"Quando una ragazza bianca si butta nelle braccia di un uomo nero capisci che qualcosa non va"

Parla Charles Ramsey, l'uomo che ha liberato le tre ragazze sequestrate in Ohio. Sulla vicenda, intanto, restano numerosi gli interrogativi
NEW YORK - "Quando una ragazza bianca si butta nelle braccia di un uomo nero capisci subito che qualcosa non va". Sono le parole di Charles Ramsey, l'uomo che ha liberato le tre ragazze, sequestrate poco più che adolescenti, a Cleveland, Ohio, non lontano da dove erano sparite.
Il ritrovamento - Ramsey racconta alle tv locali che stava mangiando un panino quando, passando per caso davanti alla casa-prigione, ha visto una donna che cercava disperatamente di forzare la porta d'ingresso per uscire. La donna era Amanda Berry e le grida provenivano da un'abitazione sita in Seymour Avenue, una via nella parte occidentale di Cleveland con due file di casette. Qui, dopo il ritrovamento delle tre ragazze sparite 10 anni fa, la strada ora è gremita di folla, tra chi esulta e chi impreca contro il "mostro".
Le ragazze, infatti, erano tenute segregate da un autista di scuola bus, Ariel Castro, 52enne finito in manette assieme ai suoi due fratelli. Questo mentre le vittime, che fortunatamente stanno bene, sono in ospedale per un lungo recupero.
Il giallo - Ciò che sorprende, e che fa sì che la vicenda continui a vestire le fosche tinte di un giallo, è il fatto che nessuno si sia mai accorto della presenza delle tre donne e del bambino, trovato assieme a loro, che ha sei anni.
Castro, da tempo separato dalla moglie, entrava infatti dal retro dell'abitazione e usava tenere le tende abbassate e la casa al buio. Impossibile insomma sbirciare all’interno.
Eppure una vicina racconta che l’uomo riceveva ogni tanto la visita di sua figlia. E a questo punto ci si chiede: anche lei era all’oscuro? Dove venivano tenute le ragazze durante queste visite? Come mai non hanno cercato di scappare prima d'ora?
Domande, queste, a cui la polizia dovrà ora rispondere. Ma proprio le forze dell'ordine dovranno giustificarsi pure per non aver indagato a dovere sulle sparizioni liquidate, all’inizio, come fughe volontarie. Questo perché almeno due delle rapite avevano dei problemi con le rispettive famiglie.
Le ragazze scomparse - Di Michelle si erano perse le tracce nel 2002 nei pressi della sua abitazione. Amanda, invece, l’avevano vista all’uscita del fast food dove lavorava, era il 21 aprile del 2003, alla vigilia del suo diciassettesimo compleanno. Quanto a Gina era scomparsa mentre tornava a casa da scuola: era il 2 aprile 2004, all’epoca aveva 14 anni. In seguito c’erano state numerose segnalazioni e anche un paio di arresti ma le indagini non avevano permesso di scoprire elementi importanti. Piste rivelatesi infondate. I genitori, però, non avevano perso del tutto la speranza e avevano battuto ogni strada possibile. La mamma di Amanda, ammalatasi gravemente, ha combattuto fino alla fine per ottenere la verità sulla figlia, ma nel 2006 le sue condizioni sono peggiorate ed è deceduta. Una fine attribuita dai parenti al dolore profondo.
Il rapitore - Sul rapitore, intanto, si sa solo che oltre a guidare gli scuolabus, suonava il basso in un band e si esibiva nei locali della zona. Uno di questi era di proprietà dello zio di Gina e alcune testimonianze sostengono che il rapitore conoscesse la sua famiglia. Nella sua fedina penale compare pure una denuncia per violenze tra le pareti di casa nel 1993, un anno dopo da quando si era trasferito in Seymour Avenue.




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