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Quegli zombi in un liceo di Seul che il mondo non riesce proprio a non guardare

COREA DEL SUDQuegli zombi in un liceo di Seul che il mondo non riesce proprio a non guardare

09.02.22 - 06:00
Segue a ruota “Squid Game” il nuovo fenomeno sudcoreano di Netflix “Non siamo più vivi”. Ecco perché piace così tanto
Netflix
Quegli zombi in un liceo di Seul che il mondo non riesce proprio a non guardare
Segue a ruota “Squid Game” il nuovo fenomeno sudcoreano di Netflix “Non siamo più vivi”. Ecco perché piace così tanto

SEUL - Uno strano esperimento di un professore di scienze col pallino per i virus si trasforma in un'apocalisse zombi che parte... da un liceo di Seul. Questo è, molto semplicemente, “Non siamo più vivi” il nuovo fenomeno sudcoreano di Netflix nonché la serie attualmente più vista a livello globale.

Un successo, questo del telefilm diretto da Lee Jae-Kyu, che bissa quello del connazionale “Squid Game” giocandosi più o meno le stesse carte, più una che (purtroppo) conosciamo bene. L'idea è quella di proiettare un gruppo di personaggi apparentemente normalissimi nel bel mezzo di una situazione eccezionale, assurda e allo stesso tempo spietata. 

Uno scenario da incubo che, anche qui, diventa una sorta di metafora e critica sociale a più ampio spettro (e questa è una cosa che piace molto ai registi sudcoreani di genere). Se “Squid Game” si focalizzava piuttosto sull'indebitamento endemico, “Non siamo più vivi” risulta ancora più estremo mettendo in scena una mostruosa lotta cannibale fra adolescenti. Come quella che già si consuma sui banchi di licei e università e continuerà anche nel mondo del lavoro.

In questo senso gli zombi funzionano benissimo, e dal loro “sdoganamento” negli anni '60-70, sono una perfetta e spaventosa satira della società dei consumi e dell'omologazione mortificante (sic). Un aspetto, questo, che negli anni si è andato perdendo (soprattutto con l'universo creato da “The Walking Dead” che l'ha girata sul disastro ambientale) e che invece Lee riprende in maniera efficace. 

L'altro taglio facilmente riconoscibile, soprattutto nel nostro presente attuale, è quello virale e pandemico. Vedere come il morbo zombificatore si diffonde, contatto dopo contatto (o meglio: morso dopo morso), qualche eco del Covid non può che portarcelo. «L'umanità non è mai riuscita davvero a sconfiggere un virus», commenta a lezione proprio il sopracitato 'sore di scienze che fa della malattia il vero grande cattivo.

Ad affrontare i letali compagni di scuola ormai “non più vivi” un manipolo variegato che riunisce un gruppo di amici per caso (o per forza) che riunisce una serie di archetipi che funzionano: l'ex-bullo diventato buono, quello è restato cattivo, la snob, gli amici di lunghissimo corso, la ragazza di buon cuore, la ragazza schiva ma decisa, eccetera...

Mettiamo le cose in chiaro, come “Squid Game” anche “Non siamo più vivi” prende spunto da cose già viste (anche in questo caso viene da citare il manga-anime “High School of the Dead” che pure lui portava gli zombi fra i banchi delle superiori) dandogli comunque un taglio suo particolare e decisamente apprezzabile.

Oltre al carisma dei protagonisti (tutti molto convinti e decisamente credibili) anche un ottimo lavoro di camera, con sequenze davvero spettacolari e da cardiopalma. Avviso, forse anche superfluo visto che si tratta di un horror con gli zombi, si tratta di una serie davvero splatter e con molto sangue. Gli impressionabili sono quindi avvertiti.

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