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AUSTRIA

Il killer del liceo «tornato nel luogo della sua sofferenza»

La strage di ieri mattina al liceo di Graz pone una serie di interrogativi, l'analista comportamentale: «Senso di inferiorità e bullismo possono innescare la violenza»
Afp
Fonte 20 Minuten/red
Il killer del liceo «tornato nel luogo della sua sofferenza»
La strage di ieri mattina al liceo di Graz pone una serie di interrogativi, l'analista comportamentale: «Senso di inferiorità e bullismo possono innescare la violenza»

GRAZ - Dieci persone sono morte nell’assalto al liceo martedì mattina a Graz. A sparare con pistola e fucile il ventunenne Artur A., ex studente che a casa aveva lasciato un biglietto di addio - dove parla di bullismo - oltre che un ordigno esplosivo: una bomba a tubo non funzionante. A oltre 24 ore dalla «tragedia nazionale», il bilancio delle vittime si fa più chiaro: morti nove studenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni e un insegnante di 47 anni. Altre dodici persone sono rimaste ferite, alcune gravemente e una versa in «condizioni molto critiche».

Dopo aver esploso una quarantina di colpi in due classi, il 21enne - austriaco e senza precedenti penali - si è suicidato in bagno, lasciando dietro di sé un'intera nazione sotto shock, oltre che in lutto nazionale per tre giorni e tante domande senza risposta. Proviamo a capirci di più con Patricia Staniek, analista, esperta di personalità e comportamento umano, con una specializzazione in criminologia e gestione della sicurezza.

Dottoressa Staniek, perché arrivare a compiere un atto tanto crudele?
«Queste azioni sono complesse e hanno molteplici cause. Di solito sono il risultato di molteplici fattori che influenzano una persona per un lungo periodo di tempo. Molti autori di atti di violenza hanno avuto un'infanzia e un'adolescenza difficili. Alcuni si sentono insignificanti e inferiori. E proprio i sentimenti di inferiorità o, come in questo caso il presunto bullismo, possono giocare un ruolo».

In che modo?
«Durante l'adolescenza, nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, alcuni adolescenti provano forti dubbi: su se stessi, sulla propria appartenenza alla società, sul proprio ruolo nella vita. Si sentono impotenti. Il desiderio di riprendere il controllo può portare a fantasie violente e, in ultima analisi, alla violenza».

Il giovane suicida si considerava vittima di bullismo.
«Chi commette violenze spesso denuncia episodi di bullismo, esclusione e umiliazione. Tali esperienze si accumulano nel corso degli anni e si radicano profondamente nella psiche. Anche la solitudine, la mancanza di sostegno familiare e la debolezza dei legami sociali possono indurre gli autori a sviluppare una loro propria narrazione. Nasce la rabbia: si percepiscono in un mondo ostile e ingiusto».

L'attentatore era un ex studente. Perché è tornato a scuola?
«Forse perché per lui quel luogo era associato al bullismo: i maltrattati spesso tornano lì dove hanno vissuto la loro sofferenza. Forse voleva vendicarsi. A un certo punto, nulla basta più e la violenza sembra essere l'ultima spiaggia. Questo dà origine a una forma di auto-radicalizzazione: gli autori credono di poter acquisire così valore. Vogliono "imprimersi a fuoco nella società": tutti si ricorderanno di loro quando saranno morti».

Perché pistola e fucile?
«Molti autori di reati traggono ispirazione da precedenti sparatorie di massa viste sui media, è un fenomeno di imitazione. Spesso dopo essersi accostati a armi o videogiochi violenti. Le pistole sono maneggevoli, facili da nascondere e veloci da usare. Sono adatte a uccidere molte persone in breve tempo. I fucili da caccia invece sono particolarmente distruttivi a distanza ravvicinata, anche se sono più difficili da nascondere. Quasi tutti gli assassini di massa sono profondamente attratti dalle armi, come mezzo di controllo e di esercizio del potere».

Per studenti e insegnanti, sarà possibile rielaborare un'esperienza del genere?
«
Una sparatoria a scuola è un'esperienza traumatica difficile da elaborare completamente. Lascia cicatrici emotive che rimangono impresse per tutta la vita. È importante che l'esperienza venga elaborata con attenzione e lentamente, sia a scuola che nella vita privata. L'elaborazione varia da individuo a individuo: alcuni affrontano la situazione abbastanza bene, altri invece reprimono l'accaduto. Ognuno reagisce in modo diverso. Il punto chiave è che bambini e ragazzi hanno bisogno di figure di riferimento stabili. Non devono essere necessariamente i genitori, dato che spesso sono loro stessi traumatizzati. Questo rende ancora più importante il ruolo di professionisti specializzati in grado di relazionarsi con questi ragazzi. È necessario che ci sia qualcuno che li supporti. Solo allora è possibile una vera elaborazione».

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