Con "Grasp The Nettle" i Freaky Farm hanno voluto fare un elogio dell'imperfezione e della spontaneità
BELLINZONA - I Freaky Farm sono tornati con il nuovo singolo "Grasp The Nettle", pubblicato nelle scorse settimane. Espressione, quella del titolo, dal duplice significato: è traducibile sia come "prendere il toro per le corna" ma anche, più letteralmente, come "cogliere l'ortica". Ne abbiamo parlato con Christian Micaël Schwarz, che insieme a Marco Kohler costituisce l'apprezzato duo ticinese, un punto di riferimento se pensiamo a elettronica e trip hop a queste latitudini.
Il titolo è programmatico dell'approccio che avete dato al pezzo: "Cogliere l'ortica", ovvero esplorare l'imperfezione e la spontaneità.
«Il senso è quello. Il brano è volutamente imperfetto ed è stato scritto in modo da suonare anacronistico. Noi riteniamo che il processo artistico sia frutto della sua imperfezione e che l'opera d'arte sia valida proprio perché imperfetta».
Avete scelto di andare in direzione opposta, rispetto al flusso di produzioni musicali fin troppo ritoccate e perfette.
«Devi partire dal presupposto che Freaky Farm è un progetto basato sull'amicizia tra me e Marco. Siamo due individui che si conoscono molto bene e condividono visioni e ideali. Siamo complementari: ci capiamo telepaticamente o con un solo sguardo. Questo ci permette di affrontare le cose con grande spontaneità».
Come avviene il processo creativo?
«Partiamo dal presupposto di lasciar fluire l'energia. Visto che nel tempo abbiamo acquisito un po' d'esperienza, tendiamo a semplificare i processi al minimo e a neutralizzare sul nascere ogni possibile ostacolo esterno. Questo ci permette di lasciar scorrere le cose - che poi avvengono - e di fare ciò che abbiamo voglia, in quel momento».
L'importanza di non ascoltare altre voci, se non le vostre.
«È proprio questo. Dopo anni in cui ascoltavo tantissima musica, negli ultimi tre-quattro ne sento pochissima. È stato come un processo di pulizia delle orecchie, un modo per non farsi condizionare da influenze esterne. Anche se il bagaglio storico te lo porti dietro, inevitabilmente».
Torniamo al titolo e all'ortica. Mi sembra di cogliere dell'ironia: è una pianta che, a causa delle sue caratteristiche urticanti, viene evitata dai più. Invece, se trattata nel modo giusto, si presta molto bene anche in cucina.
«Hai letto perfettamente la cosa. Per noi rimane una pianta di potere, come tante altre. Non abbiamo mai avuto paura di cadere nella pozione magica del druido Panoramix (ride, ndr)».
Per il mastering siete andati a Bristol.
«Abbiamo già lavorato con Benjamin Lincoln per il mastering di "Albert Hofmann". Trovandolo, abbiamo capito immediatamente che era la persona giusta per intervenire nella fase di finalizzazione dei nostri brani. Mi piace molto perché spinge le cose quasi al limite della distorsione».
Quali sono i punti focali del testo, da te scritto?
«Luce, elementi, contrasti. Dove la luce incontra il crepuscolo. Sai, la scrittura non è un processo neuronale: se devi pensarci troppo non fai un buon lavoro. Devi aprire i rubinetti e lasciare uscire. Vivere il momentum, assistere alla magia».