Il fenomeno delle società ambigue continua a imperversare nella regione grigionese. E spunta un caso curioso a Mesocco.
MESOCCO - A zig zag per le vie di Mesocco, su per la collina fino ad arrivare a quella stradina così stretta. Poi ci si addentra a piedi in un piccolo nucleo per qualche metro. Quella che ci si trova davanti è una casa rurale. Attorno, il silenzio.
Quante anomalie – Nessuno lo direbbe mai, ma in quell’edificio hanno sede tre distinte SA attive in ambiti disparati. In totale si parla di almeno sei siti web, gran parte dei quali assemblati con l'intelligenza artificiale, e che si rimandano l'un l'altro, in un bizzarro e surreale gioco di scatole cinesi.
Siti in cui spiccano termini e sigle eclatanti, tutt'altro che chiari, nonché (altra anomalia) un numero telefonico con un prefisso piuttosto insolito.
La buca – La buca delle lettere bianca è proprio lì, in una viuzza angusta sul lato della casa. Indicati in stampatello chiaro e ben leggibile i nomi delle tre SA e di chi le gestisce.
Gli sponsor – Sono tante, tantissime le aziende ticinesi citate su queste pagine web, e chiamate "sponsor", ma non è chiaro quante siano davvero a conoscenza di esserlo.
«Non ne ho mai sentito parlare, e non ne sapevo nulla», commenta un imprenditore del Luganese la cui attività è sbandierata in apertura di uno di questi siti. Ma c'è anche chi, con una di queste SA, ha avuto a che fare: «Mi hanno offerto una pubblicità – conferma l'interlocutore –. Ho accettato perché il prezzo era interessante, molto basso. Alla fine però la fattura non mi è mai arrivata».
L'azione benefica – C'è anche chi il bollettino l'ha ricevuto (e pagato) per poi ricevere una nuova richiesta: «Mi chiedevano dei soldi per un'azione benefica di cui non ero a conoscenza, io non ho versato nulla». Azione benefica che di fatto c’è anche stata. Una delle aziende del "gruppo" ha infatti donato un'auto a un ente ticinese. Una vettura di alto valore, come confermato dal presidente della fondazione beneficiaria.
C'è un'altra "postazione" – In cerca di una "succursale" di uno dei siti correlati al curioso business siamo andati anche per le vie di Soazza. Giunti all'indirizzo indicato non troviamo altro che una buca delle lettere con l'etichetta in bianco; stessa cosa per il campanello.
Sconosciuti – Dal registro di commercio si intuisce che dietro a tutto questo guazzabuglio digitale ci sono tre SA per le quali è stato depositato un capitale di 100'000 franchi. A gestirle sarebbero due cittadini italiani residenti nel Moesano. E a rendere il tutto ancora più grottesco è il fatto che nessuno nella zona sembra conoscere queste attività. In primis il sindaco di Mesocco Mattia Ciocco. «No, devo essere sincero. Non ne so nulla».
Una SA ogni 10 abitanti – Lo stupore lascia presto lo spazio al dubbio. La Mesolcina è da anni indicata come la terra delle società buca lettere. Con scopi che vanno anche ben oltre la legalità, in particolare connessi al riciclaggio di denaro. E che il fenomeno sia ben lontano dall'essere arginato lo si intuisce dal numero delle SA in Mesolcina, regione che conta circa 8.500 abitanti: ben 1.611. Più di una SA ogni 10 abitanti. Quante di queste sono reali? E quante invece sono fittizie?
Frustrazione – Nicoletta Noi Togni, ex sindaca di San Vittore ed ex parlamentare, ha lottato per anni contro il problema. Oggi vive un sentimento di frustrazione. «Il Cantone non si decide a essere severo, basterebbe volerlo. Io da sindaca avevo cercato di fare piazza pulita nel mio Comune. Si è fatto tanto rumore attorno al 2016. All'epoca mi sentii dire da un Consigliere di Stato che le “società bucalettere” portano anche introiti; rimasi scandalizzata. Adesso la competenza di verificare è dei Comuni. Basta che presso la sede di queste pseudo società ci sia un locale con un computer e una scrivania e per le autorità è a posto. Certo, rispetto a prima sono escluse le stalle e i boschi, ma questa misura ha reso i malviventi ancora più furbi».
«Non finirà mai» – Paolo Bernasconi, avvocato ed ex procuratore pubblico ticinese, è stato sollecitato più volte sul tema: «Questa pratica di connivenza con la criminalità economica non finirà mai. Perché il Consiglio di Stato grigionese da anni chiude gli occhi sulla vicenda. Si accontenta di incassare modesti contributi fiscali da queste pseudo aziende senza fare un minimo di controllo. Contributi modesti che diventano interessanti se si pensa alla quantità di queste ditte farlocche. Spesso questa gente apre una ditta in Mesolcina e poi opera in Ticino, facendo danni da noi. Non apre in Ticino perché in Ticino un minimo di controllo c'è. È davvero ora di mettere dei paletti. Si diceva che con la pandemia il fenomeno aveva subito un ridimensionamento. Non è così purtroppo».
«Siamo un po' soli» – «Il fatto è che nei Grigioni non ci sono nemmeno determinati controlli sull'operato delle società fiduciarie – commenta Giampiero Raveglia, sindaco di Roveredo e presidente della Regione Moesa –. Potrebbero essere introdotti, ma sembra mancare la volontà politica. Siamo un po' soli in questa situazione. D'altra parte il resto del Cantone non si preoccupa più di quel tanto, è un problema particolarmente legato al Moesano. E questo per via della vicinanza col Ticino. Spesso queste persone sono italiani emigrati dall'Italia che non riescono a fare i loro "affari" in Ticino, per via dei controlli più marcati. Inutile nasconderlo».
Cosa è stato fatto finora? – Samuele Censi, sindaco di Grono e parlamentare, vuole vedere il bicchiere mezzo pieno. «Circa una decina di anni fa, quando ero presidente della Regione Moesa, ci fu un’intensa collaborazione col Cantone su questo fenomeno. A quel punto si è deciso di inserire una verifica supplementare dei recapiti. Non più solo a livello cantonale, ma anche comunale. All’epoca fece clamore il fatto che il recapito di una ditta fosse in un vigneto. Oggi non sarebbe più possibile. Anche il dialogo tra i vari uffici è migliorato».
«Non facciamo di ogni erba un fascio» – D’accordo. Ma le misure non sembrano essere sufficienti. Non servirebbe fare qualcosa di più? Non secondo Censi. «L’unica cosa da fare è tenere alta la guardia per eliminare le mele marce che ci sono ancora. I Comuni se hanno dei sospetti possono sempre segnalarli al Cantone. Non voglio che si faccia di ogni erba un fascio, in Mesolcina in questi anni sono arrivate anche tante aziende sane e virtuose che hanno creato nuovi posti di lavoro».