«Pubblicheremo i file di Epstein entro 30 giorni, ma...»

La rassicurazione proviene dalla procuratrice degli Stati Uniti Pam Bondi che però potrebbe rifiutarsi di divulgare parte del materiale "sensibile".
WASHINGTON - Le vittime di Jeffrey Epstein hanno chiamato e il Congresso ha risposto. La Camera e il Senato americani hanno approvato a valanga la legge per divulgare tutti i file sul caso del finanziere pedofilo e ora manca solo la firma del presidente USA Donald Trump.
Il processo, tuttavia, potrebbe non essere così semplice. Nell'ultima settimana a Washington non s'è parlato d'altro che dell'indagine sul mostro che per anni ha abusato di centinaia di ragazzine con la complicità dell'elite politica, economica e culturale americana. Ma l'unica agenzia che non ha detto una parola è quella che ha in custodia il dossier: il dipartimento di Giustizia.
Il disegno di legge che il Senato ha inviato sulla scrivania del presidente americano impone all'attorney general Pam Bondi di divulgare «tutti i registri, i documenti, le comunicazioni e il m ateriale investigativo non classificati» relativi a Epstein e alla sua complice Ghislaine Maxwell entro 30 giorni dalla firma. Inclusi comunicazioni interne del dipartimento, registri di volo e informazioni su persone ed entità collegate al molestatore seriale morto suicida in carcere nel 2019.
Ma, al di là della retorica trionfalistica di Capitol Hill, la legge prevede alcune eccezioni in base alle quali Bondi può rifiutarsi di divulgare il materiale. Tra queste, il pericolo che la pubblicazione dei file «mette a repentaglio un'indagine federale in corso o un procedimento penale in corso». La scorsa settimana, infatti, Trump ha ordinato a Bondi di avviare una nuova indagine federale relativa a Epstein, questa volta mirata a stabilire i suoi legami con diversi importanti democratici, tra cui l'ex presidente Bill Clinton, il mega-donatore Reid Hoffman e l'ex segretario al Tesoro Larry Summers. Queste indagini potrebbero diventare una ragione per non divulgare il dossier.
Proprio in queste ore, Summers si è dimesso dal consiglio di amministrazione di OpenAI, dopo la divulgazione delle nuove imbarazzanti email. Nel frattempo l'università di Harvard, di cui è stato presidente e dove mantiene una cattedra, sta avviando un'indagine sulla sua relazione con il finanziere pedofilo e sul ruolo di altre persone associate all'ateneo apparse nelle email: tra loro la moglie dell'ex segretario al Tesoro, professoressa emerita di letteratura americana ad Harvard, e quasi una dozzina di affiliati ed ex affiliati del prestigioso college. Il New York Times invece ha tagliato il contratto firmato a gennaio con Summers come opinionista.
L'attorney general Bondi ha assicurato che il dipartimento di Giustizia continuerà a «rispettare la legge e a promuovere la massima trasparenza» divulgando i file entro 30 giorni, come stabilito dalla legge. Tuttavia, ha sottolineato, molti dei documenti contengono materiale pornografico e informazioni sensibili sulle vittime.
E questa potrebbe essere un'altra ragione per non pubblicarli o per renderne nota soltanto una parte. Le stesse donne abusate dal mostro hanno avvertito, sulla scalinata di Capitol Hill, di essere pronte a far uscire la loro lista di nomi di complici di Epstein e molestatori, qualora il dipartimento di Giustizia rifiutasse di consegnare i documenti. D'altra parte, se dovesse accadere, il Congresso non avrebbe molte possibilità di ricorso. Anche nel caso la Camera decidesse di emettere un mandato di comparizione ai funzionari dell'agenzia spetterebbe a Bondi decidere se perseguire se stessa o i suoi, rendendo tale minaccia praticamente vana.



