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I 110 fronti di questa «guerra mondiale a pezzi»

Dopo Francesco, anche Leone XIV ha parlato dei conflitti che insanguinano il pianeta
GETTY IMAGES
La difesa territoriale in Ucraina.
I 110 fronti di questa «guerra mondiale a pezzi»
Dopo Francesco, anche Leone XIV ha parlato dei conflitti che insanguinano il pianeta

CITTÀ DEL VATICANO - Papa Francesco lo ha ripetuto per anni. Ora anche il suo successore sul soglio di Pietro, Leone XIV, lo ha ribadito: è in corso «un conflitto mondiale a pezzi». L'Ucraina, Gaza, le tensioni tra India e Pakistan: sono solo alcuni dei fronti sui quali sono in corso, da più o meno tempo, degli scontri armati. Ma siamo in una situazione tale da parlare di vero e proprio conflitto mondiale, seppur frammentato?

Gli esperti di geopolitica parlano di almeno 56 conflitti attivi in questa prima metà del 2025, molti dei quali a bassa intensità. Ma c'è chi, la Academy of International Humanitarian Law di Ginevra, ne elenca oltre 110. Vediamoli, secondo la classificazione dell'entità basata sulle rive del Lemano e del Council on Foreign Relation (CFR).

Medio Oriente e Nordafrica - Il Medio Oriente e il Nordafica sono le regioni con il più alto numero di conflitti armati: oltre 45. Troviamo quelli iper-mediatizzati in Israele, Palestina e Siria, ma anche quelli meno noti nel Sahara Occidentale, in Marocco, Cipro ed Egitto. Spiega la ricercatrice Chiara Redaelli: «La Siria è il Paese più colpito della regione. Nel Paese si stanno verificando diversi conflitti non internazionali (NIAC), multipli e sovrapposti, che coinvolgono numerosi gruppi armati che combattono contro il governo e tra di loro, oltre a due occupazioni militari e tre conflitti armati internazionali». Gli unici scenari nei quali è totalmente assente l'intervento straniero sono quelli che riguardano Egitto e Turchia, mentre negli altri casi è presente, in modi più o meno marcati, l'intervento della Russia o delle potenze occidentali.

Africa - Anche l'Africa pullula di conflitti armati, specialmente non internazionali e che vedono il coinvolgimento, in alcuni casi, degli stessi gruppi armati. «La Repubblica Centrafricana è in cima alla lista» aggiunge Redaelli. «Il governo è coinvolto in NIAC contro una vasta gamma di gruppi ribelli, tra cui gli anti-Balaka e l'ex-Séléka. Esistono anche conflitti armati paralleli non internazionali dovuti alle lotte intestine tra vari gruppi armati». Altre guerre - molte dei quali sconosciute al grande pubblico - sono in corso in Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan, Mali, Somalia, Senegal, Mali, Burkina Faso e Sud Sudan. Solo in casi limitati è in corso l'intervento delle potenze occidentali o delle nazioni limitrofe.

AFPLe conseguenze dei recenti scontri tra India e Pakistan.

Asia - Anche l'Asia è teatro di ben 19 NIAC e di due conflitti armati internazionali: quello (caldissimo) tra India e Pakistan e quello che si trascina da tempo tra India e Cina. Redaelli spiega che «Pakistan e Filippine sono in cima alla lista, con sei NIAC per ciascun Paese. In Pakistan, le forze governative stanno combattendo diversi gruppi armati attivi su tutto il territorio, in particolare gruppi affiliati ai talebani nelle Aree Tribali di Amministrazione Federale e combattenti per l'indipendenza in Belucistan. Nelle Filippine, la maggior parte dei NIAC si sta svolgendo nella regione di Mindanao, dove le forze governative stanno combattendo contro diversi gruppi armati, tra cui il Moro National Liberation Front, il Moro Islamic Liberation Front, i Bangsamoro Islamic Freedom Fighters, il Gruppo Maute e il Gruppo Abu Sayyaf».

Il CFR indica poi le dispute territoriali nel Mar cinese meridionale (con le tensioni tra Cina e Taiwan), gli attriti di lunghissima data tra le due Coree e la guerra civile in Myanmar.

Europa - L'Europa è sembrata per decenni un'isola felice, priva di guerre. Oggi non è decisamente più così. E non solo per l'invasione russa dell'Ucraina del 2022. «Secondo i criteri del Diritto Internazionale Umanitario (DIU), dal 2014 si è verificato un conflitto armato internazionale (IAC) tra Russia e Ucraina e due conflitti armati internazionali (NIAC) in Ucraina». Ma negli ultimi tre anni «ciò che è cambiato è l'intensità della violenza e il suo impatto sulla popolazione civile. Ciò significa, secondo la nostra analisi, che i crimini di guerra potrebbero essere già stati commessi prima di marzo 2022».

Nella classificazione della Academy of International Humanitarian Law si contano anche varie occupazioni militari: quelle in Crimea, Transnistria, Ossezia del Sud e Abkhazia da parte della Russia e quella che vede l'Armenia controllare parti del Nagorno Karabakh.

GETTY IMAGESLa difesa territoriale in Ucraina.

America Latina - È un periodo di relativa tranquillità per l'America Latina, secondo la Geneva Academy, con "solo" sei conflitti non internazionali in corso tra Colombia e Messico. «Mentre la Colombia ha vissuto uno dei più lunghi NIAC dei tempi moderni ed è ancora teatro di tre di questi, il Messico è caratterizzato da tre conflitti armati non internazionali che coinvolgono i cartelli della droga delle gang». È la prima volta che l'organismo con sede a Ginevra classifica la violenza armata che coinvolge organizzazioni criminali come NIAC. «Lo abbiamo fatto dato il livello di organizzazione dei cartelli e l'intensità della violenza».

Peggiore la prospettiva del CFR, che prende in considerazione l'instabilità che scuote almeno dal 2019 Guatemala, El Salvador e Honduras. Anche il Venezuela è uno scenario che viene monitorato con attenzione. C'è poi Haiti, che vive una escalation di violenza costante almeno dal 2021, data dell'assassinio del presidente Jovenel Moïse. Da allora il caos è all'ordine del giorno, nonostante la presenza di una forza di sicurezza Onu.

AFPSempre alta tensione a Haiti.

Il punto cruciale del pensiero dei due Pontefici è l'interconnessione dei vari conflitti, che siano nazionali o sovranazionali. Gli scontri nella Striscia di Gaza, nel Myanmar piuttosto che in Colombia hanno ripercussioni globali che vanno ben oltre la rilevanza locale del conflitto. Basti pensare alle conseguenze che l'invasione dell'Ucraina ha avuto, per esempio, sul prezzo delle risorse energetiche dopo le sanzioni imposte alla Russia.

Non bisogna infine dimenticare le implicazioni sociali e morali dei conflitti, centrali nelle riflessioni di Francesco prima e Leone XIV adesso. «La guerra distrugge ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano» affermava papa Bergoglio, che richiamava la comunità internazionale a una responsabilità collettiva che mettesse fine a ogni atrocità. Non è un caso che, in questi primi giorni, papa Prevost abbia insistito con grande forza su una parola ben precisa: pace.

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