Cerca e trova immobili

SVIZZERA"Il cane e il freddo hanno mandato Luca in coma"

26.01.12 - 12:01
La giustizia vallesana si difende nell'attesa conferenza stampa di Sion. La reazione della vittima: "Sono stato spogliato e picchiato da persone cattive"
Foto Keystone Olivier Maire
"Il cane e il freddo hanno mandato Luca in coma"
La giustizia vallesana si difende nell'attesa conferenza stampa di Sion. La reazione della vittima: "Sono stato spogliato e picchiato da persone cattive"

SION – Un altro pugno allo stomaco per Luca Mongelli e per la sua famiglia. La giustizia vallesana non fa alcun passo indietro: a mandare in coma il ragazzo, la sera del 7 febbraio 2002 a Veysonnaz, è stato il suo cane Rocky. Punto. Dall’attesa conferenza stampa di Sion non trapela nulla di nuovo, nessun ‘mea culpa’ da parte di chi ha condotto le indagini. Per sperare ora ci si aggrappa alle parole del procuratore generale Jean-Pierre Gross: “Nei casi di gravi violenze, il termine di prescrizione non è di 10 anni, ma si prolunga fino al giorno in cui la vittima compie i 25 anni. Nel caso specifico fino al 22 novembre del 2019. Noi faremo di tutto per trovare la verità”. E il giudice Nicolas Dubuis aggiunge a sorpresa: “La famiglia Mongelli chiede di riaprire il caso? Il caso è già riaperto. Sì, dal momento in cui si è deciso di istituire un esperto che analizzi il disegno di Marco, il fratellino di Luca, che avrebbe assistito ai fatti”.

I dati dell’inchiesta - Ministero pubblico di Sion. Sul piazzale all’esterno ci sono Luca, i suoi famigliari, e un centinaio di simpatizzanti indignati. Tra questi personalità come il consigliere nazionale Oskar Freysinger o l’editore Slobodan Despot. All’interno del palazzo, davanti a una nutrita schiera di giornalisti si presentano in tre. Dubuis, il medico esperto Patrice Mangin e lo stesso Gross. Tutti e tre si dimostreranno molto abili nel difendersi dalle frecciate della stampa. A volte suscitando parecchie perplessità. Secondo Mangin ad esempio il fatto che Luca sia stato trovato nudo sulla neve avrebbe una spiegazione precisa: il ragazzo si sarebbe svestito per liberarsi dai morsi del cane. E mentre Gross parla di un’inchiesta condotta a regola d’arte (“Non c’è motivo di togliere il caso a Dubuis”) ed esclude qualsiasi complotto medico al pronto soccorso di Sion, Dubuis spiega: “Malgrado le nostre ricerche, non siamo riusciti a determinare la presenza di terze persone sul luogo del dramma. Luca si è espresso sui fatti, dopo essere uscito dal coma. I medici hanno deciso che purtroppo non ci si poteva basare sulle sue parole. Il piccolo Marco nelle sue primissime dichiarazioni faceva riferimento a un cane. Questo è più attendibile. Non è escluso l’intervento di terzi. Però non ci sono tracce”.

Condizioni estreme - Mangin si sbizzarrisce: “Sul corpo di Luca sono state trovate tracce del dna di Rocky. Ci sono anche segni che possono ricondurre a dei morsi. Se Luca fosse stato effettivamente flagellato da alcuni ragazzi, le ferite sarebbero state di altro tipo. Non si può parlare di vera aggressione da parte del cane, ma più che altro di un’interazione tra l’animale e la vittima. Il vero problema è che tutto questo si è svolto in pieno inverno, al freddo, in montagna. Condizioni molto dure che hanno peggiorato la situazione”. Rocky qualche tempo dopo la tragedia ha cambiato padrone ed è stato soppresso. “Ma non siamo stati noi a ordinare la sua morte – fa notare Gross –. Il nuovo proprietario non accettava il fatto che quel cane potesse essere un potenziale assassino”.

Presunti colpevoli - Sui presunti aggressori  (tre fratelli di Losanna e un ragazzo di Sion) indicati da Fred Reichenbach, l’investigatore della famiglia Mongelli, Gross ha poco da dire: “Li abbiamo interrogati. Così come le loro famiglie. Abbiamo pure messo sotto controllo i loro telefoni. Il direttore della loro scuola inoltre ci ha confermato che erano in sede il giorno del dramma”. Il fatto che i loro nomi sarebbero stati cancellati con il tipp-ex dal foglio delle assenze evidentemente non va considerato. “Ci basiamo su quanto ci assicura il direttore della scuola”. 

La reazione di Luca - Terminata la conferenza stampa, Luca Mongelli, oggi diciassettenne, cieco e in sedia a rotelle, parla davanti ai giornalisti. È deluso e affranto. “Continuate a dire che è stato un cane. Dimostratemi perché. Io vi dico chiaramente che ciò che la polizia sostiene non è vero. Nessuno di voi ha né visto né sentito nulla”. Lo sfortunato giovane, oggi iscritto al liceo di Giovinazzo (Bari), rievoca la sua versione dei fatti: “Ero tranquillo quel giorno, con il mio cane e mio fratello, stavamo giocando. Poi sono arrivate queste persone cattive. Mi hanno spogliato e picchiato. Non potevo difendermi, ero in trappola. Pretendo di essere creduto”. Accanto a lui c'è la mamma: "Il procuratore non si è mai degnato di sentire Luca di persona. Le autorità vallesane non vogliono collaborare, è troppo difficile ammettere degli errori probabilmente, non so se un giorno si riuscirà mai a trovare i colpevoli. Spero che la giustizia italiana apra il dossier e faccia delle analisi approfondite"

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE