I giudici bocciano gli 007 del SIC: «La sorveglianza transfrontaliera non rispetta i diritti fondamentali»

Una sentenza del Tribunale amministrativo federale stabilisce che le esplorazioni radio e dei segnali via cavo, nella loro forma attuale, non rispettano la Costituzione federale
BERNA - Il sistema svizzero di sorveglianza della comunicazione transfrontaliera, così come attualmente applicato dal Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC), non rispetta le garanzie previste dalla Costituzione federale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo federale (TAF) in una sentenza di grande rilievo.
Il SIC raccoglie informazioni provenienti dall’estero tramite l’esplorazione radio e dei segnali via cavo, intercettando comunicazioni che attraversano il confine svizzero. Le comunicazioni interne al Paese, invece, non possono essere utilizzate.
L’associazione Digitale Gesellschaft, insieme a privati tra cui giornalisti e un avvocato, aveva denunciato la pratica definendola una forma di “sorveglianza di massa” lesiva dei diritti fondamentali. Già il Tribunale federale, nel 2019, aveva rilevato il rischio che anche i dati dei ricorrenti venissero trattati, rinviando la causa al TAF per una verifica approfondita sulla conformità del sistema ai diritti costituzionali e internazionali.
I criteri europei: sì alla sorveglianza, ma con solide garanzie - La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ammette, in linea di principio, l’adozione di sistemi di sorveglianza di massa per la sicurezza nazionale. Tuttavia, impone condizioni stringenti: autorizzazioni preventive indipendenti, sorveglianza continua da parte di un’autorità autonoma, rimedi giuridici efficaci che consentano un controllo successivo delle misure adottate.
Le lacune individuate dal Tribunale amministrativo federale (TAF) - Pur riconoscendo che alcune condizioni sono prevedibili e che l’esplorazione dei segnali via cavo necessita già oggi di un’autorizzazione giudiziaria indipendente, il TAF sostiene che il quadro normativo complessivo non offre garanzie sufficienti contro possibili abusi. Tra i punti critici evidenziati c'è l'assenza di meccanismi chiari che assicurino che il SIC elabori solo dati pertinenti, la mancanza di protezioni specifiche per le comunicazioni sensibili, come le fonti giornalistiche o il segreto professionale tra avvocato e cliente, l'insufficiente vigilanza indipendente sull’intero processo di acquisizione dei dati e l'assenza di rimedi effettivi per permettere alle persone coinvolte di contestare a posteriori la sorveglianza.
Il sistema, così come strutturato, risulta dunque incompatibile con la Costituzione federale e con la CEDU, e la violazione dei diritti fondamentali non può essere giustificata dal solo interesse alla sicurezza nazionale.
Sospensione evitata, ma solo per ora - In linea teorica, la sentenza imporrebbe la sospensione immediata dell’esplorazione radio e via cavo. Tuttavia, considerando che la legge federale sulle attività informative è attualmente in fase di revisione e riconoscendo l’importanza di questi strumenti per la sicurezza del Paese, il TAF concede al Parlamento un termine di cinque anni per adeguare il quadro giuridico.



