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REGIO INSUBRIA: Bruciò un dipendente: "Ma fu una disgrazia e chiedo perdono"

Cosimo Iannece, l'imprenditore gallaratese che ha ucciso un muratore romeno gettandogli addosso benzina e appiccando poi il fuoco, davanti alle telecamere di RaiDue ha raccontato la sua versione dei fatti e si è detto disposto a risarcire i danni.
REGIO INSUBRIA: Bruciò un dipendente: "Ma fu una disgrazia e chiedo perdono"
Cosimo Iannece, l'imprenditore gallaratese che ha ucciso un muratore romeno gettandogli addosso benzina e appiccando poi il fuoco, davanti alle telecamere di RaiDue ha raccontato la sua versione dei fatti e si è detto disposto a risarcire i danni.
OGGIONA SANTO STEFANO. “E’ stata una disgrazia e chiedo perdono per quello che ho fatto. Sono disposto a risarcire tutti i danni anche se sono pieno di debiti”. Cosimo Iannece l’imprenditore di Oggiona Santo Stefano, in provincia di Varese, d...
OGGIONA SANTO STEFANO. “E’ stata una disgrazia e chiedo perdono per quello che ho fatto. Sono disposto a risarcire tutti i danni anche se sono pieno di debiti”. Cosimo Iannece l’imprenditore di Oggiona Santo Stefano, in provincia di Varese, detenuto con la pesante accusa di omicidio volontario per aver bruciato vivo un suo dipendente, davanti alle telecamere di RaiDue, ha chiesto questa sera perdono alla moglie di Ion Cazacu, il muratore romeno morto il 14 aprile scorso al Centro Grandi Ustioni di Genova per le gravissime ustioni al 90% del corpo riportate durante una violentissima lite con il suo datore di lavoro. Secondo l’accusa sostenuta dal Pubblico Ministero di Busto Arsizio, Giuseppe Battarino, Iannece, quella sera, avrebbe fatto letteralmente irruzione in quella specie di stamberga in cui viveva Ion assieme ad altri 3 connazionali, pagando (a testa) 600.000 lire al mese, detratte dallo stipendio quantificato in 10.000 lire ogni metro quadrato di opera edile realizzata. Fra i due nacque un acceso diverbio e l’imprenditore, ad un certo punto, avrebbe rovesciato addosso all’extracomunitario la benzina contenuta in una tanica da 5 litri che avrebbe portato con sé. Poi prese da una tasca un accendino ed appiccò il fuoco. Fin qui la ricostruzione del Magistrato fatta attraverso la testimonianza dei 3 compagni di Ion. Ma questa sera davanti alle telecamere della Rai, Cosimo Iannece, che solo l’altro giorno si era avvalso della facoltà di non rispondere ad alcune domane in merito alle nuove accuse di aver tentato di uccidere anche un altro straniero, non solo ha chiesto perdono alla moglie del povero muratore ma ha anche raccontato la sua verità: “Non avevo portato con me la benzina - ha detto - ma era già in casa di Ion, contenuta in una bottiglia. Spesso loro si procuravano nei cantieri della benzina. Da un po’ di tempo Ion era cambiato e non rispettava gli ordini di lavoro che gli venivano impartiti. Molto spesso mi chiedeva soldi in anticipo per spedirli alla moglie e alle due figlie, in un paesino della Romania. Qualche volta mi sono anche incazzato dicendogli che non gli avrei concesso altri anticipi. Prendeva 7/8 milioni al mese con i quali si arrangiava a pagare gli operai che “reclutava” di volta in volta. Non è vero che lo sfruttavo e che lo facevo lavorare in nero. Molto semplicemente l’ho aiutato in tutto e per tutto. Stavo aspettando di mettere a posto i permessi di soggiorno e poi lo avrei assunto in regola”. L’intervista andata in onda su RaiDue ha mostrato uno spaccato di realtà italiana fatta di sfruttamento e di lavoro nero nei cantieri edili della Lombardia. Una delegazione di sindacalisti, fra cui l’ex Segretario Provinciale della Uil di Lecco e già Segretario dell’Aler di Como, Ferdinando Lioi, ha condotto gli operatori televisivi in numerosi cantieri, pressoché tutti non in regola con il personale e le norme antinfortunistiche. Omertoso il clima emerso. Un muratore extracomunitario, Tarif, ha, però, raccontato del suo drammatico infortunio sul lavoro costato poche settimane fa la condanna a tre imprenditori edili del lecchese: “Mi era caduto in testa del materiale e i responsabili del cantieri mi rinchiusero in una roulotte, dove mi hanno trovato alcuni giorni dopo quelli del sindacato e mi hanno portato all’ospedale di Lecco in gravi condizioni”. Immagini di “manovali” che raggiungono ogni giorno Milano da Brescia, Padova, Rimini. “Manovali” che lavorano in nero e che hanno potuto costruirsi la propria villetta con parco e, in qualche caso, tanto di piscina. Una realtà contrapposta alle immagini della misera vita che fanno migliaia di extracomunitari approdati in Italia, dipinto come il Paese del Bengodi e che sognavano in un futuro migliore. Speravano di rifarsi una vita. Fu così per tre giovanissimi senegalesi che si erano perfettamente integrati nel mondo lavorativo e sociale del lecchese. Loro avevano trovato datori di lavoro che piansero al saperli trucidati dagli spietati assassini della “Uno Bianca”, i poliziotti Savi che seminarono il terrore in Emilia Romagna negli Anni ’80. Ion Cazacu, ha trovato un datore di lavoro che lo ha bruciato vivo e che davanti alle telecamere piange senza lacrime visibili. Ma a volte, si sa, non è il dolore visibile quello che uccide. “Quella sera - ha raccontato Cosimo Iannece - sono andato da Ion per mettere in chiaro alcune cose. Lui, ultimamente, era cambiato e quasi non mi rispettava più. Abbiamo cominciato a litigare e io ho preso dal tavolo una bottiglia con dentro della benzina. Volevo solo picchiargliela in testa. La bottiglia si è rotta inondando di liquido infiammabile il povero Ion che è caduto a terra vicino ad una stufetta. I suoi abiti hanno preso fuoco”. Ben diversa, dunque, la sua ricostruzione dei fatti. Resta, al di là della verità che solo il processo potrà stabilire, il fatto che Cosimo Iannece, è accusato di essere stato una sorta di “caporale”, di aver aperto moltissimi cantieri in tutta la Lombardia (una decina solo nel Comasco), di aver sfruttato facendoli lavorare a cottimo e in condizioni disumane decine di extracomunitari: romeni, albanesi, marocchini. E’ accusato di essere stato un padre padrone. Ma mica li frustava - si affretta a dire una figlia di Cosimo Iannece, accodandosi alla mamma che difende a spada tratta il marito rinchiuso in carcere. Sullo sfondo le urla da brividi che accompagnano le ultime immagini di un servizio tv che deve farci riflettere profondamente su quel sottobosco di sfruttamento e di abusi che centinaia, migliaia di imprenditori, medio-piccoli, hanno creato grazie anche ad una politica del falso pietismo servito solo a troppi politici scaldapoltrone per raggranellare qualche manciata in più di voti e poter sedere sull’alto scranno del potere. Restano le strazianti immagini di un funerale con modi e stili forse a noi incomprensibili. Le immagini agghiaccianti di Ion Cazacu in quella camera della Terapia Intensiva dove ha cercato di resistere per quasi un mese. Di una figlia, Alina, che guarda al cielo chiedendosi “Dio… perchü me lo hai portato via???”
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