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ITALIA

Turista uccisa da una statuetta, a lanciarla fu un tredicenne

Il papà della vittima: «Capiamo che quel ragazzino poteva e doveva essere seguito con più attenzione»
Imago
Fonte Il Gazzettino
Turista uccisa da una statuetta, a lanciarla fu un tredicenne
Il papà della vittima: «Capiamo che quel ragazzino poteva e doveva essere seguito con più attenzione»
NAPOLI - Chiara, una turista di trent'anni, era deceduta tragicamente a Napoli nel settembre del 2024 dopo essere stata colpita da una statuetta in onice lanciata da un balcone. La giovane, originaria di Padova, stava passeggiando nei Quartieri Spagn...

NAPOLI - Chiara, una turista di trent'anni, era deceduta tragicamente a Napoli nel settembre del 2024 dopo essere stata colpita da una statuetta in onice lanciata da un balcone. La giovane, originaria di Padova, stava passeggiando nei Quartieri Spagnoli lungo via Concordia in compagnia del fidanzato, poi la tragedia.

Le indagini preliminari - chiuse dalla procura di Napoli - hanno rivelato che l'atto è stato compiuto da un ragazzo di tredici anni, «un adolescente problematico» che - come scrive Il Gazzettino - aveva già mostrato comportamenti simili in passato. Ma poiché ha solo tredici anni, il giovane non può essere ritenuto penalmente responsabile, nessun processo insomma.

Le indagini hanno messo in luce i problemi comportamentali del tredicenne, noto per scatti d'ira e per aver già lanciato oggetti dal balcone in diverse occasioni, come «tablet, cuscini e altri oggetti».

Questa volta, ha lanciato due statuette pesanti, causando la tragedia. Ma mentre il ragazzo non può essere processato, è aperta un'indagine sui suoi genitori, accusati di omicidio colposo e negligenza nella sorveglianza. I genitori hanno negato però ogni responsabilità.

I familiari - «Da ciò che emerge - ha dichiarato il padre della vittima - capiamo che quel ragazzino poteva e doveva essere seguito con più attenzione».

Parole dure sui genitori del tredicenne arrivano invece dalla sorella di Chiara. «Fino a oggi hanno sempre negato ogni responsabilità - scrive il Gazzettino - affermando di non aver mai visto gli oggetti in questione, sostenendo quindi che non appartenessero a loro. Eppure, gli atti raccontano un'altra storia» e la speranza adesso è che «tutto ciò rappresenti un'aggravante per le responsabilità dei genitori».

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