«Muscoli e cuore d’oro. La Chabal-mania? Viveva male la sua notorietà»


Per una fase stupida definita "sigarette e motorino" si è avvicinato tardi al rugby, ma Sébastien Chabal - coi suoi placcaggi duri e le sue incursioni - è diventato un Indimenticabile dello Sport
Luca Tramontin: «A Manchester, lontano dalla Francia e dalle rotture di scatole, era solo un omone con la barba e i capelli lunghi. Lì è diventato il grande Chabal».
Per una fase stupida definita "sigarette e motorino" si è avvicinato tardi al rugby, ma Sébastien Chabal - coi suoi placcaggi duri e le sue incursioni - è diventato un Indimenticabile dello Sport
Luca Tramontin: «A Manchester, lontano dalla Francia e dalle rotture di scatole, era solo un omone con la barba e i capelli lunghi. Lì è diventato il grande Chabal».
VALENCE - C’è un orco, c’è un popolo che lo ha amato e c’è una storia di successi partendo da umili origini, eppure non è una fiaba dei fratelli Grimm. I recenti sviluppi sono anche piuttosto lontani dal canonico lieto fine, con dichiarazioni che hanno riacceso il dibattito sulle conseguenze delle commozioni cerebrali. Questa è la storia di Sébastien Chabal, “The French Beast”, un gigante del rugby a 15 che è entrato di diritto tra gli Indimenticabili dello Sport.
Dalla fabbrica al professionismo
Nato a Valence nel 1977, Sébastien è figlio di un operaio di un'officina meccanica e di una commessa. A 9 anni assaggia per la prima volta il rugby, ma è a 16, col pretesto di stare in compagnia, che si lancia per davvero nella mischia aggregandosi al Beauvallon. Nel frattempo ottiene il diploma professionale in meccanica e comincia a lavorare come tornitore e fresatore. 114 kg per 191 cm non passano inosservati sui campi e i suoi placcaggi nemmeno. A vent’anni lascia il lavoro e firma col Valence Sportif il primo contratto da pro. Quasi immediato il passaggio al Bourgoin-Jallieu, da dove inizia la sua ascesa. Anni positivi in Patria lo portano al grande salto oltre la manica, col trasferimento ai Sale Sharks, nella Grande Manchester. Metterà in bacheca un titolo nazionale e una Challenge Cup, diventando tra i giocatori più rispettati d'Inghilterra.
«Chabal arriva dalla vera classe operaia, fa parte della cosiddetta “Proudly working class” - interviene l’ex rugbista Luca Tramontin - Al gioco si è avvicinato tardi per colpa di una fase che ha definito “sigarette e motorino”. Ha iniziato a 9 anni ma poi c’è un vuoto fino ai 16. Fattore che, a quei livelli altissimi, può lasciare dei buchi tecnici. Lui, da un certo punto di vista, aveva una mancanza di rugby. Se avesse avuto continuità a livello giovanile staremmo parlando di un giocatore ancora più forte».
La svolta con gli Squali
«È dal 2004 ai Sale Sharks che è migliorato a livello tecnico ed è esploso. Fuori dalla Francia, lontano dalle pressioni e dalle rotture di scatole… Gli hanno affiancato degli specialisti e degli analisti di gioco che lo hanno aiutato: lì è diventato il grande Chabal. Poi c’è un altro aspetto cruciale. Uno pensa a Manchester e si immagina una città di rugby. Ma attenzione, lì spopolava il rugby a 13, non a 15. C’è gente che non conosce nemmeno il regolamento del Sei Nazioni. Insomma ha trovato l’habitat ideale perché non era sotto i riflettori. E per lui, orrendamente timido, è stata una manna dal cielo. Per rendere l’idea quando andava a fare la spesa era solo un omone con la barba e i capelli lunghi».

