Il prossimo 21 maggio andrà in scena un collegio pubblico a Bellinzona. L'obiettivo? Dare voce alle esigenze di chi si sente trascurato.
BELLINZONA - Prima il mancato riconoscimento del carovita per il 2024, poi i 13 aspiranti docenti di italiano precari che non troveranno alcun posto di lavoro finita la formazione. Ma anche un malcontento diffuso e un'emergenza scolastica che non trova, forse, il giusto riconoscimento nella politica.
Un vaso colmo? - Insomma, l'impressione è che ci si trovi di fronte a un vaso sempre più colmo pronto a debordare. Una saturazione che troverà sfogo a Bellinzona il prossimo 21 maggio durante l'evento "Collegio in piazza. Per la Scuola", organizzato dall'Associazione dei docenti delle scuole medie superiori (Adsms), l'ErreDiPi, il Movimento della scuola, l'OCST e il sindacato VPOD.
«L'idea è semplice: terremo un collegio docenti pubblico, di fronte alla seduta del Gran Consiglio», ci spiega Enrico Quaresmini, docente liceale e associato di ErreDiPi. L'obiettivo è portare davanti al Parlamento le testimonianze degli stessi docenti.
Troppe poche risorse - Le rivendicazioni? Risorse sufficienti, la revoca dei tagli approvati negli ultimi preventivi. Ma anche una riforma del sistema di abilitazione degli insegnanti. «Il tutto nasce dalla constatazione, abbastanza evidente per chi lavora nel mondo della scuola, di un disagio forte e di una chiara arrabbiatura da parte del corpo docente».
L'emergenza educativa, secondo Quaresmini, viene affrontata con gli stessi mezzi che i docenti avevano a disposizione trenta o quaranta anni fa. «Ma il mondo è cambiato radicalmente. I ragazzi sono sempre più in difficoltà, sempre più fragili perché sottoposti a mille stimoli».
Un mondo che cambia - E il messaggio che il collegio vuole far pervenire alla politica è chiaro: «Si continua a sostenere che la scuola funzioni bene, ma non è così. Le risorse non bastano più e bisogna intervenire con misure precise».
Il fatto che si formino 13 docenti di italiano per le scuole medie superiori e poi non si riesca ad aprire il concorso, «è sintomatico delle difficoltà della scuola. C'è qualcosa che non torna».
Docenti soli? - Ma non è tutto. «Abbiamo notato che molti docenti si sentono soli. Spesso non trovano il sostegno delle istituzioni». Inoltre, non è evidente chiedere aiuto. «Capita che le stesse direzioni colpevolizzino i docenti che cercano sostegno per una classe difficile da gestire. Un docente spesso ci riflette bene prima di chiedere una mano».
«Basti pensare alla preparazione di una verifica. Una volta bastava una versione ora invece una classe necessita magari quattro adattamenti diversi a seconda dei bisogni che ciascuno legittimamente ha e fa riconoscere».
Pochi investimenti nel futuro - L'emergenza educativa insomma si fa sempre più urgente eppure la sensazione è che le risorse per la scuola fatichino ad arrivare. Si tratta di un controsenso? «Certo, il Ticino è uno dei cantoni che investe meno (in proporzione al PIL) nel sistema educativo. Non solo dobbiamo opporci puntualmente ai tagli, ma dobbiamo chiedere una nuova visione, altrimenti marciamo sul posto».