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CANTONE«Fa molto male la solitudine di don Chiappini. A due passi dal vescovo. Dov'erano i confratelli?»

08.03.21 - 06:48
L'arciprete Feliciani si esprime sul caso. E sul celibato dice: «È più intrinseco ai monaci, che non ai preti»
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«Fa molto male la solitudine di don Chiappini. A due passi dal vescovo. Dov'erano i confratelli?»
L'arciprete Feliciani si esprime sul caso. E sul celibato dice: «È più intrinseco ai monaci, che non ai preti»
Quindi aggiunge: «È una libera scelta, ma non è giusto che i sacerdoti la vivano in solitudine»

CHIASSO - Più che una cultura del sospetto, la via crucis di don Azzolino Chiappini sembra rivelare un culto dell’indifferenza: «Possibile - si chiede don Gianfranco Feliciani - che nessuno di noi si sia accorto che c’era una difficoltà? Che questa donna avesse bisogno di particolari cure? A me ha fatto molto male venire a sapere che un prete e un uomo d’oro come lui fosse da solo. Io mi chiedo dov’erano i confratelli? Dove siamo stati noi?». Interrogativi, quelli scagliati dall’arciprete di Chiasso, che alla fine coinvolgono le responsabilità stesse della Curia. 

La vicenda è nota. Da una lato un prete che vive sotto lo stesso tetto con una donna e dall'altro l’inchiesta che lo accusa di un presunto sequestro di persona alla fine sfociata nel nulla. Un decreto d’abbandono che ha prosciolto un uomo abbandonato.

Quanto i sacerdoti possono sentirsi da soli di fronte al sospetto e al pettegolezzo? C’è una curiosità, a volte anche morbosa, del pubblico riguardo ai rapporti che un prete può allacciare con una donna? 
«A me non sembra di notare una forte curiosità da parte della gente - risponde don Feliciani -. Innanzitutto perché la Chiesa e i preti non rappresentano più questo grande segno dentro la comunità civile. Il campanile non è più al centro del villaggio. Oggi la società è talmente multireligiosa, multietnica, multi tutto e multi niente che ognuno si fa i fatti propri. E, in secondo luogo, siamo diventati forse più aperti. Mi sembra che in quest’ambito ci sia molto meno pettegolezzo di un tempo. Il pettegolezzo semmai si è accentuato su altri aspetti».

Può spiegarci su quali?
«L’attenzione si è accentuata, ed è giusto che sia così, sui soldi e la ricchezza, sul potere. Dà molto più scandalo un prete che è stato invischiato dentro affari poco puliti, rispetto ad una sua storia d’amore. Amare una donna non è mica peccato, amare i soldi fino a diventare ingiusto e cattivo, beh, questo è un peccato gravissimo. Dopodiché chiaramente a chi ha fatto una determinata scelta si chiede di essere coerente».

Chi vuole ricamarci, ci ricami, ha detto don Chiappini…
«A me sembra che il caso del nostro prete sia un po’ quello di un affetto, di una simpatia che può instaurarsi tra un uomo anziano e una badante. Sono convinto, e chiunque abbia onestà intellettuale ed equilibrio deve ammetterlo, che un’amicizia, anche intensa, tra un uomo e una donna possa esprimersi senza la genitalità».

È vero che il rapporto tra il prete e chi bada alle faccende domestiche ha una lunga storia.
«In passato c’era l’immagine letteraria di don Abbondio con Perpetua. Quello era una sorta di matrimonio bianco. La psicologia era quella sponsale con la donna che pensa anche alle calze e agli indumenti intimi del prete. Oggi l’immagine può essere quella di un uomo anziano e di una badante. Conosco casi in cui si instaura un rapporto affettivo nel senso più bello e platonico».

Quasi familiare. Come il rapporto di una madre che si prende cura di un figlio.
«Certo. Siamo onesti quanti amici della mia età, più in generale, mi confessano apertamente che con la loro sposa da tanto tempo non hanno più rapporti e nonostante ciò l’amore si intensifica. La sessualità è molto più ampia della genitalità. Perché conta la tenerezza e il calore umano».

Tra le disposizioni che devono rispettare i sacerdoti, come è regolata la figura, tramontata, della perpetua? Uno immagina che debba essere vecchia e brutta... 
«Una cosa che va detta. Oggi nella Chiesa viviamo una situazione anomala. L’anomalia sta nel fatto che il celibato non è in un rapporto intrinseco con l’essere prete. Perciò si potrebbero, speriamo, ordinare preti uomini sposati. In tutte le religioni il celibato è piuttosto insito nel monachesimo. Ma chiaramente è dettato dal fatto che non si possono portare mogli e figli nel monastero. Il monaco è un uomo celibe, ma i monaci guarda caso non vivono da soli, ma in comunità. Neanche Gesù, che era un uomo celibe, stava da solo. Quindi oggi è una situazione anomala il fatto che i nostri preti, che vivono il celibato come libera scelta, vivano da soli. Non è giusto».

In fondo si tratta di una solitudine quasi maggiore di quella vissuta dal monachesimo?
«Esattamente. Ecco perché sempre più si tende a unire nella pastorale più preti. Questo è il modello giusto. Il celibato si comprende dentro una fraternità di amici. Per questo mi fa molto male venire a sapere che don Chiappini fosse da solo. Una comunità di preti si accorgerebbe se uno fa fatica. È purtroppo mancata la fraternità di noi preti attorno a lui. Che il caso esploda per una segnalazione anonima, ma anonima di chi?, è molto strano. Se vedi una situazione anomala, avvisa il vescovo che sta a due passi. Invece interviene la polizia come se si trattasse di arrestare un orco. Questo è il nostro mondo».

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