Nazionale, Chabal-mania
Con la maglia della Nazionale, indossata 62 volte tra il 2000 e il 2011, ha conquistato due volte il Sei Nazioni. Si è fatto apprezzare ed è esplosa gradualmente una vera Chabal-mania, che ha toccato l’apice nel 2007, anno dei Mondiali in Patria. Se l’ambiziosa Francia ha mancato il bersaglio grosso – cadendo in semifinale con l’Inghilterra dopo l’exploit contro gli All Blacks –, per Sébastien il successo mediatico è stato totale. Canzoni, tifosi sugli spalti con parrucche e barbe finte, contratti e richieste pubblicitarie di ogni tipo anche negli anni a venire. Nel 2009 Clint Eastwood ha incontrato il suo agente per proporgli una parte nel film “Invictus”, ma il progetto non è andato in porto.

«Ricordo che all’epoca per intervistarlo era un problema - aggiunge Tramontin, ideatore della fortunata serie TV “Sport Crime” - Per noi ex giocatori, con cui si relazionava in modo diverso, era un conto, ma per altri non era semplice. Viveva male la sua notorietà. Per un timido come lui era una sofferenza. Anche per questo sono convinto che tenesse sempre quel look, come per nascondersi. Però era un ragazzo dal cuore grande e una persona mite. Vi racconto un aneddoto. Nel 2007 durante una partita a Wellington contro gli All Blacks fratturò la mandibola ad Ali Williams. Per un errore tecnico, un posizionamento sbagliato della testa. Dopo il match si era in un locale per il terzo tempo, ma Chabal non si dava pace e continuava a telefonare in ospedale per sincerarsi delle condizioni di Williams, poi costretto per quasi due mesi a nutrirsi da una cannuccia. Il neozelandese, scherzandoci su, gli disse che a quel punto avrebbe potuto creare una linea di “zuppe-Chabal”... Un prodotto che vista la sua fama avrebbe anche avuto un probabile successo (ride, ndr)».
Ultimi balli
Chabal ha chiuso la carriera in Patria anche con qualche polemica. Ai tempi del Racing Métro 92 rimediò 60 giorni di squalifica per aver criticato senza mezzi termini gli arbitri francesi e la Federazione. Sanzione poi ridotta in appello. I dissapori, anche col club, sfociarono però nella rescissione del contratto nel 2012. Gli ultimi due anni li passò al Lione centrando la promozione nella top-14, ovvero la massima divisione nazionale.
«Le cose che soffriva di più negli ultimi anni erano la schiena bassa e le interviste. Dal 2010 in poi è stato condizionato dai problemi crescenti alla schiena. Era diventato il tipico impact player, da ultimi 20 minuti. Portava sempre la palla in maniera eccezionale, ma non aveva completezza nel gioco e lì riemersero alcuni limiti tecnici. La famosa mancanza di rugby dai 9 ai 16 anni». Questa è la storia sportiva del nostro orco, ma oggi non siamo qui solo per quello. Alle luci della ribalta sono balzate alcune recenti confessioni, che hanno scioccato il mondo dello sport e del rugby.
Le amnesie
«Non ricordo nemmeno uno dei 62 inni nazionali che ho ascoltato: ho solo alcuni flash di certe partite, ma è difficile, devo scavare nella memoria», ha spiegato il 47enne, pur non utilizzando mai il termine “commozione cerebrale”, ma parlando di azioni intraprese da giocatore. «Quando ne parlo con mia moglie le dico che ho l’impressione che non sia stato io a giocare», ha aggiunto raccontando di aver dimenticato anche altri momenti importanti della sua vita, come la nascita delle figlie.
«Voglio pensare che il problema di Chabal sia anche dovuto al fatto di aver giocato troppo e ci sia un po’ di confusione - interviene Tramontin - Certo il problema c’è, non lo stiamo negando, ma non dobbiamo nemmeno aver paura di mandare i ragazzi a praticare il rugby o l’hockey. Penso piuttosto che sia importante lavorare sulla motricità dei ragazzi. Imparare come posizionare la testa e abbassarsi in maniera corretta. Di pari passo bisogna intervenire sul regolamento e portare il contatto sotto i pettorali. Non più sotto le spalle. Sono convinto che in questo modo si potrebbero diminuire le commozioni di un buon 70%». Su questo tema delicato, proprio con Tramontin - già collisions coach - torneremo sicuramente in maniera più approfondita cogliendo l'assist del gigante Chabal.
