Diego Glaus dell'Albergo Losone si fa ambasciatore di una misura per contenere la proliferazione dell'insetto. Il Cantone: «Non è la soluzione ideale»
LOSONE - Ce le avete presenti quelle piacevoli serate estive in giardino, magari all’insegna di un’invitante grigliata tra amici, che poi vengono però tragicamente rovinate da un’invasione di zanzare tigre? È una situazione che ormai si verifica sull’intero (o quasi) territorio ticinese, dove il fastidioso insetto è stato per la prima volta avvistato nel 2003. Ora la sua distribuzione interessa tutti i nostri fondivalle. E di anno in anno la lotta contro la sua proliferazione si intensifica, in particolare con inviti a non lasciare acqua stagnante nei giardini e trattamenti larvicida nei tombini. «Trattamenti costosi, che si potrebbero evitare con un buco» afferma però Diego Glaus, proprietario dell’Albergo Losone, che in un video si fa ambasciatore di una soluzione dal risultato, a suo dire, «immediato».
«In Ticino ci sono migliaia di tombini in cui ristagna dell’acqua» spiega Glaus, mostrando un contenitore pieno di larve prelevate da uno scolo di Losone. «La mia proposta - continua - è di bucare il fondo dei tombini per permetterne il prosciugamento durante i periodi di siccità». L’acqua piovana raccolta dagli scoli potrebbe quindi defluire nel sottosuolo. «Noi abbiamo adottato l’accorgimento sul nostro parcheggio, risolvendo così il problema, per sempre» sostiene.
Si tratta di un intervento che, a dire di Glaus, sarebbe di facile esecuzione nella maggior parte dei casi. Ed è una misura che - lo dice Eleonora Flacio, dottoressa in biologia e responsabile Vettori del Laboratorio di microbiologia applicata della SUPSI - era già stata proposta alle autorità cantonali. «Ma ci hanno risposto di no».
«Non è la soluzione ideale» afferma quindi Nicola Solcà, capo dell’Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo, spiegando che «praticando un foro nei tombini si fa defluire l’acqua in maniera differente rispetto a quanto previsto». E rende attenti anche sul fatto che nei tombini non finisce esclusivamente acqua piovana, ma anche eventuali sostanze inquinanti presenti sul manto stradale. «La questione andrebbe comunque valutata con un punto di vista a 360 gradi» conclude.