Decine di migliaia di palestinesi hanno potuto fare ritorno a Gaza dopo 15 mesi: «È come essere stati resuscitati».
GAZA - Biblico è probabilmente l’aggettivo che più si avvicina nel descrivere le immagini delle decine di migliaia di cittadini palestinesi in cammino sul corridoio di Netzarim, diretti a Gaza. Diretti a casa.
Un fiume umano. Un vero e proprio esodo, tra le macerie, verso le regioni a nord della Striscia; per la prima volta da quando la guerra è esplosa nell’enclave, dopo la scintilla del 7 ottobre 2023. «Quello che conta più di tutto è che siamo tornati», ha raccontato una donna ad Al-Jazeera. Il viaggio? «Lungo, ma felice». La gioia tra la folla è tanta. Lo testimoniano le foto. C’è chi sorride e chi si getta al suolo in ginocchio, sollevando le braccia al cielo in segno di vittoria per la tregua tanto attesa.
In molti non hanno più una casa ad attenderli. D’altronde a Gaza sono macerie e polvere ad aver reclamato una sorta di monopolio dello scenario, martoriato a suon di bombe e artiglieria. Ma in questo momento pare l’ultima delle preoccupazioni. La mia casa, ha raccontato uno dei tanti sfollati ai microfoni dello stesso network arabo, «la ricostruirò, mattone su mattone». «Non riesco neanche a descrivere quello che sto provando. È un giorno di festa, è un po’ come se fossimo stati resuscitati e ora stessimo entrando in paradiso».
A “sorvegliare” l’esodo verso Gaza ci sono le autorità di Israele. E dai militari dell’Idf è arrivato un monito diretto alle migliaia di sfollati. In breve: non avvicinatevi ai soldati israeliani e non cooperate con Hamas. Perché, citiamo, il trasferimento di armi o militanti sulle strade che conducono verso il nord della Striscia di Gaza «saranno considerate una violazione dell’accordo» che ha portato al cessate al fuoco. E sull’intesa è tornato a “sparare” Ben Gvir, ormai ex ministro del governo Netanyahu e leader dell’ultradestra israeliana, definendola «incosciente» ed etichettando il ritorno di massa a Gaza come una «resa totale» per lo Stato ebraico.