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SVIZZERA"Rischio schedature di massa", lanciato il referendum contro la Legge sul Servizio informazioni

28.09.15 - 15:53
La raccolta delle 50mila firme necessarie incomincerà agli inizi di ottobre, con scadenza il 16 gennaio
"Rischio schedature di massa", lanciato il referendum contro la Legge sul Servizio informazioni
La raccolta delle 50mila firme necessarie incomincerà agli inizi di ottobre, con scadenza il 16 gennaio

BERNA - Grazie alla possibilità di agire preventivamente sulla base di supposizioni, gli estesi poteri concessi ai servizi segreti trasformano il singolo cittadino in un potenziale sospetto, aprendo in questo modo la porta a una sorveglianza di massa di milioni di persone innocenti. Ne è convinta l'Alleanza contro lo Stato ficcanaso che ha lanciato oggi il referendum contro la Legge sul Servizio informazioni (LSI) appena approvata dal Parlamento dopo una gestazione durata anni.

La raccolta delle 50 mila firme necessarie incomincerà agli inizi di ottobre con scadenza il 16 di gennaio. Secondo il comitato promotore - di cui fanno parte Verdi e Gioventù socialista, cui potrebbero aggiungersi anche il Partito socialista, sindacati, associazioni per la difesa dei diritti umani (dirittifondamentali.ch) e il Gruppo per una svizzera senza esercito - la LSI erode in maniera massiccia la sfera privata, col rischio di sfociare in un'inutile sorveglianza di migliaia di persone.

Il fatto di partecipare a una manifestazione o di portare una barba un po' folta potrebbe diventare pretesto per una sorveglianza preventiva di conversazioni telefoniche, email, computer.

Servizi segreti fuori controllo - Per Fabian Molina, presidente di Gioventù socialista, il caso Snowden dimostra che, grazie agli attuali sistemi di sorveglianza, possono essere controllate milioni di persone preventivamente. "Solo i servizi segreti britannici - ha spiegato - nel 2013 hanno controllato 600 milioni di collegamenti telefonici al giorno".

I servizi segreti, ha aggiunto, "hanno tendenza ad andare oltre gli obiettivi prefissati, e ciò nonostante leggi severe che ne dovrebbero controllare le attività, come accaduto con scandalo delle schedature del 1989 in Svizzera e, più recentemente, nel 2010, quando si è scoperto che migliaia di persone erano ancora sotto controllo". Da allora ci è stato detto che azioni di sorveglianza così estese non si sarebbero ripetute, ha spiegato Molina.

A parere di quest'ultimo, nonostante i paletti posti dal Parlamento alla nuova legge, "nulla ci assicura che ciò non accadrà di nuovo". La possibilità di introdursi in ambienti chiusi, di sorvegliare le comunicazioni di ogni sorta, anche dei segnali via cavo per i flussi di informazioni in partenza dalla Svizzera, non lascia ben sperare. A detta del presidente di Gioventù socialista, inoltre, la possibilità di eseguire infiltrazioni informatiche all'estero e di scambiare dati con altri servizi segreti viola la neutralità.

Lotta al terrorismo, leggi attuali bastano - Per i consiglieri nazionali Regula Rytz (Verdi/BE) e Jean-François Schwaab (PS/VD), la LSI rappresenta una rottura fondamentale col passato, un attacco senza precedenti ai diritti fondamentali, come è stato più volte denunciato durante i dibattiti in Parlamento, dove la maggioranza ha purtroppo fatto proprio l'adagio "il fine giustifica i mezzi" nel nome della lotta al terrorismo.

Stando alla copresidente dei Verdi, inoltre, già ora il Ministero pubblico della Confederazione ha la possibilità di avviare un'inchiesta in caso di sospetto terrorismo, ma non sulla base di semplici supposizioni. I mezzi concessi al Servizio delle attività informative (SIC) sono a suo avviso sproporzionati, degni della Guerra fredda.

Secondo Rytz, inoltre, non vi sono certezze che le informazioni raccolte dal SIC vengano effettivamente trasmesse agli inquirenti e che possano essere utilizzate in un procedimento. "Tutto questo potere di sorveglianza per una decina di casi all'anno, come sostenuto nel plenum dal ministro della difesa Ueli Maurer, rischiano di provocare inchieste inutili che non portano a nulla", ha concluso.

"Non mi fido dei servizi segreti", ha invece sostenuto Schwaab. A suo parere, "non è abbandonando i nostri principi che credevamo intangibili, come la protezione della sfera privata da intrusioni preventive, che si prevarrà contro il terrorismo". La sorveglianza di massa condotta in altri Paesi, inoltre, "non mi sembra che abbia rassicurato la popolazione né che abbia impedito altri attentati, come dimostra quanto accaduto a Parigi con Charlie Hebdo e altrove".

"Paletti" non eviteranno abusi - Secondo Viktor Györffy, presidente di dirittifondamentali.ch, la possibilità di sorveglianza delle comunicazioni via cavo condurrà inevitabilmente alla massiccia violazione dei diritti fondamentali. Ciò vale anche per l'uso di software spia - i cosiddetti Cavalli di Troia - ha spiegato.

Quanto alla necessità di consultare un giudice per poter procedere a questo genere di sorveglianza, "un eventuale nullaosta non è sinonimo di garanzia del rispetto dei diritti fondamentali". "Il magistrato non può verificare la fondatezza di determinati sospetti visto che la persona interessata non viene sentita", ha sottolineato. D'altronde, ha aggiunto, "anche la NSA si è sempre giustificata sostenendo di aver operato sempre con l'autorizzazione di un giudice".

Per l'informatico Simon Gantenbein dell'associazione "Digitale Gesellschaft ("Società digitale"), poiché la maggior parte delle attività svizzere in Internet transitano da un paese terzo, tutti sarebbero toccati da questa sorveglianza. Il SIC avrebbe accesso non solo ai metadati, ma pure al contenuto integrale delle comunicazioni elettroniche come e-mail, ricerche on-line, telefonia via Internet, cloud.

Il referendum, ha sottolineato, è particolarmente benvenuto, poiché susciterà un dibattito pubblico sull'utilità di questo tipo di sorveglianza e sui pericoli inerenti questo tipo di attività.

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