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Tassa sulla salute? «Non fermerà la fuga dei sanitari italiani in Ticino»

I dubbi sull'efficacia dell'imposta ancora ferma al palo. «Prendano i soldi dai ristorni».
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Tassa sulla salute? «Non fermerà la fuga dei sanitari italiani in Ticino»
I dubbi sull'efficacia dell'imposta ancora ferma al palo. «Prendano i soldi dai ristorni».

BELLINZONA / MILANO - «La legge doveva entrare in vigore il 1 gennaio 2024: a distanza di quasi un anno e mezzo siamo ancora a un punto morto. Non è certo un dettaglio». A dirlo a tio/20 minuti è Giuseppe Augurusa, responsabile nazionale dei frontalieri per la Cgil. Il tema è la tanto discussa e criticata tassa sulla salute (gli estensori, in maniera forse eufemistica, preferiscono chiamarla contributo), pensata per scoraggiare la fuga dei medici e infermieri italiani in Ticino.

«Non è applicabile» - «Le ragioni del ritardo? - continua Augurusa - Non è applicabile senza conoscere gli imponibili. Il Ticino e la Svizzera, ci tengo a sottolinearlo, si sono comportati in maniera corretta, rispettando gli accordi. Infatti, hanno consegnato solo i dati dei circa 10’000 “nuovi frontalieri”».

L'accordo non lo consente - A tio/20minuti, Giordano Macchi, capo della Divisione delle Contribuzioni (DdC) del Dipartimento delle finanze e dell'economia (DFE), aveva fatto notare come il diritto vigente non permetta lo scambio dei dati dei lavoratori che risiedono nei comuni tricolori di confine e che lavorano in Ticino da prima del 17 luglio 2023 (restano imponibili soltanto in Svizzera).

«Non funzionerà» - La novità è che, nell’ultima finanziaria, per pagare la tassa sulla salute, è stata inserita la cosiddetta autocertificazione per i vecchi frontalieri. «È una contraddizione in termini - aggiunge Augurusa - hanno messo a punto una norma inapplicabile e decidono di spostare la responsabilità dell’applicazione dalle istituzioni alle persone. Inutile dire che non c’è alcuna certezza di funzionamento. Inoltre mancano i decreti attuativi».

«Non c'è la legge e pensano alle sanzioni» - Per il sindacalista «è forse il primo caso al mondo in cui vengono raddoppiate le sanzioni di una norma non ancora applicata». In questo modo, «il governo considera i frontalieri dei potenziali evasori. Per poter essere certi che queste risorse siano disponibili, bisognerebbe poter fare i controlli, impossibili però non avendo i dati».

«Prendano i soldi dai ristorni» - Inoltre, «i frontalieri pagano già le tasse. I ristorni ammontano a circa 90 milioni, di cui il 50% sono destinati a non meglio definiti investimenti. Vogliono i soldi per finanziare la sanità? Li prendano, almeno una parte, da lì. Peraltro l’indennità di frontiera per medici e infermieri non scoraggerà nessuno ad andare in Ticino. Lo dicono i dati».

«Norma illegittima» - Al netto di questi ragionamenti, «per i sindacati l’argomento centrale resta comunque l’illegittimità della norma, poiché introduce la doppia tassazione. La novità è che, a quanto pare, alcuni esponenti della maggioranza politica in Lombardia hanno cominciato a sollevare dei dubbi, chiedendo una verifica di legittimità».

«Sarebbe un contributo se fosse volontaria» - Se, alla fine, Governo e Regione decidessero di procedere, «ci rivolgeremo alla Corte Costituzionale. Paradossalmente, l’unico modo per non chiamarla tassa è trasformarla in un contributo volontario. E la domanda è: Perché qualcuno dovrebbe pagarlo? Lo farebbe solo se avesse, in cambio, un interesse».

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