città e campagna. Un po', anzi di più, dai frontalieri.
Ci pensano i frontalieri - «Il frontalierato incide in modo importante», ammette Sara Carnazzi Weber, capo settore svizzero e analisi regionale di Credit Suisse, autore di uno studio sui "Fattori di successo delle Pmi" che inevitabilmente si concentra sui loro problemi. «Nei comuni con una quota di frontalieri superiore al 20% si nota come la percentuale di imprese con difficoltà di reclutamento cali al 44%, dal 63% per le pmi attive in comuni con meno dell'1% di frontalieri. Le zone di frontiera hanno accesso a un bacino di forza lavoro più ampio. Il risultato ticinese è d'altronde molto simile a quello dell'Arco del Lemano, in particolare Ginevra».
Così non ci diamo più da fare - Ma è il risvolto meno noto di un fatto più o meno conclamato, oggi, ad allarmare. Il Ticino è il cantone più deluso, quando va in cerca di gente del posto. Il più insoddisfatto del sistema scolastico, della preparazione dei suoi ragazzi. Come si spiega? La disponibilità di personale adeguato che viene da fuori rende meno urgente puntare sulla formazione. E in qualche modo «frena la spinta a investire sul capitale umano».
Titoli di studio sempre più elevati fra i dipendenti immigrati - Ecco perché l'economia ticinese annaspa più di altre: perché qui un po' ci si siede sugli allori, convinti di poter trovare altrove quello che in casa non c'è. Italiani pendolari, ma anche più generici immigrati, in possesso di titoli di studio sempre più elevati. Negli anni Novanta, ii laureati non erano neanche il 20%; fra il 2011 e il 2014 sono saliti al 54%. «Si nota come il livello di qualificazione dei frontalieri negli ultimi anni sia aumentato notevolmente», riconosce Sara Weber.
Pochi apprendistati e opportunità di perfezionamento - I nostri, invece, deludono. Le aziende non si sprecano nell'offrire opportunità di perfezionamento ai collaboratori o posti di apprendistato ai giovani, le scuole lasciano insoddisfatta la maggioranza dei datori di lavoro. Qui ben sei imprese su dieci giudicano inadeguato il sistema scolastico, a fronte di 3 o 4 – a seconda delle regioni – nel resto della confederazione: il 50% in più. È vero che il 62% di tutti gli intervistati in Svizzera ritiene che il sistema d’istruzione elvetico sia «piuttosto o molto orientato» alle esigenze della loro azienda «in termini di personale specializzato»; una media che però è il Ticino, sia pur con le sue modeste dimensioni, ad abbassare di netto.



