È sessismo oppure no? A confronto sui "manifesti forti" il pubblicitario Michel Ferrise e il collettivo "Io L'8 Ogni Giorno"
LOCARNO - Sono state accese le discussioni martedì sera in Gran Consiglio, nell’ambito di due atti parlamentari presentati per chiedere al Consiglio di Stato una legge che imponesse il divieto alla pubblicità sessista. Tanti i dubbi e le perplessità creatisi attorno al dibattito, anche al di fuori dell’aula. Ma come si fa a decretare se un’immagine o uno spot pubblicitario è sessista oppure no? Abbiamo messo a confronto le opinioni di Michel Ferrise, specialista in comunicazione pubblicitaria e politica e una rappresentante del collettivo "Io L'8 Ogni Giorno".
«Quando realizziamo una campagna di comunicazione e pubblicità - spiega innanzitutto Michel Ferrise - lo facciamo con l’obiettivo di vendere il prodotto di un determinato brand. Il fine dunque è quello di indurre il consumatore ad acquistare». Per Ferrise «la pubblicità è creatività, ma è anche e soprattutto provocazione. Se così non fosse, le immagini perderebbero significato. Il nostro lavoro è questo: attirare l’attenzione e a volte si deve giocare sul limite». Non condivide, ad ogni modo, la ventilata ipotesi di introdurre una Commissione che esamini le pubblicità. «Con quale criterio una pubblicità sarebbe ritenuta sessista? Dipende dalla percezione di ciascuno. Per qualcuno lo è, per altri no. Mi chiedo poi quali pubblicità sessiste si vedano in Ticino. Nel nostro cantone la comunicazione è molto piatta. Il rischio infine è che mettendo troppi paletti i pubblicitari possano provocare appositamente». E ricorda infine: «Ci dimentichiamo che il potere appartiene alle persone. Se una pubblicità dà fastidio, nessuno obbliga ad acquistare quel determinato prodotto. Il brand si può sempre boicottare».
Su posizioni diverse si collocano le riflessioni di una rappresentante del collettivo "Io L'8 Ogni Giorno" che punta il dito sul fatto che «l'idea generale è che tutti questi messaggi siano normali». E aggiunge: «I corpi, delle donne soprattutto, sono spesso accostati al consumo. Sono spesso immagini funzionali tese a mantenere un certo ordine sociale, impostando le relazioni su un'asimmetria di potere tra uomo e donna. La donna è di fatto chiusa in due ruoli: oggetto del piacere maschile o angelo del focolare. È chiaro che una legge non è sufficiente per fermare il fenomeno, ma la sua approvazione avrebbe rappresentato un segnale importante contro questo tipo di “cultura”. La creatività può scardinare questi messaggi stereotipati».
Dopo aver espresso le proprie opinioni, a entrambi abbiamo mostrato delle immagini. Di queste, alcune sono state mostrate nel corso del dibattito di martedì. Altre sono pubblicità che anni indietro hanno destato clamore.
Michel Ferrise: «Vedo una donna business che si sta recando al LAC. Non vedo altro». Nel 2018 erano state mosse critiche in quanto per pubblicizzare la città di Lugano, era stata costruita una campagna pubblicitaria su 12 foto che utilizzavano le immagini di una ragazza o di parte del suo corpo, legandola ai vari settori di promozioni del turismo nella regione.
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «È un'immagine decontestualizzata. Si vedono delle gambe bellissime di una donna e delle scarpe. Potrebbe quindi essere scambiata per una pubblicità di scarpe. Questo è un esempio di come il corpo femminile è ridotto a un oggetto sessuale e a un oggetto utilizzato per pubblicizzare qualsiasi cosa».
Michel Ferrise: «In questo caso vedo una bella ragazza e un bel ragazzo in boxer. La comunicazione è sicuramente ribaltata rispetto a un tempo. Diletta Leotta rappresenta inoltre il mondo del calcio. E stiamo pur sempre parlando di un brand che vende intimo. Vorrei inoltre controbattere: cosa sarebbe successo se il ragazzo in questione fosse stato di colore?»
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «Apparentemente sembra esservi un'inversione di ruoli e dunque del potere, con una oggettivazione del corpo maschile. Quello che emerge però è sempre la stessa dinamica, si continua a far passare l’idea che nelle relazioni affettive ci debba essere un’asimmetria di potere e qualcuno che comanda. Diletta Leotta inoltre rappresenta una donna con determinate caratteristiche, un corpo “prefetto” e avvolto in una gonna molto attillata. In questo modo si ripropone l’ideale di bellezza che in questo caso riguarda anche gli uomini».
Michel Ferrise: «Ho tre figli e do ragione a quanto riporta lo slogan. È un fatto reale che accade tutti i giorni. Uno stereotipo? Io lo trovo simpatico. Se lo slogan non ci fosse stato, molto probabilmente il messaggio sarebbe stato diverso. Ossia che l'uomo rappresentato è un bravo papà».
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «Da questa immagine emergono due aspetti. Da un lato l'uomo incapace di prendersi cura della famiglia e dall'altro il voler ancora una volta confinare la donna al focolare domestico. Il messaggio è questo: l'uomo si occupa dei figli per aiutare, non perché è il suo ruolo, ruolo che spetta “naturalmente” alla donna».
Michel Ferrise: «Quel che vedo sono delle ragazze con in mano dei rosari che vengono attirate da un bel ragazzo. Può essere sessista, ma comunque c’è un fine, ovvero pubblicizzare un profumo che pare essere molto buono».
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «Osservandola, senza conoscere la reale contestualizzazione e fine dello spot pubblicitario, si nota immediatamente una distorsione. Ancora una volta si trasmette l'idea della centralità dell'uomo, anche rispetto al desiderio sessuale. L'uomo, venerato e al centro di un gruppo di donne desideranti, è al posto giusto, è lui che decide e ha potere nelle relazioni con le donne».
Michel Ferrise: «Si tratta di un'immagine molto forte. Richiama chiaramente uno stupro ed è stata poi censurata. Bisogna ricordare che tutti i brand impostano le proprie campagne pubblicitarie su studi di mercato per poter raggiungere il proprio target di riferimento».
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «Estremizza il concetto di donna-oggetto: una bellezza idealizzata e sottomessa, concepita esclusivamente per soddisfare lo sguardo e il controllo maschile. Un'immagine che tende inoltre a giustificare e rendere quasi normale la violenza maschile».
Michel Ferrise: «È un’immagine che non ho mai condiviso. Quel che è certo è che il brand ha raggiunto il suo intento: far parlare di sé. Chiaramente la comunicazione è stata sbagliata, soprattutto per essere stata messa in circolazione a ridosso della Giornata contro la violenza sulle donne. A mio parere è stata fuori luogo. Se fossi una donna boicotterei Philippe Plein. Probabilmente se i media non l’avessero contestata, nessuno probabilmente ci avrebbe fatto caso. Siamo talmente bombardati da immagini e messaggi pubblicitari di questo genere che tanti passano inosservati».
Collettivo "Io L'8 Ogni Giorno": «Ostenta la violenza contro le donne. Vi è una banalizzazione del fenomeno, non solo è sessualizzata la violenza sulle donne, ma è accostato il tema del femminicidio al consumismo».