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SVIZZERA

«Non hanno valore costituzionale e la doppia maggioranza non serve», ma il Governo è spaccato in due

Sotto i riflettori, gli accordi bilaterali con l'Unione europea che stanno creando grandi tensioni e dubbi giuridici. Anche a fronte dell'ultima dichiarazione rilasciata da Martin Pfister
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Fonte NZZ
«Non hanno valore costituzionale e la doppia maggioranza non serve», ma il Governo è spaccato in due
Sotto i riflettori, gli accordi bilaterali con l'Unione europea che stanno creando grandi tensioni e dubbi giuridici. Anche a fronte dell'ultima dichiarazione rilasciata da Martin Pfister

BERNA - La recente comunicazione del Consiglio federale sull’introduzione di una giornata di orientamento dell’esercito per le donne ha messo in luce tensioni più profonde legate agli accordi tra Svizzera e Unione Europea. Stando a quanto riportato la Nzz, durante l'incontro con i media, il ministro della Difesa Martin Pfister è stato messo in difficoltà da una domanda volta a indagare il motivo per cui la giornata di orientamento richieda una votazione obbligatoria con doppia maggioranza (popolo e Cantoni), mentre gli accordi Ue - di portata ben maggiore - dovrebbero essere sottoposti solo a un referendum facoltativo, con sola maggioranza popolare.

Pfiste ha quindi risposto che per gli accordi con l'Ue si era deciso «sulla base della situazione giuridica, non politica». Un'affermazione che contraddiceva quanto detto dal capo del DFAE, Ignazio Cassis, qualche mese prima. Ovvero che «il Consiglio federale aveva rinunciato alla doppia maggioranza per ragioni politico-tattiche». Visibilmente irritato Pfister ha replicato «di non aver assistito alla conferenza stampa di Cassis». Un episodio che rivela l’incertezza comunicativa del governo, nonché le divisioni interne sul dossier europeo. A quanto pari infatti l'Esecutivo sarebbe spaccato in due. Da un lato Karin Keller-Sutter, Guy Parmelin e Albert Rösti avrebbero voluto sottoporre gli accordi con l’UE alla doppia maggioranza; mentre Pfister, Cassis, Elisabeth Baume-Schneider e Beat Jans hanno votato contro.

Sottovalutata la carica politica? - È probabile che il Consiglio federale abbia sottovalutato la carica politica della questione referendaria. Per Berna «gli accordi Ue non sono di rango costituzionale». Numerosi giuristi, però, contestano la posizione governativa. Tra questi Andreas Glaser, esperto zurighese di diritto costituzionale ed europeo. Secondo cui gli accordi incidono profondamente sull’ordine costituzionale svizzero e che dunque richiedono necessariamente la doppia maggioranza. Come era avvenuto nel 1992 per l'adesione allo Spazio economico europeo (SEE).

Individuati quattro aspetti problematici - Primo: il metodo di integrazione previsto obbligherebbe la Svizzera a recepire direttamente nuovo diritto europeo, riducendo drasticamente il margine d’azione del Parlamento, che non potrebbe più intervenire nel merito, ma solo accettare o respingere. Una trasformazione così rilevante, sostiene, deve essere sancita nella Costituzione. Secondo: l’indipendenza del Tribunale federale risulterebbe minacciata dal ruolo del tribunale arbitrale previsto dagli accordi, che potrebbe di fatto entrare in conflitto con le sentenze dell’alta corte svizzera. Terzo: la creazione di una nuova autorità federale per la sorveglianza sugli aiuti di Stato dei cantoni richiederebbe un’esplicita base costituzionale, oggi assente. Quarto: la prevista estensione della libera circolazione delle persone risulterebbe incompatibile con l’articolo costituzionale sulla gestione autonoma dell’immigrazione, che dovrebbe essere modificato.

Queste considerazioni giuridiche arrivano alle soglie di un dibattito parlamentare, destinato a essere acceso. Nel Consiglio nazionale una maggioranza composta da sinistra, liberali e parte del Centro sembra orientata a rinunciare alla doppia maggioranza. Più incerta è la situazione nel Consiglio degli Stati, dove diversi esponenti del Centro e del PLR si sono espressi chiaramente a favore della doppia maggioranza, appoggiati dall’UDC. Resta irrisolta la domanda su quale Camera avrà l’ultima parola in caso di divergenza.

L'ultima parola agli elettori - In prospettiva, però, Glaser suggerisce che la disputa sulla doppia maggioranza potrebbe rivelarsi meno decisiva di quanto appaia oggi: il giudizio finale spetterà comunque agli elettori, e una decisione popolare chiaramente orientata in un senso o nell’altro potrebbe rendere retrospettivamente esagerata l’attuale concitazione politica e mediatica.

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