Confermati 4 anni per Irene Pivetti. Lei: «Sono innocente»

Confermata in appello la condanna a 4 anni per evasione fiscale e autoriciclaggio per l'ex presidente della Camera, coinvolta in operazioni illecite con Ferrari.
Confermata in appello la condanna a 4 anni per evasione fiscale e autoriciclaggio per l'ex presidente della Camera, coinvolta in operazioni illecite con Ferrari.
MILANO - La Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna a 4 anni di reclusione per evasione fiscale e autoriciclaggio per l'ex presidente della Camera Irene Pivetti, nonché giornalista e conduttrice televisiva, pronunciata nel settembre scorso dalla quarta sezione penale del Tribunale di Milano.
Il processo vedeva al centro una serie di operazioni commerciali, datate 2016, per circa 10 milioni di euro. Operazioni relative alla compravendita di tre Ferrari Granturismo che, stando alle indagini, sarebbe servita per riciclare proventi frutto di illeciti fiscali.
Confermate anche le condanne a due anni, con pena sospesa e non menzione, per il pilota di rally ed ex campione di Granturismo Leonardo "Leo" Isolani e per la moglie Manuela Mascoli.
È stata confermata pure la conseguente confisca di oltre 3,4 milioni di euro, soldi congelati già nel corso delle indagini a carico dell'ex esponente leghista.
Nell'inchiesta è stato ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia, società riconducibile a Pivetti, in operazioni del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere al fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari.
Le auto sarebbero state al centro di una finta vendita, nel 2016, al gruppo cinese Daohe per essere trasferite in Spagna. L'unico «bene effettivamente ceduto, ovvero passato» ai cinesi, stando all'imputazione, sarebbe stato «il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari».
Se lo scopo di «Isolani e Mascoli» era quello «di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli» al fisco, «l'obiettivo perseguito da Pivetti» sarebbe stato «di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona».
Per la Procura, l'ex parlamentare avrebbe comprato il marchio per 1,2 milioni di euro per rivenderlo alla società cinese a «10 milioni». L'ex terza carica dello Stato, si legge nella sentenza di primo grado, «dopo aver realizzato un meccanismo particolarmente capzioso, pur di scongiurare il rischio che le somme conseguenti alla realizzazione delle operazioni commerciali con il contraente cinese fossero soggette a tassazione, ha portato avanti il suo proposito criminoso per lungo tempo».
A caldo Irene Pivetti ha commentato coi cronisti la sentenza affermando che «la verità verrà fuori, sono tranquilla, la verità è che io sono innocente».




