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COMO: Rapinatori davanti al GIudice per sette colpi
Oggi davanti al Giudice Preliminare, Vittorio Anghileri, la banda che terrorizzò numerosi orefici nel Comasco dal giugno '94 al maggio del '96. Fra loro anche Rocco Agostino condannato per l'omicidio del maresciallo D'Immé ma è stato prosciolto.
COMO: Rapinatori davanti al GIudice per sette colpi
Oggi davanti al Giudice Preliminare, Vittorio Anghileri, la banda che terrorizzò numerosi orefici nel Comasco dal giugno '94 al maggio del '96. Fra loro anche Rocco Agostino condannato per l'omicidio del maresciallo D'Immé ma è stato prosciolto.
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Con tre rinvii a giudizio, due imputati prosciolti e 4 richieste di patteggiamento della pena si è chiusa nella tarda mattinata di oggi l’udienza preliminare svoltasi nell’Aula delle Assisi del Tribunale di Como davanti al G.I.P. Vittorio...
COMO.
Con tre rinvii a giudizio, due imputati prosciolti e 4 richieste di patteggiamento della pena si è chiusa nella tarda mattinata di oggi l’udienza preliminare svoltasi nell’Aula delle Assisi del Tribunale di Como davanti al G.I.P. Vittorio Anghileri nei confronti di nove persone accusate a vario titolo di aver messo a segno diverse drammatiche rapine nel Comasco. Fra loro anche Rocco Agostino, 38 anni di Locate Varesino, condannato all’ergastolo per la furibonda sparatoria avvenuta nel luglio ’96 a Locate Varesino dove venne ucciso il Maresciallo dei Carabinieri di Como Sebastiano D’Immè che proprio sul suo conto e dei suoi complici stava indagando, anche sulla scorta di un collaboratore di giustizia. Rocco Agostino, così come Mario Paletta (quest’ultimo solo per una rapina), verranno processati il prossimo 26 febbraio del 2002. Prosciolti, invece, da ogni accusa Cosimo Agostino, fratello 30enne di Rocco e Francesco Mogavera. Tutti gli altri, infine, hanno scelto di scendere a patti con la Giustizia lariana. Essi sono: Gino Amenita, 30 anni, Michele Trotta (che ha patteggiato un anno in continuazione con altri reati), Mario Campanella, 35 anni (patteggiamento a 6 mesi) e Giovanni Mogavero, figlio di Francesco e a piede libero come pure il padre e che ha patteggiato un anno. Per loro le accuse sono limitate alla ricettazione. Sette i colpi contestati alla banda dal Sostituto Antonio Nalesso, che pure indagò sull’omicidio del giovane sottufficiale del Nucleo Operativo Radiomobile di via Borgo Vico e che per i suoi assassini ottenne l’ergastolo, a partire da quello compiuto nel giugno del ’94 alla import-export “Bianchi” di Montano Lucino dove i rapinatori realizzarono un bottino costituito da ben 37 chili e mezzo di oro in lingotti. Il primo di una serie di rapine compiute nel Comasco tra il giugno di quell’anno e il maggio del ’96. Nell’elenco troviamo, infatti, quelle messe a segno nel febbraio del ’95 ai danni del ristorante “Lo scoglio” di Limido Comasco, all’oreficeria “Milani” di Montano Lucino nel maggio ’95, alla oreficeria “Falcone” di Uggiate Trevano compiuta negli stessi giorni, alla oreficeria “Villa” di Figino Serenza nel maggio dell’anno successivo, rapina questa nel corso della quale i banditi non esitarono a sparare ferendo il titolare, e, infine, ai danni di due rappresentanti di preziosi rapinati nel maggio ’96 a Locate Varesino. L’udienza di oggi ha anche delineato i ruoli svolti da ognuno: Cosimo Agostino deve rispondere della rapina alla “Falcone” di Uggiate, Mario Paletta di quella ai danni dei due orefici assaltati a Locate Varesino. Donato Caputo (reo confesso) risponde di tutti i sette colpi. Rocco Agostino, invece, era accusato di aver partecipato a due delle rapine in oggetto. La banda di malavitosi comparsi oggi in Aula è, sostanzialmente, una costola di quella sulla quale indagava D’Immè ed “espulsa” dal sodalizio criminoso perché ritenuta troppo violenta. A dare il via alle indagini fu Donato Caputo, 44enne reo confesso e che pure verrà processato fra oltre un anno, assistito dall’Avvocato milanese Renato Alfarone e “utile collaboratore” anche al processo per la feroce e sanguinaria rapina di via Imbonati a Milano. Proprio attraverso le sue confidenze il Maresciallo D’Immè era riuscito a individuare Rocco Agostino e compagnia briscola riuscendo anche a sapere che la mattina in cui venne ucciso sarebbe stata tentata una rapina ai danni di una oreficeria di Locate Varesino. Quando con un collega entrò in azione per bloccare i malviventi su di lui venne scaricata una raffica di mitra che non gli diede scampo. A sparare materialmente, lo stabilì il processo svoltosi a Como, fu Luigi Bellitto, fatto fuori durante un conflitto a fuoco a Milano un mese dopo la sparatoria di Locate.
di Bob Decker
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