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«Se l'oceano è saturo, esserci o non esserci non fa una grande differenza»

MUSICA«Se l'oceano è saturo, esserci o non esserci non fa una grande differenza»

03.05.23 - 06:30
Ha le idee chiare Nic Gyalson, che venerdì presenterà allo Studio Foce di Lugano il suo nuovo album "Yellow House
NIC GYALSON
«Se l'oceano è saturo, esserci o non esserci non fa una grande differenza»
Ha le idee chiare Nic Gyalson, che venerdì presenterà allo Studio Foce di Lugano il suo nuovo album "Yellow House

LUGANO - «Un disco pregno di vita vissuta»: questo è "Yellow House", il nuovo album di Nic Gyalson che sarà pubblicato il 5 maggio e che verrà presentato in grande stile proprio venerdì sera, con un concerto allo Studio Foce di Lugano. Abbiamo chiesto al musicista luganese (all'anagrafe Nicolò Mariani) qualche dettaglio in più.

Partiamo dal concerto del 5 maggio: che show sarà?
«Questa volta niente grandi proiezioni, synth, elettronica: il pubblico troverà una rock band di quattro elementi allestita apposta per l'evento. Quattro persone, quattro strumenti e tanta energia».

In apertura troviamo i Bumblebees: come sei arrivato a coinvolgerli?
«Con loro ho un bel rapporto da anni, li conosco fin dai tempi del liceo. Sono venuti a sentirmi suonare in un paio di occasioni e, quando hanno registrato il loro primo album, mi hanno chiesto un aiuto e ho collaborato con loro. C'è sempre stato questo sostegno reciproco, ma non era mai capitata l'occasione di combinare qualcosa insieme. Appena ho avuto l'occasione di organizzare un evento, è stato naturale chiamare loro per aprire il concerto. Sono contento di poter proporre questa serata di musica 100% ticinese».

Da quanto tempo mancavi dalla scena live cantonale?
«Dalla presentazione del precedente album. Era il 24 ottobre 2019».

Cosa rappresenta la "Yellow House" del titolo dell'album?
«È un costrutto artificioso che vuole sostituirsi al sole, che pretende di occupare il posto di una fonte di energia naturale. Rappresenta come, molto spesso, la società - per come è costruita - non rispecchia la nostra natura biologica. Questo provoca grande caos e fa perdere il punto di riferimento che dovremmo avere con l'ambiente, di cui volenti e nolenti facciamo parte».

È il contrasto tra l'uomo e ciò che lo circonda, il suo voler dominare la natura?
«Più che altro l'essere umano non accetta la propria vulnerabilità. Così si finisce talvolta a essere in contrasto persino con noi stessi».

Che album è, musicalmente?
«Qualcosa di decisamente diverso dai miei lavori precedenti. Ho deciso di affidarmi a un produttore artistico, Pietro Foresti, che ha dei gusti anche diversi dai miei. Mi sono trovato molto bene nella costruzione dei brani e nella produzione e lui giustamente ha messo del suo attorno alle mie idee, alla mia "anima" musicale».

Dove troviamo questo contributo?
«Nella direzione più brit-pop rispetto a quello che era l'obiettivo iniziale. Abbiamo fatto questo bellissimo lavoro comune di costruzione di un "vestito" sonoro».

Una cosa è certa: ascoltandolo si percepisce chiaramente come sia un disco decisamente maturo.
«Ci sono sempre il mio Hammond, i sintetizzatori, il mio tocco personale... È sicuramente un disco più pop-rock, improntato sulla voce e sulla mia narrazione. Ma non solo: tra questo album e il suo predecessore sono cambiate tante cose. Sono diventato trentenne, poi papà, ho affrontato il periodo del lockdown con non poche difficoltà, non solo lavorative ma anche personali... Tutte queste cose hanno influenzato la scrittura di questo album e hanno contribuito a renderlo più maturo dei precedenti»

Il primo singolo, "Shy Peacock", mette alla berlina quello che è diventato l'artista contemporaneo, che sembra dover essere più bravo a vendersi che a suonare e cantare...
«E spesso questi artisti non sono per niente bravi a vendersi, ma spendono un sacco di soldi senza ottenere nulla in cambio, se non like e visualizzazioni». 

Si può davvero fare a meno, oggi, della promozione tramite social e quant'altro?
«Sì, e questa convinzione non è dettata dalla pancia ma da un'analisi fredda e razionale sui numeri. Sono loro che mi hanno urlato "Vattene da quella m...a di Spotify"».

Cosa rappresenta per te questa piattaforma di streaming (e le altre)?
«Aziende con un mercato, un modello di business e interessi economici che non sono quelli di chi fa musica in maniera indipendente. Solo chi ha un certo tipo di catalogo, come le grandi etichette discografiche, ha interesse a stare là dentro. Anche perché, avendo quote azionare in queste società, per loro è un circolo virtuoso. Ma per i piccoli artisti è un oceano saturo: ogni giorno viene caricato un numero gigantesco di brani - ma c'è l'illusione che se non sei lì non sei nessuno. Ed è una c...a: se l'oceano è saturo, esserci o non esserci non fa una grande differenza. Quindi se devo investire tempo e soldi, non lo faccio in qualcosa che non mi fa tornare indietro nulla».

Quindi dove si potrà trovare la tua musica?
«Ho deciso di lasciare il mio album su Bandcamp, sia in versione digitale che in vinile. È una piattaforma che mi lascia una certa indipendenza. Poi naturalmente lo si potrà trovare ai concerti e presso i negozi di dischi indipendenti del territorio».

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COMMENTI
 

Bred 11 mesi fa su tio
Andate a lavorareeee!!
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