Allo Studio Foce il 14 febbraio la musica si infiammerà anche con Lampa Sexta Feira e Jaspers
LUGANO - Il complimento che più di ogni altro ha fatto loro piacere è stato sentirsi dire che i loro spettacoli sono un'esperienza: a creare questa particolare dimensione sensoriale sono gli Haara, una band che propone un repertorio originale tra la World Music e la Fusion a tinte psichedeliche. La band è composta da un core fisso di batteria, chitarra, basso e voce (Nicolas Pontiggia - batteria, Lisa Attivissimo - voci, Raffaele Ancarola - chitarre, Massimiliano Marra - basso), ma spesso il gruppo accoglie musicisti provenienti da altre realtà, sia nei live che nei progetti in studio.
Il 14 febbraio suoneranno allo Studio Foce in una serata che prevederà tra l'altro l'esibizione di Lampa Sexta Feira e Jaspers.
Che tipo di "esperienza" porterete quella sera?
«La nostra performance durerà un'ora e un quarto - spiega Nicolas - ci sarà molta recitazione, molta teatralità, i momenti di narrazione si alterneranno ad altri dove il corpo si farà comunicazione, il corpo racconterà».
Il tutto assemblato nel vostro "Quarto mondo", per dirla con Jon Hassell (ndr. trombettista e compositore statunitense che sviluppò il concetto da cui derivò poi la “world music”): la vostra contaminazione di universi musicali prevede una sosta più prolungata in qualche porto sicuro di un genere in particolare?
«Innanzitutto il porto sicuro è l'ascolto, il molto ascolto: poi le cose si mescolano con grande naturalezza. Alla base di tutto c'è questa predisposizione a farci travolgere dalle tante espressioni che la musica assume e dalle emozioni lì dentro contenute. Per quel che mi riguarda, vengo colpito dal colore che ha una certa esperienza musicale. E poi se mi piace qualcosa, vado a fondo, approfondisco il tema, vado a vedere chi è il percussionista, mi interesso a lui, lo studio».
Sul palco Lisa non passa inosservata: i suoi travestimenti sono una componente rilevante dello spettacolo. Quale è il tipo di ricerca che richiede un elaborato scenico simile?
«Più che una ricerca è un osservare e cercare di trasformare quello che si osserva - spiega Lisa Attivissimo - quando mi metto a fare delle maschere, certo ho delle ispirazioni visive, ma non voglio assolutamente che esca qualcosa che ricordi troppo. Una cosa specifica dev'essere un miscuglio che funziona insieme, quindi sì, lascio un pochettino da parte l'approfondimento della cultura da cui proviene quello che ho osservato, perché andrebbe a contaminare troppo le mie scelte. Cerco di essere più istintiva possibile in questo senso».
E per quel che riguarda la linea melodica dove ti spingi, quale è il tuo approccio nell'identificarla?
«Un brano non è per forza una torta stratificata, tipo ad esempio prima viene la batteria, poi il basso, di seguito la chitarra: a volte ho una traccia già sviluppata, ho magari registrato delle voci, e il resto del gruppo che magari aveva una certa idea di pezzo si adegua a una linea preesistente».
Nel concerto del 14 febbraio, presenterete uno dei vostri due inediti, "Sommar". Di cosa parla?
«Il titolo - racconta Nicolas - vuole trasportare l’ascoltatore in paesaggi europei, grazie alla parola svedese “Sommar”, che significa “estate”. Sommar è un brano atipico rispetto alle precedenti uscite di HAARA, dal momento che il testo è stato messo al centro dell’attenzione, molto più che nelle precedenti uscite della band. Per chi non la conosceva - anticipa il batterista - si potrà sentire il suono della fujara, un flauto cecoslovacco usato dai pastori, con la particolarità di essere uno strumento armonico. Oltre alla fujara si potrà sentire il flauto traverso, suonato da Elisabetta Albert. Malgrado il titolo suggerisca l’estate - spiega - il brano vuole portare l’ascoltatore nel cuore dell’autunno, con quella bella luce bassa nell’arco di tutta la giornata. Il testo narra di una protagonista che vede sfiorire l’estate con l’arrivo dell’autunno, e si ripete i detti popolari trasmessole dagli anziani: quei detti salva-vita (“Stai al caldo, mantieni la stufa accesa”) provenienti da tempi in cui in Europa l’inverno, annunciato dall’autunno, aveva un significato diverso perché ben più difficile da superare rispetto a oggi. Sebbene oggi in Europa l’autunno abbia perso gran parte della propria aura cupa - osserva - rimangono intatte la sensazione di “stagione morta” e la luce del sole, bassa e malinconica. Si tratta di un brano che parla del “mal d’autunno”, quella strana malinconia che colpisce molte persone in questa stagione, e una lettera d’amore all’estate. Allo stesso tempo - rileva - il testo di Sommar può essere interpretato come una canzone romantica, in cui vi è una protagonista che mantiene acceso il fuoco della speranza, mentre aspetta che il ritorno della persona amata».
Poi c'è Anubis, l'altro singolo.
«Il titolo del brano è un evidente riferimento ad Anubi, la divinità sciacallo che tutti conosciamo, legata in modo importante alla morte e al suo culto nell’antica civiltà egizia - spiega Nicolas - il brano si sviluppa su di una poliritmia di sei ottavi e tre quarti, in una fitta foresta percussiva. La tensione si crea sin da inizio brano, in un susseguirsi di momenti che raggiungono l’apice sulle note di chitarroni elettrici dal retrogusto metal. I synth che sentirete in Anubis sono tanti - argomenta - perché suonati a sei mani, da Luca Sormani, Alessandra Dotta De Vittorio (Los 3 Saltos) e Flavio Calaon (già presente nel precedente singolo di HAARA, “Planetae Vivi”). Nel brano di HAARA, viene raccontato il leggendario rituale funebre in cui Anubi ha ruolo di giudice: la bilancia, la piuma e la pesa del cuore. A inizio brano il / la protagonista è ancora in vita e si trova nel mezzo di una non specificata battaglia, quando all’improvviso riceve il colpo mortale. È così che dalla battaglia ci spostiamo nel personale momento della resa dei conti in cui il / la protagonista ha a disposizione qualche istante per ripensare alle proprie azioni compiute in vita, prima che Anubis confronti il peso del suo cuore con quello di una piuma. Il / la protagonista sa che molto probabilmente la pesa finirà male per lui / lei, e che quindi il suo cuore verrà dato in pasto ad Ammit, una creatura mostruosa con il compito di distruggere le anime corrotte. Alla fine del brano, infatti, viene presentato Ammit in tutta la sua mostruosità, ma in un momento di distrazione di Anubi la nostra anima dannata riesce dileguarsi, sfuggendo infine al proprio destino. Il testo - evidenzia il batterista - è per la maggior parte del tempo assente, lasciando spazio a interpretazioni vocali libere e un particolare lavoro di ricerca sonora tra synth, percussioni, chitarre di vario genere e un ruolo chiave per il basso elettrico».
ll calendario-eventi del 2025 è in via di aggiornamento ed è consultabile sul sito e sulla pagina Instagram della band.